di Marinella Correggia

Ecco: dopo settimane di intensi bombardamenti sventolano ormai al centro della città siriana diAfrin le bandiere del sultano turco Erdogan e dei suoi alleati, i mercenari del cosiddetto Esercito libero siriano (Esl), i “ribelli moderati” cari all’Asse della guerra Nato/Golfo. L’Esl – in realtà inseparabile da islamisti e terroristi, si vedano le foto in copetina – si autodefinisce ambiziosamente Esercito nazionale siriano. Un termine che provoca confusione e che denota una volontà ben precisa da parte di Ankara, dei suoi fanti di terra e della Coalizione dell’opposizione siriana, autodefinentesi Governo siriano a interim, che è il loro braccio politico: mettere le mani sulla Siria (si veda l’approfondimento al fondo di questa nota)L’asse della guerra Nato Golfo non si è stracciato le vesti per Afrin, visto che è stata conquistata dai suoi alleati (benché la confusione sia grande: forze kurde prese di mira ad Afrin dalla Turchia membro Nato, in altre aree sono alleate, in funzione anti-Isis, con un altro membro Nato, gli Usa).

Invece, la “comunità internazionale” guidata – si fa per dire – dal segretario generale dell’Onu António Guterres,  per settimane ha definito “inferno sulla Terra” la situazione di Ghouta Est, l’area alle porte di Damasco occupata sin dal 2012 da gruppi islamisti e che da qualche settimana vede l’avanzata dell’Esercito arabo siriano. Quest’ultimo è stato accusato di tutto, come per Aleppo Est alla fine del 2016: bombardamenti di ospedali, uso della fame come metodo di guerra, uso di armi chimiche.

La stessa Commissione Onu di inchiesta sulla Siria (COI), nel suo ultimo rapporto preparato in vista della 37ma sessione del Consiglio per i diritti umani, ha avallato le accuse a senso unico contro l’esercito siriano e i suoi alleati. Quali le fonti? La COI – che è alla sua 23esima performance – non le rivela mai. Ma siccome a Ghouta fino a poco fa non ci sono state presenze internazionali, alla COI così come alle ONG internazionali e ai media la “verità” sull’enorme enclave era dettata dalle voci pro-gruppi armati islamisti: “attivisti”, “militanti”, “medici rivoluzionari”, “soccorritori”… Queste fonti, da Ghouta o magari no, erano inattendibili e non verificabili – foto e video indicavano solo scenari di guerra ed emergenza, non i responsabili né le dinamiche. Facendo proprie queste voci, i gruppi di ricerca dell’Onu (non presenti in loco), le Ong e altri attori le legittimavano e le purificavano. E’ accaduto lo stesso in molti altri scenari della guerra siriana (si pensi ad Aleppo); le aree controllate dall’opposizione armata sono sempre prive di occhi esterni che vi si avventurino…

Questo meccanismo a partire da fonti non verificabili e di parte ha contribuito non poco alla prosecuzione della tragedia; ha infatti legittimato gli aiuti militari ai gruppi armati dell’opposizione.

Dunque di tutto si è detto anche su Ghouta (tacendo sui gruppi terroristi). Finché… finché non si è potuta sentire la voce dei cittadini di Ghouta finalmente in grado di andarsene verso le aree governative attraverso i corridoi umanitari (aperti anche agli islamisti che si arrendono e che saranno condotti con i famosi pullman verdi verso aree “amiche” – Idlib).

Gli abitanti di Ghouta, uscendo hanno spiegato che i gruppi armati islamisti li trattenevano come scudi umani, impedivano la distribuzione degli aiuti, combattevano anche fra di loro rendendo impossibile perfino l’accesso alle aree agricole (si tratta di una regione molto produttiva, come ci hanno mostrato le foto di Sharmine Narwani in questi giorni)… Insomma se Ghouta era alla fame, non era per l’accerchiamento. Sono uscite notizie sui cecchini che sparano contro chi vuole andar via da Ghouta; notizie che nemmeno i media mainstream hanno potuto ignorare, pur proseguendo con la solfa di cui sopra).

Armi chimiche? Sì ma… è stato trovato un laboratorio ben attrezzato in un’area che era controllata da Jaish al Islam (finanziato dai sauditi); lo stesso gruppo che anni fa aveva ammesso di aver usato armi vietate contro i curdi ad Aleppo (si veda qui e qui).

Chi però pensa che tutto questo possa cambiare la narrazione dominante sbaglia.

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Approfondimento sui conquistatori di Afrin

UN COMUNICATO RIVELATORE DEGLI ALLEATI DI ERDOGAN AD AFRIN (E IN SIRIA) : I “RIBELLI RIVOLUZIONARI SIRIANI” o anche “ESERCITO NAZIONALE SIRIANO”

Subito dopo l’avvio dell’aggressione alla regione siriana di Afrin da parte del sultano Erdogan, la Coalizione nazionale della rivoluzione siriana e delle forze di opposizione, alleata dei turchi sul campo, ha reso noti i propri obiettivi in un comunicato ufficiale passato inosservato ai più.

Ecco alcune nostre  note riguardo alla terminologia – ingannevole – e agli obiettivi – sempre gli stessi riportati nel suddetto comunicato.

Ecco un piccolo chiarimento riguardo alla terminologia  e ai veri obiettivi di chi ha scritto questo comunicato

La Coalizione nazionale della rivoluzione siriana e delle forze di opposizione è nata a Doha nel 2012, ed è poi passata attraverso vari rimaneggiamenti continuando comunque a essere appoggiata dall’Asse delle Guerre: Occidente/Turchia/Qatar/Arabia Saudita e accoliti sparsi, antagonisti all’Onu (ma forse in realtà dominanti l’Onu stessa).

Il comunicato della Coalizione esprime il proprio sostegno all’intervento militare turco in Siria in coordinamento con quello che chiama “Esercito nazionale siriano”. Una terminologia ingannevole. Il vero esercito nazionale siriano è la Syrian Arab Army. Invece, questo sedicente Esercito nazionale siriano – come spiega il testo – è formato da “gruppi armati della rivoluzione siriana”. Insomma: gruppi islamisti fino all’ex Al Nusra (al Qaeda siriana) o forse oltre, visto che tantissime prove e ammissioni hanno ormai reso evidente come non ci sia distinzione fra i cosiddetti “moderati” e gli “estremisti”. La Turchia ha spiegato che i suoi alleati sul campo sono le milizie dell’Esercito siriano libero (Esl o Fsa). Che risulta fra i membri della Coalizione di Doha .

Nel comunicato, la Coalizione spiega come l’azione militare del sedicente Esercito nazionale siriano è condotta con la “supervisione da parte del Governo siriano ad interim: in altre parole il governo dell’opposizione armata.

Infine, il comunicato – con stella a 5 punte, un simbolo nella storia usatissimo, da rivoluzionari veri e falsi – definisce “organizzazioni terroristiche” e “nemiche della rivoluzione siriana” le organizzazioni curde Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e le “organizzazioni di facciata che il Pkk utilizza in Siria”, cioè le Unità di protezione del popolo (Ypg) e il Partito democratico unionista (Pyd) che “hanno occupato città e villaggi facendo allontanare i residenti”.

Con una incredibile faccia tosta, la Coalizione di Doha accusa le forze curde di “aver diffuso il terrorismo inter-frontaliero in Siria, sfruttando il sostegno del regime di Assad”. Niente male, se si pensa che la Coalizione funge da braccio politico dei gruppi armati terroristi giunti da mezzo mondo a distruggere la Siria grazie ai finanziamenti del Golfo e dell’Occidente e grazie all’autostrada turca.

Obiettivi. Quello che Erdogan non può dire, lo dice la Coalizione sua alleata

Il comunicato della Coalizione spiega che le “organizzazioni terroristiche ostili alla rivoluzione del popolo siriano in tutte le sue componenti e alle sue aspirazioni alla libertà, alla giustizia e all’eguaglianza devono essere sradicate dalla Siria e dalla regione”. E infatti “la lotta dell’Esercito nazionale siriano” (attenzione: è la sigla usata dalla Coalizione per definire i gruppi armati islamisti) contro le organizzazioni terroristiche armate è una parte fondamentale della lotta contro il regime tirannico [di Damasco] e i suoi alleati terroristi dell’Iran”. E questa lotta “ha già trovato il sostegno e l’apprezzamento di tutti i siriani che vogliono sicurezza, pace, libertà e dignità”. Forse sarebbe il caso di ricordare il sollievo degli abitanti di Aleppo est alla fine del 2016, una volta liberi dalla stretta mortale di Al Nusra & C.

La Coalizione di Doha, inoltre, rende chiaro quel che Erdogan non dice. Parla di operazione per  “liberare i villaggi e le città di Afrin e Manbij occupate dai terroristi” (appunto le milizie curde), e “permettere il ritorno di circa 250.000 civili siriani che i terroristi del Pkk hanno cacciato  da città e villaggi nella parte rurale di Aleppo”.  E’ evidente il piano: svuotare aree importanti così da collocare tutti gli armati islamisti e le loro famiglie evacuati via via dalle zone che occupavano in Siria, e adesso concentrati soprattutto nella regione di Idlib, ma sul punto di perdere con l’avanzata dell’esercito siriano.

La Coalizione promette che “consigli locali eletti amministreranno città e villaggi liberati, insieme al Governo siriano a interim e all’Esercito nazionale siriano”.

 

L’articolo originale può essere letto qui