Sinistra. Da Riace vedo prioritari: l’emergenza umanitaria, i profughi tutti, la pace, il cessate il fuoco subito di scontri armati e violenze sui civili, lo stop all’invio di armi ai paesi in guerra. La mia ambizione è quella di riuscire a svolgere un ruolo di cerniera, di ponte tra le diverse e sparse anime della sinistra, un “intero popolo” che in Italia vuole tonare a impegnarsi

Intervengo in seguito a quanto scritto sul Manifesto in questi giorni dai compagni sulle prossime elezioni europee. Mi rivolgo subito a Michele Santoro, visto che sulle questioni prioritarie fortemente dirimenti, della pace e della cessazione immediata degli scontri armati, delle violenze sui civili inermi, dello stop all’invio di armi ai Paesi in guerra, la sua è stata la voce più convincente.

A Riace, lo scorso 20 dicembre, abbiamo portato avanti lo stesso tentativo, abbiamo proposto un appello per l’unità delle sinistre, immaginando una sinistra autentica, unita e aperta all’incontro con tutti i movimenti, gli attivisti e le organizzazioni di base, da sempre schierate per la pace, l’accoglienza e la solidarietà tra i popoli.

Il tema che sento più urgente è senza dubbio legato alle emergenze umanitarie, alla drammatica attualità che stiamo vivendo per le guerre in Palestina, Ucraina, Rojava ed altre parti del mondo. Mentre però la resistenza ucraina è stata sostenuta e ugualmente l’accoglienza dei profughi ha avuto corsie preferenziali, nulla è stato fatto per la questione palestinese, per il dramma di quel popolo, per il genocidio che si sta consumando sotto gli occhi del mondo.

Così come nulla si sta facendo per il popolo curdo del Rojava che ha avuto un ruolo fondamentale per contrastare l’Isis, per poi essere abbandonato e subire la violenta repressione fascista del governo turco. Non dimentico che l’accoglienza ai rifugiati politici a Riace si è avvalsa nella fase iniziale di un grande amico del popolo curdo, il compianto Dino Frisullo.

Oggi siamo di fronte al dilagare della destra portatrice dappertutto di una visione disumana della società, che crea segregazioni, lager, centri di detenzione e di deportazione, a volte appaltandoli a stati esteri come il governo Meloni con l’Albania che danno l’idea, per dirla con l’insegnamento di Franco Basaglia, di «un’enorme sala anatomica dove la vita ha l’aspetto e l’odore della morte».

Di fronte a tutto ciò è necessario ribadire una visione non personalistica dell’impegno politico, ma con l’entusiasmo di allargare l’orizzonte ai contributi che provengono dai territori e con la consapevolezza di partecipare ad un progetto più grande. Al contempo, mi rivolgo a tutti coloro che hanno a cuore le sorti di chi subisce oppressioni e umiliazioni, alle forze della sinistra radicale e moderata, ai tanti giovani e adulti laici e cattolici impegnati nel volontariato sociale e aperti ad una società multiculturale, a quanti pensano che questo mondo sia ingiusto e non si arrendono, impegnandosi nella resistenza contro la sopraffazione di mafie e potentati economici. Insieme abbiamo la speranza di un altro mondo possibile.

Una speranza che si rinnova attraverso segnali incoraggianti che colgo dalle parole di De Magistris, Acerbo, Santoro, Fratoianni, Bonelli, di tutti i compagni che si sono riconosciuti intorno all’esperienza di Riace.

Occorre in primo luogo sconfiggere l’indifferenza. Ciò significa in primo luogo trovare il coraggio della propria differenza. La vicenda giudiziaria che ha riguardato me, la comunità di Riace, credo sia intrinsecamente legata a questa visione. Un aiuto fondamentale alla comprensione di quello che è avvenuto a Riace è stato per me avere incontrato Luigi Ferrajoli, giurista di fama, il quale ha affermato, dopo aver approfondito l’argomento e leggendo gli atti, che la cabina di regia è stata il neoliberismo e i corposi interessi messi in campo per distruggere un messaggio politico giudicato pericoloso, che si basava sul riscatto degli oppressi e si collegava alla rinascita delle aree interne, dei borghi, abbandonati a seguito dell’avanzare della società dei consumi, plasmata dal libero mercato e dal profitto. Così come Luigi Manconi è stato determinante nel rilanciare l’accoglienza a Riace attraverso la raccolta fondi lanciata all’indomani della sentenza di primo grado, quando tutto sembrava essere perduto e che ha dato, invece, nuova linfa al “villaggio globale”.

Oggi è quanto mai necessario ripartire da questa connessione con i luoghi e con le persone che subiscono la privazione dei diritti umani fondamentali avendo come stella polare l’uguaglianza sociale: senza uguaglianza non ci può essere umanità, né legalità.

Il neoliberismo ha nella sua struttura il tarlo perenne dell’ingiustizia e della barbarie. È questa la dimensione della destra; facciamo in modo di costruire insieme tante sacche di resistenza. La mia ambizione è quella di riuscire a svolgere un ruolo di cerniera tra le diverse anime della sinistra, un ponte tra le sinistre sparse in mille rivoli. Vi è un intero popolo di sinistra in Italia che vuole impegnarsi e tornare a scrivere una nuova storia collettiva fatta di diritti, di benessere diffuso e di umanità e a cui bisogna insieme dare gli strumenti per essere rappresentata. Questo è l’appello che mi sento di rivolgere a tutte le sinistre in vista delle elezioni europee: uniamoci.

Domenico Lucano