Venerdì 7 novembre Napoli ha visto sfilare, in un lungo corteo da Fuorigrotta a Bagnoli, oltre 2.000 persone contro il decreto legge 133/2014 “Sblocca Italia”. La devastazione ambientale, la speculazione e l’attacco alla democrazia reale che porta con sé il decreto, convertito definitivamente in legge dopo il voto di fiducia del Senato lo scorso 5 novembre, sono stati denunciati da un ampio schieramento di cittadini, comitati locali, movimenti, associazioni, partiti di opposizione e sindacati di base.

I principali organi di informazione hanno dato risalto alle cariche della polizia al termine della manifestazione e all’assenza del primo ministro Matteo Renzi, che mesi fa aveva annunciato in questa data una sua visita a Bagnoli, per poi dare forfait. Senza appiattirci sulla cronaca o sulle strumentalizzazioni, è interessante conoscere le ragioni e le rivendicazioni dei manifestanti. Ne abbiamo raccolte alcune.

Per Roberto De Filippis, del Coordinamento irpino NO TRIV, «Ogni articolo dello Sblocca Italia rappresenta un singolo attacco al territorio italiano. Oggi siamo qui per non rinchiuderci nel nostro orticello e per denunciare che il neoliberismo del governo Renzi colpisce tutti i territori con la cementificazione, i gassificatori, le trivellazioni». Parlando più nel dettaglio del testo del decreto (disponibile integralmente a questo link): «Ci sono 4 articoli, quelli dal 35 al 38, che attaccano il territorio a gamba tesa. Il 38, in particolare, parla del superamento totale del potere decisionale delle comunità e delle istituzioni locali».

Queste norme semplificheranno, ad esempio, la trivellazione di terreni per la ricerca di petrolio, senza tener conto dei vincoli ambientali o dell’opposizione delle comunità locali. «In Irpinia – afferma De Filippis –per le trivelle c’è già un progetto avanzato, il “progetto Nusco”, che riguarda un’area molto vasta della provincia di Avellino: 700 km quadrati, 45 comuni (più un altro, Apice, in provincia di Benevento), che si somma al progetto “Case Capozzi” della Regione Campania, in un vero e proprio attacco all’appennino campano. Se consideriamo inoltre il pozzo Pergola in Basilicata, che sarà raddoppiato, siamo di fronte a una chiara strategia: trasformare il sud Italia in un distretto energetico. Un sud visto ancora una volta come “terra di conquista” da colonizzare, sotto il ricatto e l’imposizione di un modello di sviluppo anni ’50, basato sul petrolio, ma anche sulle fabbriche, l’acciaieria, la siderurgia selvaggia. Una ricetta che, nonostante si sia dimostrata una bolla di sapone, viene ancora riproposta. Eppure abbiamo esempi come la Basilicata che, a 20 anni dalla “petrolizzazione” e con 46 pozzi aperti, resta ancora una regione povera, con tassi altissimi di disoccupazione ed emigrazione. Lo Sblocca Italia dà un’accelerazione a tutto ciò: sottrae terreni alla giurisdizione delle istituzioni locali e all’autodeterminazione di chi vive questi luoghi, per avvantaggiare blocchi di potere che hanno interessi forti, come quelli che finanziano la Leopolda».

Bagnoli, ex area industriale napoletana che aspetta da oltre un ventennio bonifica e riqualificazione, non è stata scelta a caso come teatro della protesta. «Tra i diversi articoli dello Sblocca Italia, riguardanti trivellazioni, geotermia, inceneritori e altro – spiega Mirko Parasole, della Casa del Popolo di Fuorigrotta – ce n’è uno dedicato esplicitamente a Bagnoli (il n. 33, ndr) che prevede il commissariamento di tutta l’area. L’affidamento ad un commissario straordinario e ad un “soggetto attuatore”, una società per azioni, serve ad esautorare le amministrazioni locali del potere che dà loro la Costituzione su materie come la progettazione urbanistica e la tutela ambientale». Il rischio per aree come questa è «un’ennesima enorme speculazione sul territorio, dati gli interessi che ci sono e le linee-guida del decreto, ovvero “far ripartire l’economia” attraverso il cemento. Uno dei principali esponenti del “partito degli affari” qui è Caltagirone, che ancora possiede la Cementir e vorrebbe sbloccare la situazione di Bagnoli in suo favore: non gli interessa realizzare il parco urbano, né la spiaggia pubblica, bensì il porto turistico, gli alberghi. Insomma cementificare, che è quello che gli porta profitto».

Si prospetta quindi ancora un futuro inquieto per Bagnoli, «in controtendenza con l’ordinanza del Comune di Napoli del dicembre 2013, che ha preteso che i soggetti responsabili dell’inquinamento quest’area, come Fintecna, paghino per il risanamento e la bonifica. Senza contare che già in passato sono stati effettuati dei rilevamenti per l’energia geotermica a Bagnoli, e che lo Sblocca Italia ora faciliterà le trivelle non solo in Val d’Agri, nel Vallo di Diano, in Irpinia, nel Sannio, ma anche in provincia di Napoli, qui a Bagnoli e nel golfo della città».

A dimostrare il carattere non solo locale, ma nazionale del corteo del 7 novembre, c’è la presenza di gruppi da varie parti d’Italia: anche da Genova, vittima nelle scorse settimane dell’ennesimo disastro idrogeologico. Ci racconta Giacomo Zolezzi, dell’Unione degli Studenti del capoluogo ligure: «Siamo venuti a Napoli per ribadire come le lotte ambientali non siano cose diverse, anche se interessano ambiti leggermente differenti, ma siano invece tutte accomunate da un unico fil rouge: quello di un preciso modello di sviluppo. Perché la devastazione ambientale che stiamo vivendo a Genova non è per nulla diversa da quella che si sta vivendo a Napoli o altrove. E lo Sblocca Italia ora sta distruggendo ancor di più il territorio italiano». Continua Zolezzi: «A Genova hanno iniziato a trivellare per il Terzo Valico, l’ennesimo pezzo dell’alta velocità, che non fa altro che danneggiare l’ambiente, mentre da anni non si fa un intervento di riqualificazione sui corsi d’acqua, che sarebbe invece fondamentale. Si pensa ancora e solo a cementificare, e quindi noi non possiamo far altro che scendere in piazza, perché tutto questo non può continuare ad accadere. Non possono ancora morire persone per questo».

Quella di Napoli è stata solo la prima di una serie di mobilitazioni contro il decreto Sblocca Italia.

I prossimi appuntamenti previsti sono l’8 novembre a Potenza, dove una mobilitazione regionale lucana denominata “Mo’ basta!” punterà il dito contro i numerosi rischi ambientali, aggravati dallo Sblocca Italia; e il 14 novembre, giornata di “sciopero sociale europeo”, in cui in Italia si incroceranno le braccia per protestare contro gli ultimi provvedimenti del governo: il Jobs Act, la Riforma della Scuola Renzi-Giannini e, appunto, lo Sblocca Italia.

Per approfondire:

 L’instant-book “Rottama Italia” di Altreconomia (in pdf gratuito)