La “Festa delle Forze Armate” del 4 novembre, in occasione dell’anniversario della fine della “inutile strage” della Prima Guerra Mondiale, oltre a imponenti manifestazioni nelle piazze (fortemente criticate da associazioni pacifiste che hanno sottolineato l’immensa strage e l’inaccettabilità ancora oggi della retorica militarista ) vede da tanti anni coinvolte le scuole. Di ogni ordine e grado. Coinvolte nelle celebrazioni organizzate dai Comuni (e non solo) nelle piazze o con iniziative ad hoc dentro l’istituto. Il 28 ottobre il Liceo Marco Polo di Venezia ha ospitato la conferenza “4 novembre Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate”. Relatori il Tenente di Vascello Elena Gravina della Scuola Navale Militare “F.Morosini” di Venezia e il Tenente Maria Grazia Ponziano, comandante della sezione operativa 2° Nucleo Operativo metropolitano Venezia della Guardia di Finanza. Un’iniziativa fortemente contestata da alcuni professori e studenti. I docenti hanno criticato l’iniziativa, hanno scritto in una lettera aperta al Dirigente scolastico e alla Presidente del Consiglio d’Istituto. Nel metodo chiedendo quando sarebbe stata deliberata l’iniziativa “considerato che, a quanto ci risulta, non è stata deliberata né dal Collegio Docenti, né dal Consiglio d’Istituto, né dai consigli delle classi coinvolte, che, anzi, in alcuni casi, avevano programmato differenti attività per la giornata”. Nel merito gli insegnanti, ribadendo l’articolo 11 (probabilmente tra i più disattesi di tutti) della Costituzione, esprimono profondo stupore per la presentazione dell’incontro “come potenziamento di Cittadinanza e Costituzione”.

Educhiamo i nostri studenti ai valori della pace, della nonviolenza, del dialogo – sottolineano gli autori della lettera aperta di protesta – e a tali valori sempre si sono ispirati i progetti di “Cittadinanza e Costituzione “ai quali la nostra scuola ha partecipato. Una circolare ministeriale, uscita in questi giorni, avente come oggetto: “4 Novembre “Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate”, invita sì ad organizzare conferenze nelle scuole di ogni ordine e grado, ma precisa altresì che “gli argomenti, traendo spunto della ricorrenza del Centenario della Prima Guerra Mondiale, saranno incentranti sulle circostanze storiche e le fasi salienti della Grande Guerra”. Si chiedono quindi se gli invitati alla Conferenza del 28 ottobre siano le persone più compenti nel trattare argomenti di tale portata storica, culturale e ideologica. Preoccupati  della mancanza di un contraddittorio con esponenti del mondo civile e/o accademico proprio perché “il 4 novembre 1918 aveva termine il primo conflitto mondiale, un evento che ha segnato in modo profondo e indelebile l’inizio del ‘900 e che ha determinato radicali mutamenti politici e sociali” (circolare ministeriale citata)”. In conclusione gli insegnanti affermano di preferire “celebrare” il 4 novembre come giornata di commemorazione dei caduti di tutte le guerre, militari e civili, “vittime di un potere che si mantiene vivo proprio con la guerra, guerra che rappresenta sempre e comunque una sconfitta”. Parole in perfetta sintonia con quanto, sul 4 novembre di “festa” e la retorica militarista che l’accompagna, da molti anni ribadiscono diverse associazioni pacifiste che, come abbiamo già riportato https://www.pressenza.com/it/2019/10/la-prima-guerra-mondiale-non-va-festeggiata-4-novembre-dovrebbe-essere-lutto/ , denunciano l’inutilità dell’inutile strage 1914-1918 e di tutte le guerre. E invitano a considerare il 4 novembre “non festa ma lutto”. Lo stesso concetto che, a loro volta, ribadiscono in un’altra lettera aperta un gruppo di studentesse e studenti della scuola. Le autrici e gli autrici definiscono assurdo e inaccettabile che in una scuola una vittoria di guerra “visto che nella vittoria o nella sconfitta di una guerra non c’è nulla da celebrare”. La scuola, affermano, deve essere “luogo di formazione che ci educhi al valore della pace e del dialogo e non dell’aggressione e della guerra”. E, dopo aver ribadito anche loro l’articolo 11 della Costituzione e che l’evento stupisce rientri in un programma su cittadinanza e costituzione, concludono di essere propensi a celebrare il 4 novembre “come giornata di commemorazione dei caduti di tutte le guerre, che causano lutti e conseguenze catastrofiche senza mai avere un vero vincitore” e invitando “tutti gli studenti coinvolti a tale conferenza a rimanere nelle classi e/o organizzarci diversamente trovando un momento collettivo per discutere effettivamente e in altri termini della questione”.

Ha espresso solidarietà e sostegno alla protesta degli insegnanti e degli studenti del “Marco Polo” di Venezia il Movimento Internazionale della Riconciliazione. Dopo aver apprezzato il lavoro di educazione alla Pace e alla nonviolenza e condivisa la preoccupazione “a non fare della ricorrenza del 4 novembre un momento celebrativo della vittoria, della guerra e delle Forze Armate, bensì un’occasione di approfondimento storico e di commemorazione delle vittime” dell’inutile strage, il MIR ha auspicato “il superamento di norme e circolari che consentono all’interno delle scuole attività contrarie all’educazione alla pace”. Incredibilmente proprio richiamando la Costituzione ha invece attaccato i docenti l’assessore veneta all’istruzione Donazzan di FdI che ha definito “sovversivo” l’atteggiamento degli insegnanti che non meriterebbero di insegnare e chiesto un’ispezione dell’Ufficio Scolastico Regionale.

Università italiane collaborano con NATO e Turchia

Quanto accaduto a Venezia è solo l’ultimo episodio, almeno conosciuto nel momento in cui quest’articolo viene scritto, di un rapporto tra scuole e istituzioni militari sempre più stretto. Non si contano più, nelle cerimonie più diverse o approfittando dei progetti scolastici (persino l’alternanza scuola/lavoro) più disparati. Fortissima attenzione sul tema, con la denuncia di tantissimi episodi, da anni cerca di portarla avanti l’insegnante e giornalista pacifista Antonio Mazzeo. Insegnante da 35 anni all’Istituto Comprensivo Cannizzaro Galatti di Messina, l’anno scorso subì l’avvio di un provvedimento disciplinare per aver criticato la partecipazione dell’Istituto al progetto “Esercito e studenti uniti nel tricolore” della Brigata Meccanizzata “Aosta” dell’Esercito italiano, reparto coinvolto in missioni NATO. Nel mese scorso in due articoli sul proprio blog, rilanciati da molte testate internet indipendenti, ha documentato che “sono più di duecento i progetti di collaborazione culturale e scientifica tra le università italiane e gli atenei turchi implementati negli ultimi vent’anni”. “27 le università italiane partner di centri di ricerca accademici del paese mediorientale e ci sono accordi di mutua cooperazione firmati appena qualche mese fa, mentre altri hanno preso il via decadi fa ma vengono rinnovati tacitamente e automaticamente di anno in anno” leggiamo nell’articolato dossier (http://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2019/10/ecco-voi-le-universita-italiane-che.html ). “La difesa dei diritti del popolo kurdo e la resistenza all’escalation di morte in Medio oriente impone a tutti scelte nette e inequivocabili” su embargo delle fornitura di armi e fine di ogni collaborazione con il regime turco afferma con forza, ribadendo che devono dare un contributo importantissimo in questa direzione le università. Nell’elenco delle 27 università in un secondo articolo Antonio Mazzeo documenta la presenza dell’Università di Messina, firmataria il 16 aprile 2014 di un accordo quinquennale di un “Accordo-quadro di cooperazione culturale, scientifica e didattica nei campi di mutuo interesse” con l’Università di Smirne. Non essendoci notizie di espresse interruzioni, l’accordo quest’anno dovrebbe essersi rinnovato tacitamente. A Messina, riporta il giornalista pacifista, pare che nessuno ne abbia mai avuto notizia: numerosi report di organizzazioni non governative in difesa dei diritti umani e inchieste giornalistiche (http://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2019/10/linsostenibile-accordo-delluniversita.html ) “hanno documentato come proprio la Dokuz Eylul Universitesi di Smirne sia stata tra le più colpite dalla furia repressiva e dai decreti emergenziali (illegittimi ed incostituzionali) del nuovo sultano di Ankara”. Il dossier di Antonio Mazzeo riporta alcuni di questi episodi e documenta che, mentre la repressione di Erdogan colpiva docenti e studenti, l’università di Smirne ha consolidato la forte pluridecennale partnership con la Nato e l’esercito. Il 3 maggio scorso gli studenti hanno visitato hanno visitato il quartier generale delle forze terrestri alleate di Izmir (NATO Allied Land Command’s – LANDCOM), per “approfondire il ruolo e la missione dei reparti della NATO che garantisce la sicurezza al nostro popolo e al nostro paese, adattandosi continuamente alle nuove sfide”. Da molti anni la stessa Università, insieme con altri centri accademici che vantano accordi con l’Italia, “coopera con il NATO Undersea Research Centre (NURC) con sede a La Spezia in progetti di ricerca sulla “sicurezza navale e sottomarina” e a controverse sperimentazioni militari nelle acque del Mar Nero, del Mar di Marmara e dell’Egeo (anche congiuntamente con l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste, l’ENEA e il Massachusetts Institute of Technology – MIT). “I risultati delle ricerche del NATO Undersea Research Centre supportano l’abilità delle nazioni NATO a condurre con successo le operazioni contro le minacce e/o per la sicurezza marittima”, riporta un comunicato emesso dal entro NATO di La Spezia a conclusione di una campagna di “ricerche” eseguite in Turchia con l’Università di Smirne”.