Mentre si finisce di scrutinare i voti delle elezioni politiche buttiamo giù alcuni appunti a caldo, destinati al nostro pubblico internazionale.

Gli italiani vogliono ancora votare

Risulta chiaro dall’affluenza alle urne, sopra il 70%, che gli italiani non hanno rinunciato al loro tradizionale spirito civico e alla voglia di influenzare il destino della politica. L’Italia è ancora il paese occidentale con uno dei più alti tassi di affluenza alle urne.

Questo non è poco in una campagna elettorale dominata dalla nemmeno tanto velata propaganda per non andare a votare; una campagna basata sulle risse, la violenza e una serie di trovate pubblicitarie che hanno messo in secondo piano i problemi del paese, le loro possibili soluzioni. Gli italiani hanno votato con una percentuale leggermente inferiore alle politiche precedenti.

Colpisce che, perfino nel sito del Ministero dell’Interno, non sia possibile rintracciare il dato delle schede bianche e nulle.

Gli italiani non amano la destra reazionaria

Alcune formazioni di destra più o meno estrema erano scese in campo: tranne la destra della Meloni (considerata “moderata”), dentro la coalizione di centro destra, nessuna di queste formazioni reazionarie, conservatrici o direttamente neofasciste avrà alcun seggio; questa continua a rimanere la particolarità positiva dell’Italia, diversa dal panorama europeo dove invece i movimenti esplicitamente di estrema destra stanno ottenendo importanti risultati elettorali.

La par condicio in versione mediatica

Fin dall’inizio della campagna elettorale è stato chiaro per chi tifava il mainstream: centro-destra, centro sinistra, Movimento 5 stelle; un piccolo spazio a “sinistra” per Liberi e Uguali (lista di dissidenti del PD) e nulla più. Il risultato elettorale rispecchia questa scelta mediatica. Eppure c’erano una quindicina di altre liste di diversa natura di cui gli elettori, spesso, non hanno saputo assolutamente niente: queste liste hanno preso un milione di voti circa, dimostrando che il mainstream non controlla proprio tutto. Ma se un po’ più di italiani avessero saputo che esistevano?

E’ colpa degli immigrati

Coloro che votano in Italia appoggiano (intorno al 60%) partiti che, esplicitamente, dicono che non vogliono gli immigrati in Italia. Che dobbiamo “aiutarli a casa loro”. Strano per un paese che ha sempre avuto nell’accoglienza una sua virtù ed ancor più strano per un paese che ha avuto milioni di immigrati nel mondo e che tuttora è famoso per la sua fuga di cervelli e di giovani all’estero. Forse qualcuno ha dimenticato il cartello che si esponeva in Svizzera non tanto tempo fa:  “Vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”.

La protesta si chiama Movimento 5 stelle

Di fronte a una sinistra frammentata che riesce a presentare 4 liste derivanti da quella che fu la sinistra comunista (che un tempo viaggiava intorno al 10%), il Movimento 5 Stelle continua a canalizzare il voto di protesta anti-sistema; lo fa nonostante un candidato premier, Luigi di Maio, che ha passato il tempo a cercare di tranquillizzare gli elettori (e i mercati) e uno staff che si è preoccupato di levare, con discrezione, dal programma gli elementi che più davano fastidio ai mercati: anti europeismo, F-35, acqua bene comune. E che, sugli immigrati, alla fine, scrive nel programma: “rimpatri immediati per gli irregolari”.

In ogni caso chi ha pensato al Movimento 5 Stelle come un fenomeno passeggero è destinato a ricredersi, solo a guardare le regioni dove il Movimento supera il 40% dei voti.

Sempre nel solco dell’antipolitica c’è la Lega (che ha levato la parola Nord ed è diventata un partito nazionale che prende il 7 % in Basilicata, regione del sud) e che batte, all’interno della coalizione di centro-destra, il resuscitato partito di Berlusconi, tornato al calcistico nome originario di Forza Italia.

La pace e la nonviolenza? I diritti umani? Il bene comune?

Non sono stati temi al centro della campagna elettorale. Qualcuno non l’ha messi nemmeno nel programma in cui la politica internazionale appariva solo per parlare di immigrati da rispedire a casa. I programmi si sono concentrati quasi tutti, pragmaticamente, sulle cose da fare e su temi strettamente nazionali. Il pragmatismo avanza.

La governabilità?

Nessuna coalizione e nessun partito ha la maggioranza per fare un governo. Il grande tema mediatico del “voto utile” ha ridotto quasi tutti quelli fuori dal gioco a un qualche zero virgola; eccezione per Potere al Popolo, lista di sinistra dal basso che però non raggiunge il quorum e ai sardisti di Autodeterminatzione, anche loro lontani da eleggere un deputato.

Nessuno dei partiti o coalizioni ha i numeri per governare. Da domani le alchimie politiche saranno in moto, anche se è presto per capire in che direzione.