Il Cile sta vivendo uno dei momenti più difficili dalla fine della dittatura militare di Augusto Pinochet.

Da poco più di una settimana una ribellione popolare di massa, detonata con l’ennesimo aumento delle tariffe della metropolitana nella capitale Santiago, sta esprimendo il malessere e la disperazione di un paese che, nonostante sia presentato come un’“oasi” in America Latina, presenta uno dei maggiori tassi di disuguaglianza e una delle peggiori distribuzioni della ricchezza del pianeta. I 30 pesos di rincaro della tariffa sono diventati il simbolo di oltre 30 anni di soprusi, maltrattamenti e abusi, frutto di un modello economico e sociale che ha trasformato diritti fondamentali come l’istruzione, la salute, l’acqua, la pensione, in merci che solamente un piccolo gruppo di privilegiati possono permettersi il lusso di comprare.

La risposta del governo presieduto da Sebastián Piñera allo scoppio di questo malcontento è stata una repressione totalmente sproporzionata e brutale nei confronti di un popolo che protesta. All’abituale pugno di ferro dei Carabineros si è aggiunta la dichiarazione dello stato d’emergenza per motivi di ordine pubblico, per la prima volta dalla fine della dittatura, con l’Esercito inviato a presidiare le strade e a reprimere le manifestazioni.

La modalità d’azione delle forze dell’ordine sta sfuggendo a ogni controllo e agli standard internazionali sull’uso della forza: movimenti sociali, società civile e organizzazioni per i diritti umani denunciano abusi, violenze, torture, spari di proiettili di gomma e pallini da caccia ad altezza uomo, detenzioni arbitrarie e altre gravi violazioni dei diritti delle persone. Nelle ultime ore è iniziata anche la persecuzione e la detenzione illegale di dirigenti sociali e l’arresto di persone che protestavano battendo pentole e coperchi dai balconi e dalle finestre delle case.

Il bilancio ufficiale delle vittime nel momento in cui scriviamo ammonta a 15 persone, 5 delle quali ferite a morte da militari e carabineros. Diverse centinaia sono i feriti e le detenzioni finora sono state oltre 5.000.

L’esercizio della libertà di stampa e del diritto all’informazione è stato messo a dura prova con alcuni casi di detenzioni di giornalisti. L’ultimo segnalato è quello di una collega dell’agenzia Pressenza, Claudia Aranda, arrestata mentre svolgeva il suo lavoro di reporter durante una notte di coprifuoco a Santiago, nonostante regolare salvacondotto e credenziali.

I principali mezzi di comunicazione, in Cile, in Italia e in molte parti del mondo non parlano di tutto questo, ma si concentrano sugli episodi di vandalismo, peraltro palesemente tollerati dalle forze dell’ordine, nel quadro di una chiara strategia di diffusione della paura che mira a legittimare e rafforzare le misure repressive.

 

Come giornalisti/e e attivisti/e non possiamo tollerare tutto questo.

  • Invitiamo con forza i mezzi di comunicazione italiani e internazionali a informare su quello che sta accadendo in Cile e a mostrare la violenza istituzionale nei confronti della popolazione.
  • Invitiamo le organizzazioni sociali e politiche a realizzare dichiarazioni e azioni di solidarietà internazionale con il popolo cileno.
  • Esigiamo che le istituzioni italiane ed europee adottino tutti gli strumenti diplomatici che possano esercitare pressione sul governo di Sebastián Piñera, affinché ritiri i militari dalle strade, revochi lo stato d’emergenza e ponga fine alle violazioni dei diritti umani perpetrate dalle autorità.

 

La redazione italiana di Pressenza

Per info e adesioni: redazioneitalia@pressenza.com

Fonti:
https://www.indh.cl/indh-anuncia-querellas-por-cinco-personas-fallecidas-en-estado-de-emergencia/
https://www.indh.cl/22-personas-lesionadas-denuncias-de-desnudamientos-torturas-y-malos-tratos-por-fuerzas-de-orden-dejan-jornadas-de-protestas/
http://www.fiscaliadechile.cl/Fiscalia/sala_prensa/noticias_det.do?noticiaId=16789
https://twitter.com/CNNChile/status/1186850752637128704?s=08