Il paesaggio è bellissimo e il contrasto non potrebbe essere più stridente. Da una parte la pista perfettamente innevata sotto il blu che splende del sole di gennaio, turisti che scendono beati zigzagando o anche a piedi. Dall’altra fitta schiera di agenti anti-sommossa che bloccano la strada.

Due cartoline che coesistono nello stesso spazio-tempo, che descrivono come meglio non si potrebbe lo scontro di mondi che da tempo si consuma in questo tratto di arco alpino: il nostro contro il loro.  Siamo poco fuori Clavière, cittadina al confine con la Francia e destinazione della lunga carovana di macchine, una sessantina, che domenica 23 gennaio si sono date appuntamento a San Didero in bassa Val di Susa, per raggiungere quest’area di frontiera teatro nel maggio scorso della manifestazione che ha visto incriminato e ormai estradato in Francia il NoBorder (oltre che NoTav) Emilio Scalzo.

Carovana variopinta, rumorosa, sventolante di bandiere. Da San Didero passando per Bussoleno, Susa, Chiomonte, Oulx, ovunque lasciando volantini, striscioni appesi, rievocando anche in francese dentro il megafono la storia di Emilio. L’accusa è di violenza contro pubblico ufficiale e il Mandato di Arresto Europeo è risultato inappellabile.

Qualche giorno fa è stata negata anche la richiesta di misure alternative alla detenzione nel carcere di Aix Luynes, alla periferia di Aix en Provence, oltre 300 km lontano dai familiari. “Pericolo di fuga”: questa la motivazione. Si è fatto appello, si spera in un diverso giudizio fra qualche giorno. Nel frattempo si cerca di far sapere.

Un turista che per caso si trovava a scendere a piedi lungo la statale, a un certo punto si avvicina al veicolo fermo ormai da un po’, quello dove ci sono gli altoparlanti che amplificano gli interventi al microfono: “Mais dites moi, qui est-il, cet homme, Emiliò… cosa ha fatto… pourquoi est-il en prison…”

Una compagna francese riassume nel controluce di questa vicenda l’altra faccia di queste montagne che non sono solo piste da sci, o per il golf quando viene l’estate – ma violenza della polizia che giorno e notte cerca di ostacolare il passaggio dei “sans papiers”, con le conseguenze a volte tragiche di cui però nessuno parla.

Ed ecco spiegato il senso di questa spedizione a Clavière, se non ci fosse stata la gendarmerie a sbarrare la statale: del caso Emilio Scalzo, in prigione per un reato a tutti gli effetti presunto ma ancora da giudicare, soggetto a un’estradizione “cautelare” che non ha precedenti, si sa pochissimo in Italia e ancor meno in Francia. Ed è urgente far sapere. Non solo del suo caso, ma di ciò che rappresenta.

 

“Sotto accusa è l’intera lotta alla frontiera. Emilio è sempre stato accanto agli ultimi e agli sfruttati, e quindi in prima linea ad aiutare chi, senza il ‘buon documento’ si ritrovava costretto ad attraversare questa frontiera di nascosto, braccato dalle polizie. (…) Attendiamo la risposta del secondo giudice, che si esprimerà nel giro di pochi giorni. Rilanceremo iniziative di solidarietà nel caso la risposta negativa venga confermata. Contro la violenza della polizia! Emilio libero! Nessun* è illegale!” conclude un post dal sito www.passamontagna.info che ringraziamo anche per il testo che segue, per registrare l’ennesimo cadavere rinvenuto i primi di gennaio nei pressi di Modane, l’ultimo della serie: “…Nessun giornale italiano ha riportato la notizia…”.

Lo facciamo qui su Pressenza e continueremo a seguirle anche in seguito, queste storie di bella e difficilissima solidarietà, di generosità che invece di essere premiata viene punita con la forza, di comunità che si mobilitano e si affratellano lungo le varie rotte della migranza in Italia: da Trieste a Lampedusa, da Riace a Clavière.

La montagna non dimentica… e ricorda

Domenica 2 gennaio 2022 è stato recuperato un cadavere nel bacino del Freney, a valle di Modane. Il corpo è di Fahat, un ragazzo marocchino di 31 anni, arrivato in Francia attraverso l’Italia tra il 29 dicembre e il 1° gennaio. Nessun giornale italiano per ora riporta questa notizia. Sole sette righe di un giornale locale francese sono dedicate a questa ennesima morte di Stato.

La frontiera tra Val Susa e l’area di Briançon continua a uccidere in silenzio. Questo è l’ottavo morto in tre anni. Che mai sarà un morto in confronto alla bella stagione turistica appena finita? Ora tutti però al lavoro: tornate nelle celle cittadine e a produrre, a testa bassa. A produrre un progresso promesso per un sistema malato da millenni, che ormai ha bisogno di muri solo per i più sfruttati, gli ultimi, gli invisibili: al resto del gregge basta la paura, la paura del prossimo, gli addomesticati, anestetizzati al dolore altrui.

Qui la montagna non dimentica… qui la montagna non perdona… qui la montagna ha memoria…

E ricorda

Mohamed Ali Bouhamdi (Alpha), 7 settembre 2019. Il corpo senza vita era stato avvistato verso sera da un passante sul greto della Dora. Decomposto, irriconoscibile, si riusciva a capire solo il sesso (maschile) e il fatto che la sua pelle era scura. Riconosciuto molto tempo dopo grazie a un tatuaggio.

Ricorda

Derman Tamimou, 29 anni, 6 febbraio 2019. Morto per assideramento, trovato da un camionista quasi sepolto dalla neve sulla strada statale 94 del colle del Monginevro. Semiassiderato, è stato portato all’ospedale di Briançon dove è morto poco dopo.

Ricorda

Mamadou-Alpha Diallo 20 anni, 29 maggio 2018. Il suo corpo è stato trovato senza vita sopra Les Alberts, un villaggio prima di Briançon. Tre giorni prima, Ibrahim, il suo amico, era “arrivato completamente stravolto al rifugio di Briancon. Non mangiava da molto tempo, era così sconvolto che non riusciva a deglutire. Ha parlato del suo amico, che, caduto, non si era svegliato”.

Ricorda

Mohamed Fofana, 28 anni, 25 maggio 2018. Sul versante italiano delle Alpi, non lontano da Bardonecchia, il suo corpo senza vita, rannicchiato in un anfratto del terreno, è stato ritrovato da un cacciatore. Secondo la polizia transalpina, “avrebbe trascorso lì l’inverno”. Ci sono voluti più di due mesi per capire di chi si trattasse.

Ricorda

Blessing Matthew, 21 anni, 8 maggio 2018. Intorno alle 5 del mattino, quando il confine era ormai stato attraversato da molto tempo e la notte di marcia stava per finire, cinque agenti di polizia sono comparsi di fronte a lei La Vachette, villaggio a 3 km da Briançon. Lei riesce a scappare dopo una perquisizione per annegare poco dopo, non nel Mediterraneo, ma a 1.400 mt sulle Alpi: i suoi resti sono finiti nei filtri di una diga, sfigurati dalla violenza delle acque della Durance in cui è caduta.

Noi, le persone che viviamo questa valle, non perdoniamo chi ha trasformato queste bellissime montagne in un cimitero di ragazze e ragazzi giovani, forti e in salute.

Il braccio armato della bestia. Polizia. Gendarmerie. Militari, PAF (la polizia di frontiera). Chasseurs alpin (gli alpini). Pedine, mosse e comandate dall’alto. Sono loro la croce di questa tomba. La frontiera uccide attraverso le sue divise. Le “forze dell’ordine” sono il braccio armato di questo dispositivo di selezione ed esclusione. Le forze dell’ordine sono la vera frontiera. I mandanti sono i politici, gli interessi privati che rappresentano.

La repressione degli sbirri verso i “migranti”, i “sans papiers”, i rifugiati, “i clandestini”(qualunque nome pur di non chiamarle persone) si traduce in omicidio visibile su queste montagne, ma inizia da molto più lontano. Viviamo in una fortezza chiamata Europa difesa da mura e da persone che lavorano per Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera). Negli Stati europei ovunque la polizia perpetua retate nelle strade delle città, ed effettua sempre più blocchi specifici a caccia di chi un documento o un green pass non ce l’ha, per minacciarlo o chiuderlo in un CPR (i moderni campi di concentramento).

La morsa del virus dopo due anni di repressione diffusa si stringe sempre più.

Da quando è partita la pandemia, per spostarsi serve un altro documento, un altro codice, e se non lo hai non puoi entrare a scaldarti neanche per un caffè o un tè caldo, neanche se fuori è sottozero. Se la polizia ti ferma per strada e non hai il certificato verde e validi documenti identificativi, ti può portare in un CPR, ogni volta che quest’ ultimo si svuota: la macchina di carne umana illegale, diretta dai padroni del dio denaro. Ogni divisa che risponde all’imperativo di selezione è diretto responsabile di un genocidio globale che sta avvenendo in questo momento su più confini mondiali.

In queste vacanze di Natale queste montagne sono state tranquillamente attraversate da migliaia di persone, in auto, in bus o in treno o ancora meglio sciando e passeggiando. Una di loro però, considerata illegale, si è fermata per sempre lì, sotto una diga nei pressi di Modane. Chi continuerà a guardare dall’altra parte pensando che va tutto bene è complice di questa ennesima morte, ampiamente preannunciata.

L’autodeterminazione delle persone di passaggio in Val Susa non si è mai fermata e continua ogni giorno senza sosta.

Su www.passamontagna.info il testo integrale, insieme a continui aggiornamenti anche in francese e inglese.