Dopo le testimonianze di Anita SonegoPietro ForconiDavide ScottiMattia Rigodanza, Serena VitucciVeronica AlfonsiRolando D’Alessandro, Antonella Freggiaro, Valerio Colombaroli, Amnesty International di Legnano, “Storiesalvatutti” e “Ceste sospese”  sentiamo Marco Inglessis di Energia per i Diritti Umani.

L’emergenza coronavirus ha creato una situazione nuova per tutti, sconvolgendo abitudini e certezze, ma per gli attivisti ha significato anche la cancellazione di iniziative organizzate da tempo, o ancora da realizzare. Come hai vissuto e vivi questo momento?

Senza dubbio all’inizio non è stato facile. La nostra associazione Energia per i Diritti Umani era come sempre in piena attività, con tante iniziative importanti in corso e in programma, sia in Italia che all’estero. La Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza sarebbe dovuta passare da Roma il 29 febbraio, ma siamo stati costretti ad annullare l’evento che stavamo preparando da oltre un anno con diverse realtà e associazioni di Roma. La campagna “Stop Malaria” 2020 in Senegal e Gambia era appena partita.

Quest’anno per la prima volta avevamo anche tre volontari del Servizio civile universale, che sarebbero rimasti per un anno a lavorare sul progetto. La loro presenza, un grande investimento in termini organizzativi, avrebbe dovuto contribuire alle attività in loco, fianco a fianco con i partner locali. E poi c’erano tante altre iniziative in programma, come il 37° Corso Formazione Volontari a Roma, un’occasione molto importante per un’associazione che vive solo grazie all’afflusso di nuovi volontari, idee ed energie.

Per un momento sembrava che il virus potesse bloccare tutto. In Senegal hanno imposto lo stato di emergenza e il coprifuoco. Il governo italiano ha ordinato il rientro di tutti i volontari di Servizio civile dall’estero. Io ho dovuto annullare il mio viaggio in Senegal e Gambia previsto per la settimana di Pasqua e le attività hanno vissuto un momento di sospensione. Non si può dire che sia stato un momento facile, visto il grande lavoro fatto nei mesi precedenti per organizzare le attività del 2020. Il virus è arrivato inaspettato a sconvolgere i nostri piani. Ci siamo ritrovati tutti a casa, con la sede di Energia per i Diritti Umani chiusa fino a data da destinarsi e l’impossibilità di incontrarci fisicamente. C’è anche un lato umano in tutto ciò, per un’associazione basata sull’incontro e la condivisione, con momenti di riflessione e crescita comune. L’impossibilità di condividere il nostro spazio fisico abituale, nella nostra sede di San Lorenzo a Roma, ha senza dubbio avuto un impatto importante, ma non ci ha fermato. Da subito la creatività che ci contraddistingue e l’intenso interscambio nato tra la rete di associazioni ha dato vita a risposte nuove di adattamento crescente alla nuova situazione.

Quali risposte nuove e creative ha trovato il tuo gruppo per continuare la sua attività nonostante le limitazioni imposte da questa emergenza?

Il primo passo è stato di dotarci tutti di chat in videoconferenza per molti utenti; è iniziata così una lunga serie di videochiamate e videoconferenze che ha coinvolto i volontari italiani, indiani, senegalesi e gambiani, nonché i molti amici/volontari di Energia che sono in giro per il mondo in attività di cooperazione con altre organizzazioni. Da una parte abbiamo dato vita ad ambiti di interscambio su come tutti noi stavamo vivendo questo momento, le paure, le speranze ed infine un interscambio di strumenti utili per affrontare al meglio l’isolamento e ricreare idee ed azioni da implementare da subito.  Lo stimolo è venuto anche dai nostri partner senegalesi e gambiani, che ci hanno incoraggiato a lavorare insieme per la prevenzione del Coronavirus. Era un passaggio quasi naturale, visto che per anni avevamo lavorato per prevenire la malaria, nelle scuole e sul territorio.

A partire da metà marzo ha preso forma la nuova campagna “Stop Coronavirus” e a fine mese hanno avuto inizio le attività di sensibilizzazione sul territorio. Nel corso di varie giornate, decine di volontari hanno visitato quasi mille case nei quartieri periferici di Dakar, come Pikine, Keur Massar e Yeumbel. L’obiettivo è informare la popolazione sui metodi di prevenzione del virus. Per questo in Italia abbiamo elaborato del materiale informativo e finanziato l’acquisto di grosse quantità di sapone, varichina e gel igienizzante, da distribuire alla cittadinanza. Stiamo inoltre installando nelle strade dei bidoni con rubinetto contenenti una soluzione a base di acqua e varichina, come è avvenuto nei villaggi gambiani di Ballanghar, Kauur e Gengjie.

E qui emerge il nostro punto di forza nell’attività di cooperazione internazionale. Fin dal nostro arrivo in Africa occidentale, ormai 20 anni fa, abbiamo sempre lavorato in partnership con le persone del posto. Si tratta di volontari che hanno a cuore lo sviluppo delle loro comunità e che hanno deciso di collaborare con noi per portare avanti dei progetti comuni. Ed è proprio in questo momento di crisi, in cui nessun volontario italiano può stare in Africa, che questa nostra buona pratica ha avuto effetti ancora più positivi. Sono infatti i nostri responsabili e volontari senegalesi e gambiani che stanno portando avanti tutte le attività sul campo. Ovviamente ci coordiniamo e siamo in contatto continuo con loro, ma sono loro per primi ad essersi mobilitati per aiutare le comunità in questa emergenza. Questa situazione ha dunque dimostrato la vivacità della società civile locale e l’efficacia del nostro modello di cooperazione internazionale.

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