I manifestanti chiedono che si metta fine alle torture sui rifugiati eritrei in Libia. Mediterranea Saving Human: “Un fatto storico che i migranti in Libia abbiano iniziato a organizzarsi”.

La Libia fa il lavoro sporco per l’Italia, che fa il lavoro sporco per l’Europa, e tutti insieme fanno il lavoro sporco contro l’umanità”. È la denuncia di Abram Tesfai, attivista del Coordinamento Eritrea democratica, che questa mattina ha protestato insieme con altri 50 connazionali di fronte all’ambasciata libica di via Nomentana, a Roma.

I manifestanti hanno chiesto che si metta fine alle violenze e alle torture sui rifugiati eritrei in Libia. Il 1° ottobre c’è stato un rastrellamento nelle case di profughi residenti a Tripoli e 3.000 persone sono state portate nel centro di detenzione di Al-Mabani, come riferito da media locali e internazionali. Durante l’operazione alcune persone hanno provato a scappare e la polizia libica ha sparato.

“Ci sono sei vittime e tantissimi feriti anche tra gli eritrei, ma molte persone sono scomparse e non sappiamo i dati esatti”, ha detto Tesfai. “Ora molti non hanno più una casa e da 20 giorni stanno protestando davanti alla sede dell’Unhcr per chiedere un posto dove stare e l’apertura dei corridoi umanitari, visto che molti di loro sono rifugiati e hanno diritto a essere ricollocati”.

L’attivista ha chiesto all’Italia e ai Paesi europei di accogliere i rifugiati eritrei bloccati in Libia. “Siamo qui davanti perché la violenza la vediamo in Libia, ma anche l’Italia ha grandi responsabilità”, ha concluso Tesai. “In questi anni siamo stati zitti perché sapevamo dei problemi in Libia e ci eravamo abituati, ma adesso è troppo”.

Presente al presidio anche una delegazione di Mediterranea Saving Humans, l’organizzazione impegnata dal 2018 nelle operazioni di salvataggio in mare. “Si tratta di un fatto storico”, ha sottolineato all’agenzia Dire Vanessa Cirillo, esponente dell’organizzazione. “I migranti in Libia hanno iniziato a organizzarsi e riescono continuamente a mandare immagini e comunicati sullo stato delle cose”. Cirillo ha infine ricordato l’impegno della società civile europea e italiana che “andrà avanti organizzandosi per cercare di supportare al meglio queste persone e perché si arrivi il prima possibile a una evacuazione immediata”.

L’articolo originale può essere letto qui