Il bavaglio imposto da Recep Tayyip Erdogan alla stampa che continua a raccontare la repressione contro il popolo curdo e le violazioni dei diritti nel Paese travalica i confini della Turchia.

La censura si è abbattuta anche su media internazionali che hanno scritto del vergognoso accordo per l’estradizione di 45 turchi di origine curda che Finlandia e Svezia dovranno consegnare a Erdogan dopo l’ok d quest’ultimo al loro accesso nella Nato.

L’accordo prevede l’estradizione di quelli che Istanbul ritiene terroristi, ma molti in realtà sono giornalisti, insegnanti e ricercatori, come scrivono da giorni testate estere.

Ankara ha per questo bloccato i siti dell’emittente tedesca Deutsche Welle e di Voice of America. Le prime reazioni sono arrivate da Berlino, che ha manifestato grande preoccupazione per questo ennesimo attacco alla libertà di opinione e alla libertà di stampa.

Il governo tedesco ha preso atto della decisione “con rammarico”, ha dichiarato il portavoce Steffen Hebestreit, puntualizzando che spetta a Deutsche Welle, in quanto indipendente, decidere come procedere. Claudia Roth, Ministro della Cultura, ha parlato di una “brutta notizia per una già limitata libertà per giornalisti, opinionisti e semplici cittadini che usano i social media per esprimere le proprie opinioni”.

Il Consiglio Supremo per la Radio e la Televisione turca che ha disposto il blocco ha respinto qualsiasi critica da parte di ‘Deutsche Welle’ e ‘Voice of America’ in una dichiarazione sul proprio sito web, affermando che “nessuno deve avere incertezze sulla libertà di espressione o di stampa, preoccuparsi inutilmente o incriminare il nostro Consiglio Supremo, che sta eseguendo i propri compiti sulla base di motivi legali”.

Il Consiglio ha aggiunto che se le organizzazioni dei media “avessero agito in linea con i regolamenti”, non ci sarebbero stati divieti di accesso. Ha anche promesso di richiedere al tribunale la revoca delle restrizioni nel caso in cui i siti dovessero aprire società in Turchia e ottenere la licenza richiesta.

Intanto l’esercito turco è pronto a sferrare un nuovo attacco contro le popolazioni curde con un’operazione militare nel nord della Siria. I militari sono solo in attesa dell’ordine da parte di Ankara per avviare l’offensiva.

Secondo forti filogovernative l’azione militare sarà portata avanti con l’Esercito nazionale siriano, gruppo appoggiato da Ankara formato da siriani che si oppongono al presidente Bashar al-Assad e che precedentemente era conosciuto come Esercito libero siriano. Gli obiettivi dell’operazione – annunciata dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan nelle scorse settimane – saranno simultaneamente le zone ancora sotto il controllo delle forze curde di Tal Rifat e di Manbij, a ovest del fiume Eufrate. Ieri il Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha ribadito con l’omologo russo Serghei Lavrov l’intenzione di Ankara di portare avanti l’operazione chiedendo a Mosca, che ha una presenza militare nell’area, di onorare accordi del 2019, secondo cui la presenza delle forze curde nella zona dovrebbe essere rimossa.

Potrebbe essere un vero e proprio massacro, che inevitabilmente coinvolgerà non solo le forze curde, ma anche civili inermi che con il conflitto nulla hanno a che fare.

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