In questa intervista a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, ho rivolto alcune domande.

Alla domanda sulle intenzioni di Amnesty di occuparsi della questione dei trattenuti nei CPR risponde:

“Non ho dubbi. Come scrivevo all’inizio, lavorando attraverso campagne, il numero dei temi su cui essere presenti contemporaneamente è limitato. Fortunatamente i CPR sono al centro dell’azione di vari soggetti, tra i quali il Garante e diverse Ong. Questo ci rassicura sul fatto che il tema non sia abbandonato.”

Certamente non traspare la volontà di intraprendere una campagna presente e futura da parte di Amnesty International.

 

Quando si parla di CPR, non si entra nel merito di un’eventuale legittimità del rimpatrio, o di un’analisi su chi viene rimpatriato e perché.

Si affronta semplicemente la condizione in cui viene a trovarsi una persona in attesa di rimpatrio, o un richiedente asilo, che, lo ricordiamo, entrando nel CPR perde la propria condizione di libertà.

Persona che non viene trattenuta all’interno dei CPR per reati penali, ma per la richiesta d’asilo (permanenza fino a 12 mesi) o per mancanza dei requisiti necessari per poter ottenere asilo o protezione in Italia (Legge Turco-Napolitano n.40/1998, permanenza fino a 6 mesi).

Qual è questa condizione? Il problema è proprio questo: non si sa.

Trapelano notizie di tentativi di suicidio, di atti autolesionismo, di continua tensione all’interno delle strutture.

Prima che ai trattenuti venissero sequestrati i telefonini, veniva comunque spaccata la telecamera.

I giornalisti non possono entrare nei CPR, di fatto le richieste di accesso, per ciò che risulta, non vengono accolte.

Difficile non interpretare tutto ciò come la volontà di far sì che dal CPR non escano immagini di nessun tipo: perché?

Il  regolamento CIE (file PDF) – ora CPR – del 2014 prevede nei CPR ci sia un ambulatorio con requisiti minimi.

E’ anche presente una bozza di accordo per la gestione sanitaria da parte di medici dell’ASL competente, non è mai stato portata a termine: da 2014 è in fase di definizione.

Si parla di attività ricreative, che possono essere integrate da associazioni esterne, questo avviene?

Abbiamo fatto un’intervista al Garante del Comune di Torino nella quale si approfondiscono molti dei temi dei CPR .

Ma soprattutto chi controlla i controllori?

L’assenza di occhi esterni all’interno dei CPR avrebbe dovuto allarmare non poco Amnesty, visti i suoi principi fondanti.

Riccardo Noury si dice “rassicurato”: in realtà la difficoltà degli attivisti a scalfire il muro di silenzio è notevolissima e visti i problemi attuali che si trascinano da tempo, non sembra che l’azione del Garante Nazionale sia efficace.

Rimango francamente sconcertato dal fatto che Amnesty non consideri una priorità la condizione di circa un migliaio di persone in Italia, se ad Amnesty International non fosse chiara la situazione dei migranti trattenuti nei CPR, leggendo questo e gli altri articoli di Pressenza, sicuramente avrà i dettagli necessari.

Amnesty, che vive su donazioni di persone sensibili ai diritti umani e civili, parla di scarsità di fondi.

Sorge il dubbio che possa dipendere anche dalle priorità che dà alle proprie campagne.

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