Sull’ILVA il governo italiano ormai non ha più scampo.

Appaiono sempre più chiare alle autorità europee le gravi violazioni normative di cui si sta rendendo responsabile.

E’ notizia di questi giorni che la Commissione europea sta valutando la possibilità di estendere l’investigazione sugli aiuti di stato anche sul prestito ponte da 300 milioni di euro concesso all’Ilva, oltre a quello di 800 milioni di euro su cui si era orientata la lente di ingrandimento dell’UE per quelli che vengono ritenuti possibili aiuti di Stato in violazione delle norme comunitarie.
L’Unione Europea lascia al governo italiano un’unica via d’uscita: dimostrare che quegli aiuti sarebbero destinati agli interventi per il disinquinamento del sito industriale e delle zone circostanti.
PeaceLink sta inviando in questi giorni corposa e dettagliata documentazione che dimostra alla Commissione Europea come quegli aiuti di stato non sono serviti a completare gli interventi di messa a norma degli impianti e di bonifica dei terreni.
La lingua delle inadempienze è lunghissima ma ve ne sono alcune che sembrano particolarmente gravi e rilevanti.
SCARICO PAIOLE REPARTO GRF (GESTIONE ROTTAMI FERROSI)
E’ evidentissimo il tentativo di rinviare ulteriormente in modo a dir poco imbarazzante la copertura ad esempio dello scarico paiole del GRF (gestione rottami ferrosi) che sarebbe dovuta già avvenire entro il 27 ottobre 2012. Stiamo parlando della prescrizione numero 16 dell’AIA. L’area di scarico paiole è un punto nevralgico dello stabilimento che, se venisse fermato, bloccherebbe il funzionamento dell’intero stabilimento. n questa area viene riversata la scoria liquida derivante dalle acciaierie e questo avviene sulla nuda terra con una grave contaminazione sia del suolo sia dell’aria, per non parlare del rischio diretto per i lavoratori per via delle esplosioni nella fase di svuotamento delle paiole stesse (si veda http://www.noinotizie.it/18-03-2016/incidente-allilva-di-taranto-forte-esplosione-operaio-ustionato-a-una-mano). A dimostrazione che le “vasche di contenimento” che l’azienda dice di aver messo non sono efficaci.
E’ da quell’area GRF di svuotamento delle paiole (enormi contenitori di scorie di lavorazione incandescenti) che si vedono levarsi i bagliori rossi, arancioni e gialli – simili a lingue di fuoco infernali – ritratti in varie riprese notturne (si veda ad esempio http://www.today.it/rassegna/denuncia-inquinamento-paiole-ilva-taranto-video.html). Quell’area andava pavimentata, per evitare la contaminazione del suolo e della falda, dotata di sistema di captazione fumi e coperta per evitare l’inquinamento dell’aria tramite le emissioni diffuse e fuggitive che costituiscono una delle criticità più gravi del ciclo produttivo.
Sulla questione dello scarico paiole da ora in poi incalzeremo senza sosta il governo italiano perché è l’indicatore più evidente del mancato investimento a scopi ambientali di quelle risorse che sono posta dall’UE sotto investigazione.
Chiederemo risposte e tutte le omissioni le segnaleremo alla Commissione Europea.
A tal fine inviteremo a fare una verifica con ispezioni e carotaggi dell’area del GRF su cui vengono quotidianamente riversate scorie liquide senza captazione efficace dei fumi, il tutto contro ogni prescrizione dell’AIA e contro ogni norma di cautela. Su quel terreno è avvenuta una contaminazione da scorie, ed è sotto gli occhi di tutti.
DIOSSINA
Oltre alla clamorosa mancata attuazione prescrizione 16 relativa allo scarico paiole vi è il mancato dimezzamento delle emissioni di diossina dall’impianto di agglomerazione, che doveva avvenire entro l’8 marzo 2016. Tale prescrizione prevedeva l’abbassamento del limite emissivo del camino E-312 (la cui portata è superiore a ogni altro camino europeo) da 0,3 a 0,15 ng/m3. Tale abbassamento del limite non è avvenuto, dicono fonti dell’ILVA, per via dell’ultimo decreto salva-Ilva. Le ragioni sono economiche: mancano i soldi per comprare i filtri a manica che sono la tecnologia indispensabile per ottenere questo abbassamento.
COPERTURA DEI PARCHI MINERALI

Alla prescrizione n.1 (parchi minerali) veniva concesso un tempo di ben tre anni, ma nonostante ciò l’ultimazione al 27/10/2015 non è stata rispettata per mancanza di fondi e per l’assenza dello stesso piano industriale che li avrebbe dovuti prevedere e garantire.

ASSENZA DI UN PIANO INDUSTRIALE E PRESTITI AL BUIO

In assenza del piano industriale sono stati concessi prestiti, cosa del tutto anomala rispetto alla legislazione esistente che vincola i prestiti della banche alla presenza di un piano industriale. Sono stati effettuati quindi prestiti al buio, non vincolati all’AIA e non vincolati ad un piano industriale che prevedesse tempi di restituzione di tali fondi e modalità di impiego degli stessi nell’ambito dell’implementazione delle migliori tecnologie disponibili (BAT).

La conseguenza di tale condotta è stata quella di gravare le banche di oltre un miliardo e mezzo di crediti inesigibili che probabilmente pagheranno o i contribuenti italiani (con norme di garanzia ad hoc) o quei soggetti che saranno coinvolti nella procedura di fallimento dell’ILVA. Ciò nonostante il governo continua a garantire prestiti a un’azienda sull’orlo del fallimento in base a deroghe dalla normativa che vieta prestiti ad aziende decotte o avviate verso il fallimento. L’esito di tale procedura non è quella di garantire il risanamento ambientale ma unicamente di prolungare il ciclo di vita di un’azienda agonizzante.

In tutto questo marasma è evidente l’assenza dell’elemento cardine senza il quale non potrebbe avvenire di norma alcun prestito: è completamente assente infatti il piano industriale.

Anche il “Piano ambientale degli esperti” della fine 2013 (http://www.minambiente.it/sites/default/files/Piano%20Comitato%20Esperti.pdf) ha fissano obiettivi di messa a norma degli impianti in assenza di un piano industriale che ne garantisse le risorse. Ha cioè svolto  un ruolo “declamatorio” di intenti che sono stati smentiti dai fatti, in assenza di risorse per realizzarli.

ASSENZA DI UN PIANO DI BONIFICA INTERNO ALLA FABBRICA

Riteniamo sia rimasta inapplicata la prescrizione 27 con la quale l’ILVA dovrebbe garantire alla cessazione definitiva delle sue attività un ripristino dello stato dei luoghi tale da consentire il riuso del suolo per altre attività, evitando l’insorgere di qualsiasi rischio. Lo stato della falda e del suolo appare invece denso di criticità tali che la prosecuzione delle attività dello stabilimento sembra essere funzionale alla non applicazione di tale principio cardine e alla non effettuazione della messa in sicurezza della falda e delle bonifiche dei terreni e dei fondali dove per anni ILVA a scaricato in maniera incontrollata provocando un inquinamento di enormi proporzioni. Al fine di non adempiere ai propri obblighi, tutto continua secondo le consuetudini che hanno ignorato il problema o lo hanno trattato come questione su cui avviare vertenze al TAR. Mentre occorrerebbe avviare una reale bonifica delle matrici ambientali più compromesse.

ASSENZA DI UN PIANO DI BONIFICA DEI PASCOLI
La cosa probabilmente più grave che sta accadendo a Taranto è che viene rinviata sine die la bonifica dei terreni di pascolo contaminati da diossina e PCB per cui oggi nessun animale può essere autorizzato al pascolo libero in aree incolte in un raggio di 20 chilometri dall’ILVA. Nessun provvedimento locale o nazionale è stato avviato per bonificare i terreni e rimuovere tale divieto di pascolo.
ASSENZA DI DATI DI MIGLIORAMENTO DEL QUADRO DI SALUTE DELLA POPOLAZIONE
Tutto questo avviene mentre le autorità sanitarie non riescono a produrre dati che indichino una diminuzione delle malattie e della mortalità a Taranto.
I dati sanitari di Taranto non sono allineati con gli indicatori di salute regionali e si collocano sopra la media. Questo a dimostrazione che i livellli di inquinamento continuano a rimanere incompatibili con standard sanitari accettabili.
LA LUNGA LISTA DEGLI INTERVENTI DI MESSA A NORMA DISATTESI
Quello che abbiamo qui segnalato è solo un estratto esemplificativo e facilmente comprensibile delle criticità evidenziate alla Commissione Europea.
La lista degli interventi di messa a norma degli impianti ILVA è in realtà molto più lunga ed è stata inviata alla Commissione Europea in forma tecnica molto dettagliata. La lista delle inadempienze presenteremo ai giornalisti prossimamente con un’apposita conferenza stampa per poterne spiegare tutti i dettagli tecnici e le rilevanti implicazioni ambientali e sanitarie. Di fronte a questa lunga lista di inadempienze è davvero arduo dimostrare, come il governo italiano tenta di fare, che i soldi degli aiuti di stato siano destinati ad interventi di tipo ambientali.

Per PeaceLink

Antonia Battaglia
Luciano Manna

Alessandro Marescotti