Dall’Europa sarebbero in arrivo oltre 200 miliardi di euro, ma la maggior parte di questi soldi sono un prestito. Anche quelli che non sono un prestito sono una “partita di giro”. L’Italia, come ogni Stato dell’Unione, ogni anno versa un contributo al bilancio europeo e poi l’Europa “restituisce” a ogni paese, quindi anche all’Italia, una sovvenzione. I dati dimostrano che in questa “partita” da 200 miliardi l’Italia ci guadagna poco meno del 2% del PIL (circa 34 miliardi di euro), al contrario della Germania che ci perde oltre il 2% del PIL (oltre 70 miliardi di euro).

Considerati questi dati, è incomprensibile l’enfasi che in Italia viene manifestata sui soldi che arriveranno dall’Europa, di solito senza evidenziare il rischio di un eccessivo indebitamento (considerato il nostro debito pubblico già altissimo) e soprattutto senza spiegare come si intende procedere per la restituzione dei prestiti. Quest’ultima questione viene taciuta, poiché implica necessariamente la consapevolezza che il debito che stiamo contraendo di fatto viene posto a carico delle prossime generazioni, ammesso e non concesso che il debito attuale possa venir saldato da questa generazione.

L’ultimo dato disponibile sul debito pubblico (al 30/11/2020) è di 2.586 miliardi di euro, che corrisponde mediamente a circa 43.000 euro per ogni cittadino italiano. Come farà il povero Stato italiano a pagarlo? Le strade principali sono due: farlo pagare ai contribuenti di oggi, oppure a quelli di domani. Domanda logica: ma i contribuenti attuali sarebbero in grado di pagare l’attuale debito? Sì, poiché la ricchezza privata italiana ammonta ad oltre 10.000 miliardi, cioè il quadruplo del debito pubblico.

Non solo: le famiglie italiane sono le più ricche d’Europa, sia come proprietà immobiliari sia per liquidità. Infatti, mediamente ogni famiglia in Italia dispone di beni mobili pari a 2,21 volte il proprio reddito annuo. Le famiglie francesi 1,59 volte, quelle tedesche 1,25 e quelle spagnole 0,84 volte il proprio reddito annuo. Insomma, gli italiani sono grandi risparmiatori e dispongono di grandi riserve. Di conseguenza, anzitutto per ragione etiche, a saldare il debito potremmo e dovremmo provvedere adesso, senza scaricare questo peso sui nostri figli e nipoti.

Si potrebbe obiettare che questi ragionamenti avrebbero avuto un senso prima della pandemia, poiché nella situazione attuale le cose sono molto cambiate. Invece, per quanto riguarda il debito pubblico e le ricchezze private tendenzialmente non è cambiato nulla. Infatti, negli ultimi 12 mesi il debito pubblico è aumentato di 139 miliardi, mentre nel 2020 la liquidità sui conti correnti degli italiani è aumentata di 162 miliardi di euro. Pertanto, il vero problema dell’Italia non è il debito o la ricchezza, ma la disuguaglianza. Il 20% della popolazione più abbiente detiene il 66% della ricchezza. In Italia il 40% più ricco possiede l’85%. È chiaro che per ridurre il debito pubblico bisogna bussare alle porte dei ricchi, perché soltanto lì si possono trovare le risorse necessarie.

Lo studio “Debito & Fisco”, realizzato nel 2018 da CADTM Italia, ha dimostrato che – grazie a sconti fiscali e a leggi di favore sulle imposte – negli ultimi 40 anni i ricchi hanno “risparmiato” 300 miliardi di euro. Marco Biagi, nell’ultima intervista prima di essere assassinato da un commando di terroristi dalle Brigate Rosse, aveva dichiarato: “Io sono della scuola di Robin Hood: ogni tanto ai ricchi bisogna prendere le cose con la forza”. Ovviamente si riferiva alla forza delle leggi. È appena il caso di ricordare che nel 1974 l’aliquota più elevata sui redditi delle persone fisiche era del 72%, mentre quella attuale è del 43%. Come dire che i ricchi progressivamente hanno pagato meno tasse. L’esatto contrario di quanto viene prescritto dalla Costituzione.

Inoltre, i dati ufficiali rilevano che l’evasione fiscale è superiore a 100 miliardi di euro ogni anno. Di conseguenza, negli ultimi 30 anni l’evasione fiscale ha superato ampliamente il debito pubblico nel frattempo accumulato. Non è vero ciò che alcuni politici hanno detto, cioè che lo Stato ha messo le mani nelle tasche degli italiani. In realtà è accaduto il contrario: alcuni (non pochi) italiani hanno messo le mani nelle tasche della cassa comune, sottraendo enormi risorse e indebitando tutta la comunità. John Adams, il secondo Presidente degli Stati Uniti d’America, diceva che “ci sono due modi per rendere schiava una nazione: uno è la spada, l’altro sono i debiti”.

Se questa è la storia fiscale recente, forse sarebbe il caso di smetterla davvero sia con l’evasione fiscale sia con l’indebitamento. Da un lato abbiamo la necessità di recuperare il maltolto e di evitare che si continuino a sottrarre risorse alla comunità Italia. Dall’altro dobbiamo evitare di indebitarci ulteriormente e avviare una riduzione progressiva del debito attuale. Per questo i soldi dell’Europa potrebbero non servire. Servirebbe invece una seria riforma fiscale e un controllo sulla congruità tra redditi e patrimoni posseduti. Si potrebbe fare, se ci fosse la volontà politica. Questo è il problema.