LEADER EUROPEI A BERLINO TRACCIANO LINEA E NUOVA VIA

Giovedì 29 Giugno 2017 i maggiori leader europei si sono riuniti a Berlino presso la Cancelleria tedesca.  Obbiettivo ufficiale di tale incontro, cercare un fronte comune e unito al prossimo vertice del G20, che si terrà sempre in Germania ad Amburgo, la prossima settimana il 7 e 8 luglio.
Il summit, non casualmente con il neoeletto Presidente francese Emmanuel Macron al centro della tavola, ha visto la presenza del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, del Primo Ministro italiano Paolo Gentiloni, del Primo Ministro spagnolo Mariano Rajoy, della Cancelliera tedesca Angela Merkel, del Primo Ministro olandese Mark Rutte, del Primo Ministro norvegese Erna Solberg e del Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.

Dopo la riunione ospitata dalla Cancelleria tedesca nella figura di Angela Merkel, i leader di Francia, Gran Bretagna, Italia, Spagna, Olanda, Norvegia e UE hanno dichiarato in una successiva conferenza stampa, che al prossimo vertice, “lavoreranno insieme compatti sul cambiamento climatico e sul libero scambio economico.”

Angela Merkel ha sostenuto che i paesi europei hanno così voluto inviare un chiaro messaggio di “determinazione” al prossimo vertice del G20.  “A buon intenditor poche parole”, recita un detto.

Tale dichiarazione della Merkel, è seguita subito dopo quanto ha detto in un discorso al Parlamento tedesco. “Combatteremo per il libero scambio, per la cooperazione internazionale e per rispettare l’accordo sul cambiamento climatico di Parigi” riconfermato all’ultimo forum internazionale del 2 Giugno da quasi tutti i paesi, compresa Cina ed India, e che ha invece visto a sorpresa sfilarsi gli Stati Uniti, come dichiarato per bocca del Presidente USA Donald Trump.

“Non possiamo aspettarci discussioni semplici sul cambiamento climatico al vertice del G20”, ha continuato la Merkel, riferendosi al ritiro degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi.

“Le nostre differenze con gli Stati Uniti sono chiare”, “La politica americana “America First” è inoltre in conflitto con il sostegno dei paesi europei al libero scambio”, ha aggiunto la Merkel.

Nonostante le grandi differenze, i leader europei non hanno però espresso alcuna intenzione di isolare il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha espresso la Merkel al termine della dichiarazione, cercando così di lasciare almeno un piccolo spiraglio aperto, al cotonato Presidente.

Il Neopresidente francese Emmanuel Macron ha espresso più o meno la stessa linea, però in ordine inverso, ha dichiarato alla stampa che “non ha senso isolare Trump, l’Europa ha condiviso molto con Washington, inclusa la lotta al terrorismo” aggiungendo dopo “però speravo anche che gli Stati Uniti tornassero alla ragione”.

La Merkel a margine della conferenza ha inoltre dichiarato, che cercherà di trovare “soluzioni comuni” con Washington.

LO STRAPPO STORICO

Quel che risulta chiaro dagli ultimi sviluppi è che lo strappo fra UE e Stati Uniti, almeno apparentemente cominciato il 2 giugno scorso al summit per gli accordi di Parigi, è più che chiaro ed evidente.

Uno strappo, quello fra USA e UE, che è di portata epocale, qualora questi proseguirà sia nei contenuti che nella forma, passerà alla storia sotto la data del 2 giugno 2017.
Il giorno in cui Cina e India dichiararono la loro ferma intenzione di rispettare gli accordi di Parigi a suo tempo firmati, e che invece ha visto fare marcia indietro da parte degli Stati Uniti.
Un evento che nelle cronache giornalistiche occidentali, è passato davvero un po’ troppo in sordina, sicuramente senza che ne fossero date le informazioni più importanti sulle future implicazioni, né sul contesto generale prossimo, che si andrà a sviluppare.
Per meglio comprendere l’entità della questione, aiuterà sapere che lo stesso giorno ha anche visto la dichiarazione congiunta di Unione Europea, Cina, India e altri paesi del Sud America, i quali hanno dichiarato, che proseguiremo la lotta contro il cambiamento climatico e per il libero scambio “con o senza gli Stati Uniti di America”.
Tale intento è stato riaffermato subito dopo, anche dal Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, e dal Presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, in una conferenza stampa congiunta con il premier cinese Li Keqiang, in sede del XII summit Ue-Cina a Bruxelles.

NUOVA COLLABORAZIONE ECONOMICA UE-CINA

Nell’ultimo Summit economico Cina-UE, sia Bruxelles che Pechino hanno ribadito la ferma difesa dell’accordo di Parigi. “Mentre Cina e Ue si impegnano per le future generazioni, gli Usa commettono un gravissimo errore storico”, ha dichiarato Tusk in quell’occasione, durante un incontro ufficiale con la stampa.

Da sottolineare un altro dato di grossa portata, nella stessa giornata del 2 giugno 2017, si è svolto il XXII vertice Cina e UE a Bruxelles.
Questo importante vertice di affari economici, organizzato congiuntamente dalla Commissione per gli Affari Economici e Monetari Europei
e dal Consiglio Cinese per la Promozione del Commercio Internazionale (CCPIT),  ha costituito forse la piattaforma di collaborazione economica più significativa dai tempi del “Piano Marshall”.
In sede d’incontro si è discusso e si sono stabiliti importanti accordi sul rapporto economico tra Cina e Europa.
Un summit economico, che ha visto la presenza di oltre 500 importanti attori economici e politici provenienti dalla Cina e dall’Europa.
Incontro al termine del quale sono stati presi impegni economici e di sviluppo precisi e puntuali che prevedono collaborazioni a svariati progetti tra UE e Cina, da qui al 2020, progetti che riguardano le infrastrutture,  la realizzazione, l’ampliamento e il miglioramento di nuove vie per il trasporto marittimo, stradale e ferroviario, per l’approvvigionamento energetico, per lo sviluppo industriale, quello legato all’agricoltura, agli scambi culturali, all’incentivazione del turismo e alla ricerca e sviluppo nei sistemi di intercomunicazione e innovazione tecnologica.

Un piano di sviluppo, che ha anche visto la nascita e la crescita di uno specifico fondo economico per la realizzazione dei principali obbiettivi , che vede anche ingenti spostamenti di capitali bancari, che fino non molto tempo fa vedevano coinvolte le banche europee con quelle americane e che adesso invece vengono dirottati su fondi bancari asiatici con prevalenza di partecipazione cinese, come si può desumere chiaramente dal rapporto economico statunitense  del febbraio 2017 del Congressional Research Service, ente governativo americano di studi e ricerca sulle politiche sociali ed economiche.

LA NUOVA VIA DELLA SETA

O come ad esempio il nuovo piano di collaborazione e sviluppo economico UE-Cina chiamato “Silk Road Fund equity investment initiative” (Fondo d’investimento per l’equità, la via della seta).

Tutti questi movimenti economici riconducono a quella che in gergo viene chiamata “La Nuova via della seta^, un’iniziativa strategica 
di enorme portata condotta dalla Cina, studiata e sviluppata per il miglioramento dei collegamenti e della cooperazione economica, infrastrutturale e di sviluppo tecnologico e commerciale tra i paesi dell’Eurasia.

Essa comprende la realizzazione di direttrici terrestri e marittime, che sono state chiamate “zona economica della via della seta”  e “via della seta marittima del XXI secolo”.

Una “Nuova Via della Seta”,  che però andando a ricercare ha radici molto antiche, perdurate poi per tutto il medioevo, e che sia nel nome che nel modello, si rifà alle vecchie tratte commerciali di quella che storicamente è stata chiamata: “La via della seta” la stessa descritta nei suoi viaggi da Marco Polo.  Un complesso reticolo di vie di comunicazione, che era arrivato a svilupparsi per oltre 8.000 km, costituito da itinerari terrestri, marittimi e fluviali, lungo i quali nell’antichità si erano snodati i commerci e le relazioni tra l’Impero cinese e l’Impero romano.
Vie carovaniere, marittime e fluviali, che partendo dall’estremo oriente, creavano il collegamento tra la Cina imperiale e  la Roma Imperiale. 
Un’ampia rete viaria che passava dall’Asia centrale, dall’India, dal Medioriente fino ad arrivare al Mar Nero e così alle porte dell’Impero Romano, situate a Costantinopoli, dalla Tracia, per passare poi dalla Grecia e arrivare direttamente nel cuore stesso di Roma antica.

Le vie carovaniere attraversavano l’Asia centrale e il Medio Oriente, collegando lo Chang’an (oggi Xi’an),  in Cina, all’Asia Minore e poi al Mediterraneo, attraversando tutto il Medio Oriente e il Vicino Oriente. Le diramazioni si estendevano poi a Est nella Corea e al Giappone e, a Sud, all’India. La storia e il nome della Antica Via della Seta, riapparvero “stranamente” per la prima volta, nel 1877, quando il geografo tedesco Ferdinand von Richthofen, pubblicò l’opera “Tagebucher aus China”. (Diari dalla Cina). Nell’Introduzione von Richthofen la nomina per la prima volta “Seidenstraße”, la “Via della seta”.

UN NUOVO ASSETTO DELL’EQUILIBRIO GEOPOLITICO MONDIALE

E’ una interessante storia questa, che si snoda attraverso molti secoli e paesi, apparendo, scomparendo e ricomparendo ciclicamente, all’interno di questo lungo percorso, sicuramente un importante evento, che sarà da seguire è il prossimo G20, il 7-8 luglio, ad Amburgo in Germania.

Sarà un vertice da seguire con attenzione, per capire la risposta degli Stati Uniti a questo nuovo assetto mondiale, che vede una sempre più stretta collaborazione economica e strutturale fra UE, Cina e India.
Una nuova prospettiva di assetto geopolitico, che per il momento ha visto gli USA completamente tagliati fuori, oltre che molto isolati dal resto del mondo, e che vede anche, la Russia, almeno per ora stare alla finestra, con un Putin, che sicuramente sarà molto attento agli sviluppi futuri, d’un qualcosa, che potrà avere ripercussioni mondiali di fondamentale importanza a tutti i livelli.

Chiaro ed evidente, che si sta continuando a parlare sempre di una questione prettamente economica e di libero mercato, in questo niente di nuovo sotto il Sole, non si tratta certo di una rivoluzione nell’assetto sociale ed organizzativo di questo sistema capitalistico, né si parla di una forma di cambiamento nella ridistribuzione delle ricchezze dalle classi più benestanti a quelle più disagiate, che rappresentano di gran lunga la maggioranza della popolazione mondiale, no, purtroppo i temi principali restano sempre il profitto, l’economia, l’alta finanza, gli investimenti bancari, il commercio ecc.

Quello che però risulta interessante, e tutto da seguire è l’evidente spostamento dell’assetto dell’equilibrio geopolitico mondiale per quel che riguarda il settore economico, che ovviamente, oggi come oggi è strettamente connesso e legato a doppio filo all’assetto politico, sociale e culturale del pianeta.
Un assetto, che per oltre 70 anni, da dopo la seconda guerra mondiale in poi, ha visto il suo baricentro fortemente collocato a cavallo fra Stati Uniti d’America, Gran Bretagna ed Europa, e che adesso invece si sta velocemente spostando ad Oriente.

UN MODELLO ANTICO CHE SI RIPETE

All’interno di questo quadro generale un po’ più ampio, forse ci è anche dato così capire, il perché di tante guerre, che non casualmente si sono innescate in questi ultimi anni in Medio oriente, proprio in quelle terre dove da sempre passano le principali vie di rifornimento energetico.
Vie da cui un tempo si snodavano le stesse rotte commerciali che facevano parte della “Via della Seta”, e che hanno permesso la nascita e lo sviluppo di quel primo embrione di rete commerciale mondiale, partita, dagli scambi tra l’Impero Romano, il Medio oriente, il vicino Oriente  per arrivare alla Cina.  Rotte, che sono scomparse con il declino di Roma e ricomparse in seguito nel tardo medioevo, rifiorendo poi nel rinascimento, proprio quando nacquero sia le prime Banche, che il moderno concetto di commercio e di mercato globale. Concetto nato con le “Famiglie” e le “Corporazioni” di mercanti della media-alta borghesia europea, le quali si arricchirono grandemente facendo la loro fortuna, da una parte grazie ai prestiti del denaro per finanziare le guerre e dall’altra proprio grazie al commercio con l’Oriente e il vicino Medio oriente.

Un commercio questo, che utilizzava quelle stesse tratte della “Via della Seta”, le stesse vie di comunicazione che più tardi ancora, attraverso la navigazione marittima delle “Compagnie”, (non è affatto un caso che le Multinazionali oggi si chiamino “Company”, perché di esse ne sono le dirette discendenti, che hanno reinvestito in svariati settori di mercato, le fortune realizzate in precedenza nel commercio marittimo con l’oriente).

Le “Compagnie” passarono in alternativa per la “Rotta delle spezie”,  aggirando così “l’ingombrante” presenza dell’Impero Ottomano (sorto sulle ceneri dell’Impero Romano d’Oriente) che presenziava in tutta l’area Mediorientale, fu così che le compagnie marittime, fecero dapprima la fortuna economica dell’Olanda e dei Paesi Bassi con la Compagnia olandese delle Indie orientali  e in seguito grazie alla Compagnia britannica delle Indie orientali, fecero anche la fortuna della Gran Bretagna e di quello che divenne successivamente l’enorme Impero Britannico, (detto anche l’Impero dove non tramonta mai il sole, nel volerne descrivere la sua estensione). Impero, quello inglese, sviluppatosi a cavallo fra il 1500 e il 1900 e che è perdurato fino ai giorni nostri con la prosecuzione del concetto moderno di “Colonialismo”.

Parliamo per l’appunto dello stesso identico concetto e modello di sviluppo nato e cresciuto con l’espansione dell’Impero Romano.
Un nucleo centrale, un cuore pulsante dell’Impero, che all’epoca era rappresentato dalla Roma imperiale e successivamente con l’Impero coloniale Britannico è stato invece incentrato nella City di Londra. Si parla di un  preciso modello di sviluppo, “ben collaudato” un nucleo centrale, (qualunque esso geograficamente sia) con intorno tutta una serie di colonie, le quali, grazie ad una rete di comunicazioni e collegamenti di vario tipo, riforniscono il cuore pulsante dell’Impero, stabilendo così, oltre che intensi legami di tipo commerciale, anche legami politici, sociali, culturali e linguistici. Tutto ciò ovviamente, va a principale vantaggio del nucleo centrale dell’Impero, il quale, da una parte importa e commercia a buon mercato, (dagli altri paesi colonizzati o comunque da quei paesi satellite che orbitano intorno l’impero) merci, risorse, prodotti, materie prime ecc. e che dall’altra parte però esporta e impone nei paesi colonizzati, la propria moneta, la propria ideologia, le proprie politiche, la propria lingua, il proprio tipo di organizzazione sociale, il proprio modello culturale, musicale, e persino quello religioso ecc.

Una storia, che a quanto pare si ripete, con attori e paesi differenti, con mutamenti di assetto geopolitico, con piccole variazioni sul tema di natura culturale, politica o religiosa, ma pur sempre con il medesimo modello sociale ed organizzativo, di tipo prettamente verticale e verticistico, con un “Grande Libero Mercato” al suo servizio, e che fin dai tempi più antichi, in un modo o in un altro, ha assicurato la perpetuazione dello stesso identico “Modello Imperiale”.