Un giorno ci si sveglia e toh… bada che roba, è scoppiata la guerra alle porte.
Allora si indicono comitati di protesta, si incita alle sanzioni, l’indignazione pubblica viene dispensata a piene mani, sit-in, manifestazioni, ecc. ecc.

Eppure nessuno in questi ultimi due anni si è posto mai una domanda sul perché nonostante il Pil mondiale calasse per via della pandemia, la spesa militare globale crescesse e poi crescesse ancora, ogni anno, così da oltre 10 anni.

Anche nel 2020 e pure nel 2021 nonostante l’emergenza, la spesa militare e per le armi ha continuato a crescere.
Non solo, ha mostrato persino notevoli incrementi rispetto agli anni precedenti.
Qualcuno forse si è mai domandato come mai durante una crisi sanitaria, le spese sanitarie in Italia siano calate del 21% mentre le spese militari crescessero del 38%?

Eh sì… lo so bene che eravamo tutti troppo impegnati ad ascoltare i televirologi che ci parlavano come fosse antani, a vedere Pitti mascherina autunno/inverno 2020-2021, a prepararci per la fine del mondo in diretta televisiva con la D’Urso per via delle casalinghe che portavano a spasso il cane, a darci la colpa a vicenda, ecc. ecc.

Eh beh intanto che eravamo impegnati in queste cose, nel 2020, la spesa globale militare ha superato 2.000 miliardi di dollari con un aumento del 2,6% rispetto al 2019 e del 9,3% rispetto al 2011.

Questo stando al rapporto dello Stockholm International Peace Research Institute il maggior e più accreditato istituto mondiale di raccolta dati sulla spesa destinata agli armamenti.
Sono numeri record se si confrontano con quelli degli anni precedenti fino alla fine della Guerra Fredda.

I principali Paesi che hanno registrato una maggiore spesa militare sono stati gli USA con 778 miliardi di dollari (+4,4% rispetto al 2019), Cina con 252 miliardi di dollari (+1,9% rispetto al 2019) India e Russia con una spesa rispettivamente di 72,9 e 61,7 miliardi.

Anche nella nostra cara vecchia Europa si è registrato un aumento della spesa militare nel 2020 pari 378 miliardi di dollari (+4%).

Francia Germania e Italia i paesi europei che hanno speso di più, le cui quote di spesa si aggirano intorno ai 50 miliardi per le prime due, e 23 miliardi per la povera l’Italietta, tanto da non potersi permettere nuovi posti letto ospedalieri, ma mai abbastanza da non potersi permettere di spendere soltanto in armi quanto una pesante manovra finanziaria.

Interessante anche leggere dal rapporto che alcuni Paesi come ad esempio l’Ungheria, hanno voluto aumentare la spesa militare “come parte di un pacchetto di stimoli finanziari in risposta alla pandemia”.

Un aspetto significativo che da un lato fa capire come il Covid, per alcuni Paesi, è stato considerato una guerra, nel vero senso del termine, per cui era necessaria una “corsa agli armamenti”; dall’altro lato possibilmente c’è una idea sottostante secondo la quale come in ogni economia di guerra, un aumento della spesa militare possa essere associata ad una ripresa economica.

Ma in fondo care Signore e cari Signori, ci avevano ben abituato in questi due anni con parole chiave come, “guerra al virus”, “coprifuoco”, “lockdown” (termine tutto militare) e ancora, “renitenti da fucilare” per i disertori del trattamento sanitario, e che dire dei bollettini quotidiani dei morti mese dopo mese, anno dopo anno, che nemmeno nel 1942 sotto i bombardamenti nei bollettini di guerra, si era arrivati a una tale lena nello sbattere in faccia morte e numero di morti alla popolazione.

E d’altronde mica è un caso che sul PNRR l’industria bellica abbia già iniziato da tempo a fare una costante attività di “pressione” sul governo e sui suoi rappresentanti.

Cinque anni, quelli che vanno dal 2016 al 2020 che insieme al quinquennio precedente 2011-2015, hanno registrato il livello più alto di trasferimenti di sistemi d’arma dalla fine della Guerra Fredda in poi.

A livello mondiale, la vendita di armi delle più grandi aziende produttrici, nel 2020 corrisponde a 531 miliardi di dollari, un aumento dell’1,3% rispetto al 2019, a dimostrazione di come nel 2020, nonostante la devastante crisi economica abbia coinvolto interi settori, e tutto si sia bloccato, compreso le persone, gli ordini e le consegne di armi non si sono mai fermati.

Interessante vedere dal rapporto anche chi siano i 5 maggiori esportatori di armi, USA, seguiti da Russia, Francia, Germania e Cina.

Come in fondo si sa altrettanto bene dalla recente storia di guerre degli ultimi decenni, che le armi prodotte prima o poi vanno sempre consumate.

Illuminante anche notare nel rapporto, come nel momento in cui l’economia globale si contraeva per via della pandemia, la vendita di armi della Top 100 selezionata dal rapporto è aumentata.

I dati desunti dal rapporto ci dicono anche un’altra cosa, la relazione strettissima tra settore industriale e le istituzioni pubbliche che fanno delle scelte precise in ambito militare e di armamenti.
A tal proposito, lo scorso agosto, mese passato alla cronaca per il ritiro degli USA dall’Afghanistan, uscì un articolo su “The Intercept” in cui si metteva in luce che avendo acquistato nel 18 settembre 2001, 10.000 dollari di azioni tra i primi cinque appaltatori della difesa americana, (Nota bene: il 18 settembre 2001 è il giorno in cui il presidente George W. Bush firmò l’autorizzazione per l’uso della forza militare in risposta agli attacchi terroristici 9/11) – ecco ora quelle stesse azioni varrebbero 97.295 dollari. Una speculazione netta del +972%.

Eh sì Signore e Signori miei, forse ci è sfuggito qualcosa, o anche più di qualcosa, ma d’altronde bisognerebbe fare tesoro di quel che diceva Pietro Chiocca, venditore spregiudicato di armi, protagonista di uno stupendo film degli anni 70′: “Finché c’è guerra c’è speranza”, interpretato magistralmente da Alberto Sordi.

Pietro Chiocca, commerciante milanese di pompe idrauliche riconvertitosi a un più lucroso commercio internazionale di armi, passa la propria vita in giro per i paesi del Terzo Mondo, dilaniati dalle guerre civili.
Grazie a una sottile operazione dello stesso Chiocca, il quale diviene dipendente di un’industria più importante, la sua famiglia già benestante e residente nel centro di Milano può finalmente trasferirsi in una lussuosa villa nel verde del quartiere residenziale La Pinetina di Appiano Gentile.

Tutto procede nel migliore dei modi, finché un giorno un giornalista del Corriere della Sera, che sotto copertura gli aveva procurato il contatto per la vendita di armi a un movimento di liberazione nazionale nello stato africano di lingua portoghese Guinea-Bissau, denuncia all’opinione pubblica l’operato di Chiocca con un articolo dal titolo «Ho incontrato un mercante di morte».
La famiglia di Chiocca lo viene a sapere leggendo l’articolo di denuncia sul giornale. Il giorno stesso il mercai di armi viene malamente svegliato e messo dinanzi alla famiglia riunita con l’articolo di denuncia sul tavolo a indicare la sua foto.
Davanti alle accuse indignate di tutto il parentado presente, solo lo zio prende timidamente le difese di Chiocca dicendo: “di quel giornale tra 15 giorni nessuno si ricorderà piu’”…

Pietro Chiocca allora in un bellissimo monologo si rivolge a tutta la famiglia in un discorso che dovrebbe diventare materia d’insegnamento a scuola:
”… Non ho nessun risentimento per quello che mi avete detto… Posso anche cambiare mestiere guadagnando 300.000 o 400.000 lire al mese, cifra con la quale una famiglia può vivere decorosamente se si pensa che un pezzo del mondo ha un reddito pro capite di 30 mila lire l’anno, ma non come voi, non come abbiamo vissuto noi fino ad ora cara moglie, cari ragazzi, e tu caro zio che viaggi solo sulla Jaguar e tu cara suocera che a 70 anni ti fai una dentiera smontabile di 3 milioni e mezzo di lire… Perché vedete le guerre non le fanno solo i fabbricanti d’armi e i commessi viaggiatori che le vendono, anche le persone come voi le famiglie come la vostra, che voglio, voglio e non si accontentano mai: le ville, le macchine, le moto, le feste, il cavallo gli anellini i braccialetti le pellicce e tutti i cazzi che ve se fregano, costano molto! E per procurarseli, qualcuno bisogna depredare, ecco perché si fanno le guerre!”.

Così davanti allo sdegno e al disprezzo dei suoi familiari, Chiocca si offre di tornare al suo vecchio e onesto lavoro ma questi, posti di fronte all’alternativa di rinunciare alle comodità e ai lussi cui sono ormai abituati, preferiscono ignorare l’origine dei guadagni del loro capofamiglia e il giorno dopo, tutto ritorna come prima.

Così come d’altronde per evitare di svegliarsi di soprassalto, sudati nel cuore della notte, e ritrovarsi straniti di fronte alla guerra, bisognerebbe ricordarsi e tenere sempre bene a mente la storica frase di Ernesto Balducci: “Se vuoi la pace prepara la pace”.