Continuano le mobilitazioni della società civile per diffondere ed applicare il Trattato di messa al bando delle armi nucleari, approvato lo scorso 7 luglio a New York in una conferenza ONU con 122 Paesi a favore, siglato il 20 settembre in sede di Assemblea Generale da oltre 50 Stati e che entrerà in vigore ufficialmente 90 giorni dopo la ratifica di almeno 50 firmatari − 3 di essi: Guyana, Thailandia e Santa Sede, lo hanno già ratificato.

Il governo italiano, che aveva disertato i negoziati e la conferenza di luglio, ha continuato a boicottare il bando negandogli la sua firma durante l’Assemblea Generale ONU e cedendo incondizionatamente alla volontà degli Stati Uniti e della NATO. Tuttavia i disarmisti italiani non demordono e stanno chiedendo a gran voce la ratifica di questo fondamentale accordo di proibizione: dopo un primo presidio davanti al Ministero degli Esteri giovedì 21 settembre, venerdì 22 è toccato a Napoli ospitare un evento molto significativo per sostenere questa richiesta.

Il MIR, Movimento Internazionale della Riconciliazione (branca italiana dell’International Fellowship of Reconciliation), alla vigilia della sua assemblea nazionale che si tiene nel capoluogo partenopeo il 23 e 24 settembre, ha infatti organizzato nella Sala Valeriano della Chiesa del Gesù Nuovo l’incontro pubblico “Bandire le armi nucleari: un imperativo imprescindibile”. Il tono forte del titolo si rispecchia anche nell’appello del sottotitolo che lo accompagna: “Italia ripensaci, aderisci al trattato ONU del 7 luglio 2017”.

Dopo i saluti introduttivi del parroco del Gesù Nuovo di Napoli Padre Vincenzo Sibilio e del presidente del MIR italiano Claudio Carrara, tutti gli interventi hanno incoraggiato la società civile a ritrovare la propria carica etica e di mobilitazione su questi temi, sottolineando la gravità della scandalosa assenza dalle iniziative per il disarmo nucleare mondiale di uno dei Paesi che richiama con più forza nella sua Carta costituzionale il rifiuto della guerra e l’impegno per la pace e la giustizia fra le Nazioni.

Francesco Ambrosi, referente del MIR nella Rete Italiana Disarmo, ha ribadito che la non partecipazione dell’Italia al processo di interdizione delle armi nucleari (alla stregua delle potenze nucleari e degli Stati membri della NATO, ad eccezione dei Paesi Bassi), unita alla presenza di ordigni atomici USA nelle basi di Ghedi ed Aviano, costituisce una grave violazione non solo dell’articolo 11 della nostra Costituzione, ma anche delle risoluzioni del Parlamento Europeo e del Trattato di Non Proliferazione del 1968. Di fronte a tutto ciò, compito degli attivisti per la pace ed il disarmo è far risvegliare sia nei decisori politici che nella gente comune la percezione del rischio nucleare: un compito non facile, soprattutto se a mettere i bastoni fra le ruote è, come purtroppo accade, il comportamento dei mass-media che tacciono quasi del tutto su questi argomenti.

Dal canto suo il portavoce dei Disarmisti Esigenti Alfonso Navarra è ritornato sui mezzi di comunicazione, evidenziando come L’Avvenire, quotidiano espressione della Conferenza Episcopale, sia stata l’unica testata a dare ampio spazio al bando delle armi nucleari e all’assenza dell’Italia, nettamente indietro rispetto al Vaticano in questa occasione. Il lavoro che la società civile dovrà fare per rendere effettiva la proibizione delle armi atomiche − afferma Navarra − è ancora molto. Si tratta innanzitutto di convincere le potenze nucleari ad uniformarsi ad una proibizione che prima era solo morale mentre adesso è legale, e la road map prevede due scadenze fondamentali: la Conferenza ONU sul disarmo nucleare del 2018 e la revisione del Trattato di Non Proliferazione prevista per il 2020. È necessario esigere con determinazione il diritto dell’umanità alla propria sopravvivenza, prioritario rispetto a qualsiasi altro interesse dei singoli Stati: una rivendicazione politica nonviolenta che deve accompagnarsi al rispetto degli accordi di Parigi sul clima e dell’agenda globale per lo sviluppo sostenibile.

Sul tema della mobilitazione nonviolenta necessaria per cambiare la società e giungere al disarmo totale è ritornato anche il sociologo Alberto L’Abate, che dall’alto del suo storico impegno per la pace ha invitato a non perdere mai di vista i tre aspetti interconnessi della ricerca, dell’educazione e dell’azione per vincere l’attuale senso di impotenza del movimento pacifista e della società civile in generale. Il passato ci ha dimostrato come i grandi cambiamenti, anche nell’evoluzione del diritto e delle coscienze, non avvengano dall’alto, ma grazie all’impegno convinto e costruttivo degli attivisti.

La dottoressa Dorothee Müller, pastore della Chiesa Evangelica Valdese, ha portato la sua testimonianza di donna di fede rispetto al disarmo, evidenziando anche come già dagli anni ’80 diversi documenti ecumenici delle Chiese Protestanti abbiano sancito la necessità assoluta dell’impegno di ogni fedele cristiano in favore della pace, così come l’appello globale delle religioni per la pace ha ribadito l’incompatibilità totale delle armi nucleari con il diritto delle persone a vivere in piena sicurezza.

Infine, l’ecopacifista Ermete Ferraro, referente del MIR napoletano, negli spunti di riflessione forniti tra un intervento e l’altro, ha affermato con forza che per realizzare l’imperativo imprescindibile del disarmo nucleare ognuno di noi deve farsene carico, nel suo piccolo e a vari livelli. In questo senso, è fondamentale che gli enti locali, comuni in primis, ma anche associazioni, comunità religiose, comitati, gruppi di base, movimenti politici, facciano proprio l’appello affinché l’Italia ci ripensi e aderisca al Trattato, dando una spinta dal basso al riconoscimento del primato dell’umanità su tutto il resto.