Una leader famosa con le sue uscite critiche e severe nei confronti di Ankara. Ossia Giorgia Meloni, forse la nuova Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana, in questi ultimi anni si è espressa sempre in una certa maniera contro il governo di Recep Tayyip Erdogan. Nei suoi discorsi non mancavano i riferimenti alla deriva fondamentalista in crescita nel Paese e la candidatura della Turchia nell’Unione europea.

Un marea di “No”

“Il presidente turco Erdogan è in Italia. Gli consegniamo noi il messaggio del popolo italiano, visto che il Governo di sinistra non lo farà:
NO alla Turchia in Europa.
NO all’islamizzazione dell’Europa”

Questo è il messaggio tuttora presente sulla pagina ufficiale Facebook del partito politico “Fratelli d’Italia”, postato il 5 febbraio del 2018. 

Due anni prima nel 2016, stavolta sulla pagina ufficiale Facebook di Giorgia Meloni si legge un post basato su una notizia falsa: “In Turchia la Corte Costituzionale ha annullato il reato di pedofilia”. Sia dopo questo primo lancio sia in un altro post sempre di Meloni e sempre su Facebook si parla del pericolo che rappresenta la Turchia nell’eventuale “islamizzazione” dell’Italia e dell’Europa. 

Infine, nel 2020, in una videoconferenza con il titolo “La Turchia di Erdogan” promossa dal Dipartimento Esteri di Fratelli d’Italia, Meloni propone la definitiva revoca alla Turchia lo status di Paese candidato all’adesione all’Unione europea. Meloni sostiene questa sua richiesta dicendo che Erdogan ha intensificato l’involuzione della Turchia in chiave islamista negli ultimi anni, ha ridotto gli spazi di libertà, ha assunto una politica espansionistica ed ha definito il governo turco incompatibile con i valori e gli interessi europei. 

La lista delle critiche avanzate da parte di Meloni contro la Turchia, il governo al potere a Ankara ed Erdogan sarebbe ancora più lunga. In ogni caso è chiaro che la Presidente di Fratelli d’Italia ha una posizione molto netta e chiara nei confronti della figura di Erdogan, del suo operato, delle sue scelte, dei suoi comportamenti e dell’adesione della Turchia nell’Unione europea. Contemporaneamente, analizzando e studiando bene, si vedono dei forti segni di somiglianza tra questi due personaggi. Quelle somiglianze nella scelta delle parole, nella posizione politica nei confronti di alcuni temi e anche nella visione ideologica sul mondo.

Il diritto all’aborto

Nel 2012, Erdogan tirò fuori, forse per la prima volta in modo così evidente, la sua posizione contro l’aborto. Disse “Ogni aborto è un Uludere”, riferendosi al famoso e triste massacro che fu compiuto nel sud est della Turchia nel 2011. Gli aerei militari delle Forze Armate turche (TSK) uccisero 34 civili bombardando una zona di confine con l’Iraq. Secondo i militari erano dei sospetti terroristi invece le indagini hanno dimostrato che erano dei civili che commerciavano al confine. Erdogan per esprimere il suo disaccordo contro il diritto all’aborto ha deciso di usare una situazione drammatica grande e molto triste. Una misura di paragone che serve a simboleggiare la severa posizione del Presidente della Repubblica.

Anche la Meloni ce l’ha con questo diritto. La leader di Fratelli d’Italia specifica ultimamente che non vuole toccare la legge, esattamente quello che ha fatto Erdogan finora, ma dice che vuole “aiutare le donne a non abortire”. In un paese come l’Italia in cui il movimento femminista ha un lungo e consolidato percorso storico ovviamente il lavoro di Meloni è più difficile rispetto a quello di Erdogan. Tuttavia la situazione in entrambi i paesi è negativa.

Secondo il report preparato dalla Fondazione per la Pianificazione di Politiche per la Famiglia nel 2019, in Turchia, anche se sulla carta esiste il diritto all’aborto, per le donne è molto probabile incontrare dei medici che si rifiutano di farlo. Questo fatto accade spesso negli ospedali statali quindi è un problema che riscontrano le donne non ricche.

Anche ​​l’indagine «Mai dati!» curata da Chiara Lalli e Sonia Montegiove, nel 2021, parla di una situazione simile in Italia: “obiettori al 100% in almeno 22 ospedali”.

Conservatori

Questa posizione da conservatori è un punto che accomuna Meloni e Erdogan. Infatti accade spesso, da anni, che il Presidente turco si definisca come un “conservatore democratico” esattamente come Fratelli d’Italia che fa parte del Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei.

Tre sono gli altri elementi e valori che uniscono queste due persone: l’amore per la famiglia, la patria e la religione. “Famiglia” è una parola ed un concetto cardinale del movimento guidato da Giorgia Meloni. Esattamente come la patria e “l’identità religiosa” sono degli elementi “fondamentali che legano le persone che vivono in un paese e ne rappresentano l’identità”. Così pensa e dice Meloni nell’ultimo confronto televisivo che ha affrontato su La7, il 13 settembre con Letta.

Esattamente come pensa anche il Presidente Erdogan. “Dobbiamo comportarci come ci chiede l’Islam”, 2019, “La Turchia rappresenta di nuovo la speranza per il mondo musulmano”, 2019, “Il nostro popolo ha solo una religione, è l’Islam”, 2021, “Vogliamo allevare una nuova generazione religiosa” nel 2012. Sono solo alcune dichiarazioni del Presidente di questi ultimi dieci anni sulla religione. “E’ una questione di onore difendere la patria”, disse nel 2019 Erdogan in un comizio pubblico nella città di Adana e nel 2021 definì “la patria” come un luogo annaffiato di “sangue” dalle persone che hanno lottato e continuano lottare per questo. 

L’anticomunismo

Uno dei valori storici e fondamentali delle società mediterranee è l’anticomunismo. Due paesi membri della NATO, Italia e Turchia, sono due paesi vittime/laboratori di politiche di “lotta contro il comunismo”. Infatti anche Meloni non perde nessun’occasione per paragonare il comunismo al nazismo come fece nel suo messaggio lanciato il 12 di agosto, su YouTube in diverse lingue, in cui prendeva di mira “gli articoli ispirati dal potente circuito mediatico della sinistra”. Meloni in questo messaggio mentre respingeva una serie di accuse rivolte a lei in merito ai suoi ipotetici piani autoritari pronunciò queste parole: “Condanniamo nazismo e comunismo“. Meloni usa spesso la tattica di spolverare la storia comunista nel mondo ed in Europa per colpire i suoi oppositori come l’uscita del 19 settembre in cui paragona l’opposizione al “regime di Ceaușescu”. Alla fine stiamo parlando di una persona che guida una formazione politica che propose nel 2021 di “mettere al bando il comunismo” equiparandolo al fascismo e al fondamentalismo religioso.

Anche per Erdogan il comunismo è un “problema”. Infatti nel 2017 definì i comunisti come “coloro che non hanno amore per la patria”, nel 2021 accusò i movimenti di sinistra e i comunisti di essere “una barriera contro il progresso e la crescita” e infine nel 2014 in un comizio pubblico nella città di Balikesir pronunciò queste parole “Quelli di sinistra sono degli atei e terroristi”. 

L’energia e le spese militari

Il mondo dell’energia e delle spese militari sono due temi che appassionano Meloni e Erdogan nello stesso modo. “Dobbiamo liberarci dalla dipendenza energetica, abbiamo dei pozzi di gas che possiamo riattivare” sono le parole di Meloni che è a favore dei rigassificatori e non dice “no” all’energia nucleare. Esattamente come Erdogan che sta cercando, anche con difficoltà, di ultimare la costruzione della prima centrale nucleare della Turchia, a Akkuyu. Se va tutto bene questa centrale realizzata con il sostegno di Mosca sarà inaugurata nel 2023. Inoltre, in piena pandemia, nel mese di agosto del 2020, Erdogan annunciò la scoperta di nuovi giacimenti di gas nelle acque del Mar Nero e da circa dieci anni il suo governo porta avanti un intensivo lavoro diplomatico e militare nel Medio Oriente e nelle acque del Mediterraneo orientale per controllare nuove vie di trasporto energetico e nuovi giacimenti. Quest’ultima con il passare del tempo è diventata una fonte di conflitto tra Ankara e Atene.

Due leader che tengono all’aumento delle spese militari. “Chiediamo aumento delle spese militari da tempo. La libertà ha un costo. Se vuoi difendere gli interessi italiani nei tavoli internazionali devi farlo anche con questi strumenti. La sinistra da sempre fatto finta di non capire il problema” disse Meloni nel mese di marzo del 2022 a Roma davanti ai giornalisti. Anche a Bari, nel mese di settembre specificò che l’aumento delle spese militari fa parte dell’agenda del suo partito da tanto tempo.

Le armi piacciono anche a Erdogan, ultimamente anche quelle finte “Made in Turkey”. Secondo l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (SIRPI), dal 2013 al 2022 la Turchia ha aumentato del 63% le sue spese militari diventando così il diciottesimo paese nella classifica mondiale delle spese per le armi. Forse l’uscita storica di Erdogan nel 2019 riassume bene il suo piano politico e economico. A proposito delle critiche dei partiti d’opposizione sulla crisi economica, in un comizio nella città di Aydin, Erdogan rispose così: “Voi non conoscete il volume di investimenti che abbiamo realizzato per produrre gli aerei F16. Voi non sapete nemmeno quanto costa una munizione”.

Il patto transatlantico

Anche sulla posizione favorevole e contemporaneamente critica nei confronti della NATO questi due leader si trovano allineati. Nel mese di aprile, a Roma, Meloni pronunciava queste parole: “Dal 1948 siamo filoatlantici, è la posizione del mio partito” e lo stesso mese in diretta tv su La7 criticò le sanzioni contro la Russia dicendo “Di sicuro l’Europa pagherà il costo delle sanzioni più degli Stati Uniti”. Infine, a Bari, nel mese di settembre, la leader di Fratelli d’Italia pronunciò queste parole: “Noi facciamo parte dell’Occidente e siamo legati agli Stati Uniti, pero’ non sempre gli interessi dell’Europa e quelli degli Stati Uniti sono identici”.

Forse nel caso di Erdogan la partita è più chiara. Negli ultimi dieci anni, sopratutto per via delle scelte politiche non condivise in Siria, tra la NATO e Ankara ci sono stati diversi momenti di allontanamento e tensione: l’acquisto degli S400 dalla Russia, l’esclusione della Turchia nel progetto di produzione F-35, la tensione tra Ankara e Parigi in merito alle relazioni con Tripoli e Atene e l’avvicinamento economico e militare di Erdogan verso il governo cinese. Dall’altra parte va sottolineato il fatto che nonostante una serie di scelte radicali e critiche Ankara non ha abbandonato la maggior parte delle posizioni politiche della NATO e ha sempre aumentato il suo rapporto commerciale e militare con i membri del patto transatlantico. Non è fuori luogo dire che questo comportamento sia stato finora presente anche nelle parole di Meloni.

Il sistema presidenziale

Due leader appassionati del sistema presidenziale. Il “presidenzialismo” è una delle promesse di Meloni . La figura del Presidente della Repubblica indirizzerebbe la politica del governo e potrebbe revocare i ministri, esattamente come è diventato il sistema in Turchia dopo il referendum costituzionale, pieno di imbrogli, svolto in piene stato d’emergenza, nel 2017. La proposta di Meloni prevede l’elezione diretta del Presidente della Repubblica esattamente come accade da cinque anni in Turchia. Infine nel mese di agosto, in un video messaggio, Meloni ha definito questa proposta come “la più potente misura economica per far crescere l’Italia” esattamente come Erdogan fece durante la campagna referendaria del 2017.

Elezioni e democrazia

Infine anche la visione sul sistema elettorale è un tema che unisce questi due personaggi conservatori. Sempre nel mese di settembre, a proposito le sanzioni emesse contro il Presidente ungherese, Meloni sostenne che in Ungheria fosse presente una struttura democratica perché si svolgono le elezioni e Orban le vinse per cinque volte. E’ la stessa visione politica di Erdogan che definì sempre “legittimo” ciò che ha fatto il suo governo dato che ha sempre ricevuto “il sostegno della volontà nazionale”. Infatti lo stesso Erdogan, condannando le manifestazioni di protesta, invitò i manifestanti della rivolta popolare del Parco Gezi nel 2013 a tornare a casa e aspettare la tornata elettorale per esprimere il loro dissenso e gli chiese di rispettare l’operato del governo fino alle elezioni. 

Due personaggi che fanno basare i loro programmi elettorali su una cultura conservatrice, due personaggi nazionalisti che sottolineano la loro passione per i concetti come la patria, famiglia e unità nazionale, due leader che costruiscono i loro piani economici sulle fonti di energia fossili, costose e rischiose e sulla produzione e l’acquisto delle armi. Sono due persone che mettono, a loro modo, in discussione i gruppi di cui fanno parte le loro nazioni da tempo, UE e/o NATO, ma non perdono l’occasione per “giurare fedeltà”. Due figure politiche che non esitano ad avere relazioni politiche oppure commerciali con le personalità discutibili e problematiche, uscendo fuori dalle scelte main stream dei loro “alleati”. Due personalità che hanno investito il loro piano politico sulla figura del/della leader.

Molto probabilmente anche Meloni, come Erdogan, governerà con un programma politico ed economico molto radicale e aggressivo a casa e cercherà di portare nelle casse della sua coalizione e “a casa”, delle vittorie momentanee registrate nella politica estera attuando delle manovre estremamente pragmatiche.