Pubblichiamo l’intervista a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

 

L’ultima denuncia che vediamo sul sito di Amnesty Italia che parla delle strutture “detentive” per il rimpatrio risale al 2017. E’ stato fatto qualcosa di più recente?

“La premessa che ritengo necessario fare è che Amnesty International lavora attraverso campagne su temi specifici (negli ultimi tre anni: contrasto all’hate speech online, criminalizzazione della solidarietà, introduzione dei codici identificativi). Questo significa che non tutte le questioni relative alle violazioni dei diritti umani vengono affrontate allo stesso tempo e allo stesso modo. Ciò detto, i problemi sono evidentemente lontani dall’essere risolti. Condividiamo le preoccupazioni delle organizzazioni e del Garante per i diritti dei detenuti.”

Da Luglio 2019 sono morte tre persone nei CPR italiani, da più parti arrivano denunce sullo stato della gestione sanitaria all’interno dei CPR, cosa ne pensa in proposito?

“E’ un tema di assoluta preoccupazione. Come se i diritti (alla salute, alla privacy, all’incolumità personale) fossero qualcosa che non va garantito a determinati gruppi di persone in ragione della loro “transitorietà”.”

Ai trattenuti dei CPR sono stati sequestrati i telefonini, ed è tutt’ora impedito loro di utilizzarli:  ritiene questa una violazione dei diritti civili?

“Non vedo quali ragioni generali di sicurezza debbano impedire contatti col mondo esterno. Provvedimenti del genere devono essere individuali e basati su criteri di proporzionalità e necessità.”

A Torino c’è stata una protesta della società civile di 3 giorni contro il CPR con una consegna di alimentari e vestiario (Pressenza Italia ha ampiamente documentato l’evento), non abbiamo visto osservatori di Amnesty che monitorassero il comportamento della Polizia (eppure il 10 gennaio al corteo No-Tav c’erano, lo so per esperienza diretta) e che chiedessero di monitorare la consegna del vestiario e degli alimentari, che vista la protesta all’esterno, sarebbe potuta diventa “critica”. Ci risulta tuttavia che Amnesty fosse informata dell’evento, è una nostra svista o non c’erano?

“L’organizzazione delle attività degli osservatori, tutti volontari, è complessa. Ogni mese valutiamo gli eventi in programma e decidiamo rispetto a una serie di criteri (comprese le risorse economiche) e la disponibilità dei volontari. Su 10 che individuiamo o che ci vengono suggeriti (cosa molto apprezzata da parte nostra), ne scegliamo uno o due.”

Da più parti arrivano denunce sulla compressione e sull’elusione dei diritti civili che avverrebbe all’interno dei CPR, non crede sia necessario un vostro monitoraggio in collaborazione col Garante e con le associazioni (anche e soprattutto legali, come ASGI) del terzo settore che si occupano dei CPR in italia?

“Non ho dubbi. Come scrivevo all’inizio, lavorando attraverso campagne, il numero dei temi su cui essere presenti contemporaneamente è limitato. Fortunatamente i CPR sono al centro dell’azione di vari soggetti, tra i quali il Garante e diverse Ong. Questo ci rassicura sul fatto che il tema non sia abbandonato. ”