Questo articolo rappresenta la seconda parte dell’intervento dell’autrice in occasione dell’evento virtuale organizzato dal Centro di Studi Umanisti Nuova Civiltà il 23 luglio scorso, intitolato ‘Reddito di Base Universale e Incondizionato (RBUI), un diritto sospeso’. È la continuazione dell’articolo pubblicato su Pressenza l’ 11 agosto.

Quali strutture sociali e politiche, e quali convinzioni sociali crollerebbero con l’introduzione di un reddito di base universale (RBUI)? Non possiamo valutare adeguatamente tutte le conseguenze che ne deriverebbero, ma abbiamo potuto constatarne alcune dai risultati dei test pilota effettuati e possiamo intuirne altre.

Sulle credenze

Comincerebbe per esempio a crollare un modello insostenibile, e un altro inizierebbe a prendere piede, un modello in cui la sopravvivenza sarebbe dissociata dal lavoro.

D’altra parte, la convinzione che la ricchezza appartenga a pochi sarebbe messa in discussione. La ricchezza appartiene a tutti e deve quindi tornare a tutti, come abbiamo spesso affermato.

Un altro elemento che sarebbe messo in discussione è la cultura della meritocrazia, che facciamo nostra ma che risponde alla storia dei potenti per giustificare l’appropriazione dei beni comuni e la loro posizione di potere. Perché, se fosse per merito, molti dei super-ricchi dovrebbero trovarsi nella povertà più estrema e va da sé che se si parla di lavoro socialmente utile, ancora meno ricchi si salverebbero.

Un’altra convinzione che cadrebbe è che il lavoro nobilita. E’ un altro aspetto della stessa storia, un falso mito tra l’altro, la spina dorsale del sistema di credenze che sostiene questa società e nel quale siamo stati tutti formati. Naturalmente i lavoratori dovevano ricevere qualche “premio” per tanto sacrificio. L’occupazione ci dà dignità, ci dicono. E noi rispondiamo: siamo degni perché siamo nati esseri umani.

Un’altra credenza che cadrebbe è quella che afferma che un reddito di base genererebbe persone pigre. L’esperienza dei test pilota ci dimostra il contrario. Dà delle opportunità a chi lo riceve e incoraggia l’imprenditorialità di chi ne beneficia.

Ma l’attuazione di un reddito di base avrebbe anche altre conseguenze:

Metterebbe fine alla povertà una volta per tutte, e questa è una ragione sufficiente per difenderla. E con essa, avanzeremmo nella ridistribuzione della ricchezza e nella giustizia sociale… come abbiamo già sottolineato.

Sarebbero messe in discussione alcune relazioni di potere di una minoranza sulla maggioranza. Cambierebbe notevolmente il rapporto di dipendenza, schiavitù o semischiavitù di una buona parte di donne, di minorenni e anche di dipendenti, dei precari di cui parla l’economista britannico Guy Standing. Quanti lavoratori ricevono uno stipendio che non permette loro di coprire i bisogni più elementari nonostante lavorino un bel numero di ore al giorno!

Il lavoro minorile scomparirebbe e ciò permetterebbe a milioni di ragazze e ragazzi di avere accesso all’istruzione e a un maggiore sviluppo psico-fisico, ecc.

Influenzerebbe l’empowerment e il reale avanzamento delle donne, delle popolazioni indigene, delle minoranze… Migliorerebbero notevolmente le condizioni in cui vive una parte importante delle persone LGTB, dei disabili…

Se scomparisse la paura della fame, della povertà, della malattia e della morte ad esse associate, ci sentiremmo – forse – in grado di difendere altri diritti molto più apertamente.

In termini di politica, stiamo chiaramente parlando di un cambiamento di direzione. Perché parliamo di politiche che mettono al centro le persone, la Vita, e non una minoranza, come avviene oggi.

D’altra parte, un RBUI che genera più opportunità e più parità di opportunità per l’intera popolazione, aprirebbe senza dubbio un grande campo di possibilità di trasformazione in tutti i settori.

E forse, dico forse, un reddito di base potrebbe aiutare…

a democratizzare le istituzioni e l’intero sistema. Si potrebbero fare passi avanti nell’ “orizzontalizzazione” dell’intera società. Ciò potrebbe aiutare a costruire strutture sociali e politiche più inclusive e partecipative.

Avanzeremmo, senza dubbio, verso una società più saggia, più forte e più pacifica.

D’altra parte, e parlando di un altro aspetto, potendo disporre di maggiore tempo, avremmo più libertà. Ma non credo che sia garantito che questa libertà, una volta ottenuta, si trasformi automaticamente in libertà in tutti i settori.

Quindi, mentre assicuriamo le condizioni materiali per una vita dignitosa, dobbiamo promuovere la libertà delle idee e delle credenze, la costruzione di reti e comunità, l’educazione ai valori e alla libertà, l’educazione completa e permanente. Un’educazione che promuova tutte le capacità di ogni essere umano, compreso il suo sviluppo spirituale, un’educazione che proponga il senso profondo dell’esistenza… perché da lì, tutti gli altri aspetti saranno incentrati sul servizio alla vita, alle persone e alle comunità. Dovremo concentrarci su molti altri aspetti della vita sociale e individuale che influenzano la nostra liberazione, ma questa è un’altra questione.

Dovremo lavorare per recuperare ciò che appartiene a tutti noi.

Ora, a mio avviso un reddito di base non sarà concesso facilmente. Ovvero, ciò che appartiene a tutti non ci sarà facilmente restituito. Dovremo lavorare e unire le intenzioni in questa direzione, per ottenerlo.

Se le popolazioni conoscessero i grandi progressi che si potrebbero raggiungere in diversi settori e che influirebbero positivamente sulla loro salute, sull’allungamento della vita, se sapessero che c’è una ricchezza più che sufficiente per tutta l’umanità per vivere in condizioni dignitose… come cambierebbero le cose!

Amiche e amici, abbiamo bisogno – oggi – di popolazioni illuminate e mobilitate che sostengano politici coraggiosi che siano disposti a difendere i loro popoli.

Traduzione dallo spagnolo di Thomas Schmid. Revisione: Silvia Nocera