Roberto Savio, giornalista e analista di politica globale, e la giovane artista iraniana Zara Kiafar hanno raccontato l’Iran di oggi, le proteste che lo infiammano ma anche le ragioni storiche e le difficoltà che lo hanno portato a un vero e proprio punto di rottura, mentre l’ayatollah Khamenei dà la colpa a Stati Uniti e Israele. Come andrà a finire?

In 150 città di tutto il mondo si sta manifestando per sostenere le proteste in corso da due settimane in Iran per la morte Mahsa Amini, la ragazza di 22 anni picchiata brutalmente dalla Polizia Morale perché accusata di non indossare il velo in modo corretto.

Cortei di donne a capo scoperto mostrano la foto della vittima, bruciano lo hijab, si tagliano i capelli al grido di “Donna, Vita, Libertà”. Non sono sole, giovani uomini marciano con loro mentre dalle finestre e dai balconi chi non ha avuto il coraggio di camminare al loro fianco li accompagna con grida di supporto, o suona il clacson dalle auto. Ma se la miccia è stata l’imposizione dello hijab alle donne, la protesta ha via via preso corpo contro l’intero impianto del regime teocratico dell’Ayatollah e contro la dittatura dell’integralismo religioso.

Incuranti del rischio, migliaia di persone sfidano la morte per cambiare il proprio paese, purtroppo ad oggi almeno quasi un centinaio di loro la ha trovata. Migliaia gli abusi e gli arresti, tra cui quello di una ragazza italiana, Alessia Piperno.

“Non è la prima ragazza che viene uccisa, circa 12 anni fa la polizia aveva sparato a una ragazza davanti all’Università di Teheran” dice Zara Kiafar, 25 anni, giovanissima pittrice iraniana che vive a Roma. “Però non se ne è parlato. La sua morte, come tantissime altre, è rimasta nel silenzio. Stavolta è diverso, stavolta le nuove generazioni sono sempre più coraggiose. Già mia madre è più coraggiosa di mia nonna che per esempio ha sempre condannato questo tipo di proteste. Però mia madre ha ancora molta paura di togliere il velo, come ne avevo io quando ero più piccola. Ti inculcano in testa che se non lo porti vai all’inferno e tu finisci per crederci. Ma ora la generazione dopo la mia è completamente libera da questo terrore, è piena di coraggio e di consapevolezza, conosce molto meglio cosa ci sia fuori dell’Iran. Già i bambini di nove, dieci anni sono “miscredenti”. Ho visto la foto di una ragazza a cui il governo ha ucciso la madre. Si è fotografata con i suoi capelli tagliati chiusi in un pugno accanto alla tomba. La sua faccia era senza espressione, come se non stesse provando nessun sentimento. L’unica cosa che si poteva vedere su quella faccia è la forza, il potere, non avere paura di niente perché ha già perso tutto. La nuova generazione del popolo iraniano è così coraggiosa perché ha già ha perso tutto, l’infanzia, la giovinezza. Le persone non vogliono più vivere così.”

Sembrerebbe dunque che la storia dell’Iran abbia preso una direzione precisa, che i suoi cittadini stiano cercando di rompere il muro dell’integralismo con una solida consapevolezza dei diritti umani. Ma nonostante questo sia evidente agli occhi di tutto il mondo, l’ayatollah Ali Khamenei ha gridato a un complotto da parte degli Stati Uniti e Israele, storicamente anti-Iran, e che starebbero dietro alle proteste. Perché tanto coraggio ha infiammato la popolazione in Iran e non in altri stati integralisti? E quale sarà il futuro del paese? Lo abbiamo chiesto a Roberto Savio, giornalista globalista e analista di politica internazionale:

“Per capire la situazione in Iran bisogna considerare che ci sono due Iran: l’Iran del mondo rurale, quello interno, e l’Iran delle città. In quest’ultimo è concentrata la maggior parte della popolazione. Solamente a Teheran sembrerebbe che ci siano tra i 7 e gli 11 milioni di abitanti, alcune fonti parlano addirittura di 13 milioni. Teheran non ha niente a che vedere con quello che si può incontrare viaggiando nell’interno del paese. Sono due mondi diversi.

Se poi lo paragoniamo all’Arabia Saudita, preferita da sempre dagli Stati Uniti in funzione anti-Iran, ci troviamo di fronte a due evoluzioni storiche diverse. L’Arabia Saudita è un paese ancora feudale, dove i diritti umani sono completamente ignorati, le donne sono sottomesse per impianto culturale, non solo per imposizione religiosa. Solo qualche università è vagamente moderna, non ci sono chiese, non ci sono sinagoghe, c’è qualche edificio moderno. L’Iran invece è un paese con università di altissimo livello, il paese ha conquistato il suo spazio mondiale in molti settori, cinema, teatro, arte, architettura. Teheran ha costruzioni in architettura moderna veramente impressionanti. La scelta degli USA di preferire l’Arabia Saudita, per la ripicca sulla rivoluzione iraniana, li ha alleati con personaggi come Bin Salman, che è ufficialmente un assassino, ma siccome ha il petrolio ci si può andare d’accordo.

Dunque, tornando ai due volti dell’Iran, quello rurale è simile all’Arabia Saudita e quello moderno è sulla linea dei paesi europei, ovviamente con difficoltà di modernizzazione. Non bisogna dimenticare infatti che l’Iran è uno dei pochissimi paesi al mondo colpito da sanzioni da moltissimi anni, esattamente dal 1974. Sanzioni imposte dagli Stati Uniti e di conseguenza da tutti i loro alleati. Quindi tutto quello che si trova in Iran è prodotto locale, niente viene importato.

Ma la cosa importante da considerare è che prima dell’arrivo degli integralisti nel ‘73, il paese era completamente allineato con l’occidente. Con l’arrivo dell’Ayatollah Khomeyni, macchinato dagli Stati Uniti, l’Iran ha subito uno shock e si è completamente fermato. Successe che lo scontento popolare nei confronti dello scià, causato dai suoi sprechi di denaro e dalla sua lontananza dai cittadini, portò ad una grandissima rivolta di massa capeggiata dai commercianti dei bazar. A quel punto USA e paesi occidentali rispedirono Ruhollah Khomeyni in Iran. Era in esilio a Parigi, i francesi gli dettero l’aereo, e tornò dicendo che stava portando la democrazia. Per i primi sei mesi lasciò al potere un personaggio democratico che poi fece fuori per instaurare il regime teocratico che dura ancora oggi e che è l’unico al mondo. Nemmeno in Arabia Saudita è così. Il governo è fatto dagli ayatollah, sono loro che comandano. Sono i profeti che proteggono la legge del Corano. C’è un libro che raccoglie le regole per fare tutto: come mangiare, come bere, come fare l’amore, come dormire, tutto prescritto in modo millimetrico, ed è ancora in vigore. L’attuale Ayatollah Ali Khamenei è molto scaltro e intelligente ma continua a imporre un mondo che non ha più senso. Dopo un lungo silenzio per cui qualcuno lo aveva dato addirittura per morto, ha dato la colpa delle manifestazioni ad un complotto da parte di Israele e degli Stati Uniti. Così facendo, in sostanza appoggia la repressione del presidente Ebrahim Raisi, che alla fine è un suo clone.

Dal ’73 ad oggi, gli ayatollah hanno creato un sistema di potere intriso di corruzione per cui ci sono forti interessi affinché restino. Per esempio, hanno creato il corpo dei Guardiani della Rivoluzione che ha stipendi e trattamenti migliori dell’esercito. Il paese dunque è corrotto in senso strutturale. Ma c’è anche un’enorme corruzione in senso reale. Un esempio pratico e semplice: sono proibite le antenne paraboliche per evitare che le persone possano vedere programmi di altri paesi e invece ogni casa ne ha una. Come sono entrate nel paese? La dogana le avrebbe dovute bloccare alla frontiera. Anche se i Guardiani della Rivoluzione le rompono tetto per tetto, regolarmente vengono ricomprate, ma da chi? E da dove vengono? A Teheran si può ordinare il vino con consegna a domicilio anche se è vietato bere alcolici. È chiaro che c’è una corruzione diffusa enorme. E gli ayatollah non sono solo un gruppo religioso ma il volto di un potere molto strutturato”.

Quindi sembrerebbe che la corruzione dei privilegiati iraniani abbia paradossalmente aperto le crepe nel muro dello stesso regime teocratico che l’ha generata, esponendo la popolazione all’influenza del mondo globalizzato. Internet e i social, anche se oscurati, sono accessibili con sistemi alternativi?

“Un modo per connettersi si trova sempre” conferma Zara Kiafar. Roberto Savio continua a spiegare:

“Dall’epoca della prima rivoluzione ad oggi ci sono 42 milioni di nuovi iraniani. Questi, a parte gli ayatollah, sono totalmente immersi nel mondo contemporaneo. Oltre alle università e alle scuole, a Teheran ci sono sinagoghe e chiese cattoliche, a differenza di altri paesi musulmani. D’altra parte bisogna ricordare che gli iraniani sono sciiti, non sunniti. Tutti gli attentati del terrorismo islamico nel mondo, a parte quello di Buenos Aires, sono stati fatti dai sunniti.

Questa imposizione del velo e i riti che il sistema teocratico vuole mantenere sono fuori dalla storia oramai, la gente non ne vuole sapere. La novità è che le donne hanno preso la leadership del movimento e i giovani dai 18 ai 35 sono in rivolta. La polizia li arresta, li ammazza ma loro pur di ribellarsi corrono il rischio di morire. La seconda novità è che oltre allo slogan “Donna, Vita, Libertà”, si grida “presidente assassino”. Una cosa del genere solo 6 mesi fa era impensabile.

E a testimoniare i passi avanti bisogna analizzare le reazioni a queste proteste. L’Iran rurale, quello interno, è rimasto zitto, non ha preso posizione contro le manifestazioni. Bisogna considerare che questo mondo rurale ha davanti a sé dieci, quindici anni di vita, non di più, perché anche lì i giovani hanno tutti il telefonino e sono sui social, quindi sono collegati con il mondo. Anche l’Iran interno è destinato a cambiare.

Anche personaggi importanti come gli ex presidenti riformisti Hassan Rouhani e Mohammad Khatami non hanno detto nemmeno una parola di condanna. Nemmeno le forze armate si sono pronunciate. Il silenzio da parte di un settore importante è enorme. Se non dicono nulla è una dichiarazione. E la gente che non è nel corteo comunque appoggia suonando il clacson, gridando da finestre e balconi “a morte il dittatore”. Sono cose mai viste prima.

A livello internazionale, la firma del negoziato nucleare ha un grosso peso sulla situazione dell’Iran. Lo scorso luglio il trattato stava per essere firmato ma poi è stato fermato. La speranza di tutte queste persone progressiste che stanno protestando è che venga firmato. Se coì non sarà, temono di sprofondare nella miseria più disperata. Le sanzioni non verrebbero tolte e il paese è già in una crisi sociale e economica gravissima che il protrarsi delle tensioni non può che peggiorare. Lo zoccolo duro integralista invece rema contro.

Anche la Russia ha molti interessi affinché il regime teocratico non cada, altrimenti l’Iran diventerebbe pro occidente. Allo stesso tempo la Russia però è diventata concorrente dell’Iran per la vendita di petrolio alla Cina mentre l’Iran la sta aiutando nel conflitto con l’Ucraina inviandole droni. Quindi Putin dovrà decidere ad un certo punto cosa fare e come schierarsi”.

Come andrà a finire? Cosa sarà dunque di questo paese?

Savio pronostica: “L’Iran va verso una lenta agonia dove ci saranno continuamente manifestazioni e repressioni fino a che cambierà la caratteristica socio culturale del paese a un punto tale che gli integralisti non si potranno più mantenere. Tempo forse 10 anni”.

Rimane il grande punto interrogativo sul dopo, come ha detto la giovane artista Zara Kiafar: “La Repubblica Islamica è finita comunque, non può andare avanti secondo me, però sono preoccupata. Tutto in Iran è distrutto: la natura, i boschi, i monumenti, i castelli storici, le risorse sono finite. Quando prima o poi questo regime se ne andrà, al suo posto che cosa arriverà? Chi riuscirà a governare questo paese bellissimo però oramai distrutto?”