Qualcuno forse ricorda il rapimento delle due Simone?  Era il 2004, esattamente il 28 agosto, quando un commando armato fece irruzione negli uffici della Ong “Un ponte per…”, a Bagdad, e sequestrò Simona Torretta, 29enne romana e Simona Pari, anche lei 29enne, riminese.

Durante le trattative e ancor più quando furono liberate, esplosero fiumi di polemiche. Sui giornali anche allora già c’era chi scriveva che le due Simone avrebbero dovuto “starsene a casa propria”, come in fondo fanno tutte le brave ragazze, scrissero che la loro voglia di “avventura” ci “era costata cara”, scrissero che c’erano “tante persone bisognose in Italia da aiutare invece di andare in Iraq” a cercare rogne.

Al loro arrivo all’aeroporto le due Simone erano sorridenti, indosso avevano vestiti arabi, dei lunghi caftani colorati. Immediatamente il tono delle polemiche si alzò ulteriormente. Fu chiesto a gran voce perché il governo avesse pagato un riscatto per le due cooperanti, e quale fosse la somma.  All’epoca come adesso, i fautori della polemica probabilmente avrebbero voluto vedere due donne a capo chino e volto emaciato, di certo non vestite all’araba ma all’occidentale, possibilmente con lo sguardo basso, e anche con un’espressione di sofferenza e di provato pentimento, perché in quanto donne fragili e vulnerabili se erano state rapite, in fondo in fondo era anche colpa loro, insomma se erano lì per loro scelta, alla fin fine se l’erano andata a cercare.

Anche all’epoca le due Simone sostennero che erano state trattate bene dai loro carcerieri, per via di questa affermazione anche in quel frangente qualcuno scrisse che erano state più grate ai loro carcerieri che le autorità di governo e della Croce Rossa che ne avevano favorito la liberazione e che se erano state così tanto bene avrebbero dovuto rimanere in Iraq, invece che tornare in Italia, costandoci anche la somma per il riscatto.

 

Copione più o meno identico si ripeté poco dopo anche nel caso del sequestro di Giuliana Sgrena, la giornalista de il Manifesto. Il suo ritorno in Italia coincise con feroci accuse. Giuliana si trovava ancora in Iraq, ferita dal fuoco “amico” di un proiettile che le aveva bucato una spalla, con uno pneumotorace e sotto shock per aver visto morire addosso al suo stesso corpo l’agente Nicola Calipari mentre le faceva scudo per proteggerla. Eppure qua in Italia già fioccavano le polemiche, anche allora le domande su quanto ci fosse costata la liberazione della giornalista.

Di fatti oggi, è stata la stessa Giuliana Sgrena a distanza di 15 anni a ritornare sui fatti di quei giorni, dichiarando in una intervista ad RSI, la televisione svizzera italiana:
“Immediatamente cominciarono le polemiche che sorgono quando è una donna ad essere rapita. Quando sono uomini, non si contesta mai la scelta di essersi recati in quel luogo. Le donne, invece… se la vanno sempre a cercare”. – Aggiungendo poi – “Dicono che con il riscatto si finanziano i terroristi ma in molti modi si possono finanziare i terroristi…, anche quando si paga per andare a lavorare per mantenere delle industrie, soprattutto quella petrolifera. Quindi parlare solo contro questo tipo di riscatto, perché finanzia i terroristi, mi sembra pretestuoso”.

All’epoca contro la Sgrena si scatenò una campagna d’odio mossa da alcuni giornali e opinionisti, tra i quali qualcuno arrivò ad accusare indirettamente Giuliana Sgrena di essere responsabile per la morte di Calipari. Ovviamente non furono certo responsabili i ben più potenti e fidati alleati americani che nonostante fossero stati avvisati del loro arrivo e che l’automobile con a bordo la Sgrena e Calipari viaggiasse a fari accesi e a velocità controllata, aprirono il fuoco, ma non dal posto di blocco che si trovava 900 metri oltre in prossimità dell’aeroporto, bensì dal lato della strada, 57 colpi sparati sul fianco della vettura, diversi dei quali con l’automobile ormai quasi del tutto ferma.

Oggi la Sgrena facendo un parallelo col suo sequestro ha affermato ai microfoni della RSI:
“Non si tiene conto che Silvia Romano è una vittima di un sequestro compiuto da parte di jihadisti terrificanti. La sua vita è stata veramente in bilico. Polemizzare sul fatto che si sia pagato un riscatto non ha senso, perché la vita umana è la cosa più importante”.


Tempo dopo ancora fu la volta di Vanessa e Greta le due cooperanti rapite in Siria il 31 luglio 2014. Stessa trama di un bruttissimo film già visto.

Lo scrittore Lanfranco Caminiti autore di vari libri, nel gennaio 2015 dopo la liberazione delle due volontarie scrisse sul suo blog La camera dello Scirocco, un interessantissimo articolo intitolato “La Grande Ferocia”: cit.  “È questo – e non La Grande Bellezza – il film che stiamo vedendo in questi giorni dopo il rilascio di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, le due ragazze rapite in Siria. I trailer, però, erano già partiti prima: è da mesi che le twittereuses – quelli che sgozzerebbero gli sgozzatori, quelli che sgozzateli che se la sono cercata, quelli che digitano su cellulari e tastiere come schiacciassero tasti di telecomando per autobombe – ci danno dentro di buzzo buono. La pancia spalancata di un paese a mostrare le sue viscere. Le sue oscenità. Una frase di Jep Gambardella – il personaggio del film di Sorrentino – la potremmo tenere ancora buona però: «È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza.

– prosegue Caminiti nel suo articolo del 2015  –

“E poi, lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile, lo squallore disgraziato. E passi per la Lega di Salvini. Che vuoi aspettarti? L’uomo miserabile. Dieci anni fa, al tempo del rapimento in Iraq delle due Simone, la Torretta e la Pari, con una nota a firma di Federico Bricolo, vicepresidente del Carroccio a Montecitorio, la Lega attaccava a testa bassa le due volontarie, accusate di tenere «un atteggiamento vergognoso». «Con le loro dichiarazioni le due Simone hanno deluso – diceva la nota – i milioni di cittadini che spontaneamente hanno partecipato alla loro vicenda e hanno sofferto per la loro prigionia». Chissà quanto dovevano avere sofferto Bricolo e Umberto Bossi. E tutto perché sembrava, sembrava, che le due Simone non avessero ringraziato il governo – che era Berlusconi – e la Croce Rossa, il cui commissario era quel rocambolesco personaggio di Maurizio Scelli, allora in auge negli ambienti. Invece, lo avevano fatto. Passano dieci anni e il nuovo boss del Carroccio dice oscenità similari contro le due ragazze rapite in Siria. Diversi i tempi, diversi i fatti, diversi i capi della Lega: identica idiozia. 

E passi per la Lega – affermava Caminiti nel suo articolo –  […] Calderoli, riverito e stimato dai suoi colleghi in parlamento, si mise una volta una maglietta con le vignette contro Maometto e fece scoppiare un putiferio contro il consolato italiano in Libia: ci furono undici morti. Ci è andato Calderoli a Parigi alla grande manif? Anche lui je suis charlie?”

Questo accanimento dei mass media – di destra e sinistra – a svelare i “retroscena” del viaggio delle due ragazze, che erano andate in Siria senza essere neutrali, non è feroce? Scrivono proprio così […] Che non erano “neutrali”.  Cosa avrebbero dovuto fare, – si interrogava allora Caminiti – distribuire un kit a un reparto delle truppe di Assad e un kit a quelle dei ribelli, in equa proporzione? Magari avrebbero convocato le parti in un terreno neutrale e neutralmente – come fossimo in Svizzera, non nella Siria dilaniata dalla guerra civile – avrebbero potuto distribuire i kit, e il latte in polvere. Perché, mancava il latte in polvere ai miliziani di Assad? O i kit di salvataggio? Non erano proprio i ribelli – più di sei mesi fa – che ne avevano bisogno, e le popolazioni bombardate? Ah, sì, c’è la “deriva jihadista”. E la deriva jihadista non è che per caso, per caso, eh, sia dovuta anche al fatto che nessuno ha portato del latte in polvere e dei kit di salvataggio alle opposizioni siriane? Nessuno di quelli che contano, dico, i guru delle opinioni, i leader politici, le grandi nazioni. C’erano andate due ragazzine di vent’anni, però.

Adesso non ci sono solo gli imbecilli dei “rinati crociati” che vogliono a tutti i costi una nuova Lega Santa e una nuova Lepanto contro l’islam. – va avanti Caminiti nel suo pezzo del 2015 –  Adesso ci sono anche i fini ragionatori, quelli che disegnano i grandi scenari della geopolitica, quelli del Medioriente come The Great Game, il grande gioco, quelli che ora dicono che sarebbe stato meglio tenersi i macellai come Saddam e Gheddafi che loro sapevano come tenere a bada i musulmani fanatici. E che sarebbe meglio trattare con i guanti il generale al-Sisi e pure Assad, visto che quegli altri li abbiamo impiccati o linciati. Perciò, se dobbiamo tenerci caro Assad, e tu vai invece a portare il kit di salvataggio ai ribelli, che pretendi? Pupi e pupari di un nuovo ciclo carolingio, di una nuova Roncisvalle, con Orlando e Rinaldo contro Mambrino e Ferraù, i feroci saladini.

Ovviamente, la colpa e la vergogna non sono solo delle ragazze, no. Si dovrebbero vergognare il padre, la madre, fratelli, sorelle e zii, la parentela fino alla settima generazione.
Eppure, quando le “Falangi Verdi di Maometto” rapirono Umberto Cupertino, Maurizio Agliana, Salvatore Stefio e Fabrizio Quattrocchi – che poi fu barbaramente ucciso – e pagammo un riscatto per riportarli a casa, non si levò questo coro di “Ve la siete cercata”. E i quattro erano andati in Iraq a lavorare come contractor, coi “rischi del mestiere” dico, non è che erano volontari a gratis di una qualche causa.

Manca il morto. Ecco forse cos’è. Le due ragazze, – riferendosi a Vanessa e Greta – come già le due Simone, sono tornate a casa senza che ci sia stato il morto. E questo è imperdonabile. Sono tornate sane e salve a casa. Massì, possiamo scatenarci, dare sfogo a tutto il nostro squallore disgraziato, a tutta la nostra miserabilità. A tutta la nostra ferocia. Gareggiando a chi fa la faccia più feroce. Da lontano, certo. Molto chanson e poco geste. E bla bla bla. Torna ancora buono Jep Gambardella: «Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla».“


Termina così l’articolo scritto oltre 5 anni fa dallo scrittore Lanfranco Caminiti.

 

E anche adesso, Anno Domini 2020, ai tempi del coronavirus che avrebbe dovuto renderci tutti migliori… e invece a quanto pare ci ha reso ancora più ciechi, sordi, sicuramente insensibili, e in dei casi pure cattivi, è forse del tutto inutile che aggiunga cosa stia succedendo con Silvia Romano.

Inutile ritornare su fatti di cronaca che sono sotto gli occhi di tutti e far notare che sono sempre gli stessi che vanno ripetendosi da oltre 15 anni, come in un teatrino grottesco allestito per poveri dementi smemorati, di modo che diano sfogo a tutto il loro peggio.

Inutile credo sia scrivere che questo stesso film che odora di letamaio putrescente, ci asfissia ormai da anni. Eppure ci viene riproposto puntualmente anche oggi, a distanza di quasi 16 anni dal primo sequestro di una donna in Medioriente, attori diversi (alcuni no, sono sempre gli stessi) ma stesso copione, stessi discorsi, stessa trama, stessi veleni, stesso risultato. Lo stesso parlare alla pancia, lo stesso ventre scoperto del Paese, ormai davvero profondo e sconcio, siamo ben oltre la peggiore pornografia trash, che dà bella mostra di sé

Inutile ridire che tutti i sequestri sono avvenuti all’interno di un lungo conflitto iniziato subito dopo il 2001, conflitto che, noi Occidente e i nostri governi abbiamo iniziato sia in Medioriente che in Africa e che ancora adesso non abbiamo terminato, perché ci frutta svariati miliardi dalla vendita delle armi e dallo sfruttamento delle risorse in territori altrui.

Inutile dire che oggi si fa  polemica pretestuosa nell’ipotesi d’aver pagato un riscatto per salvare una vita umana, quella di una giovane ragazza, ma poi, si tace vergognosamente i restanti giorni dell’anno sul traffico di armi e morte con cui si alimentano guerre, causa di migliaia e migliaia di vittime di cui anche il nostro Paese è responsabile.

Inutile che scriva che queste feroci polemiche sono andate sempre più crescendo di tono e di gratuita cattiveria. Inutile evidenziare che adesso siamo arrivati alle peggiori offese, solitamente a sfondo sessuale, alle minacce aggravate, persino alle lettere minatorie recapitate al bersaglio di turno, vittima di sequestro, ma rea di esser donna, troppo sorridente, troppo colorata, troppo islamica, troppo poco pentita, troppo poco patriottica, troppo poco grata, oppure troppo intelligente, o ancora troppo bella e giovane… chissà in fondo che cosa ci faceva laggiù in Africa in mezzo a quei “baluba”.

E allora sì dai… in fondo che volete, se l’è cercata, avrebbe dovuto starsene a casa propria, in silenzio a far figli, come sostiene Feltri, oppure a fare la volontaria sì, però a manifestare con un tricolore in mano, una spilletta appesa sul petto a mo’ di medaglietta per cagnolini obbedienti, con stampigliato sopra il volto del “padrone”, uno che mai un sol giorno ha lavorato in vita sua, ma vuole pure diventare presidente, o chissà ministro del Lavoro. E allora  in questo caso sì, la volontaria può essere pure sorridente, anzi lo deve essere, e perché no, magari un po’ discinta e pure ammiccante a trasmettere messaggi sui generis che piacciono tanto al benpensante e patriottico homo italicus, come a dire: “ci sto…. ma solo se “prima gli italiani”.

Un unico comune denominatore attraversa da tempo questo spettacolo miserrimo e nauseabondo, l’odio mosso da alcuni uomini (un eufemismo) contro le donne.

Parlo di certi tipi di uomini “ginofobici” che per sentirsi tali, si vede che devono illudersi di avere una qualche forma di controllo sulle donne, e qualora alcune di loro non siano controllabili, beh allora è bene, e in fondo è anche giusto, che in qualche modo vengano punite, persino con la morte, oppure, lasciandole morire, che in fondo sono anche ingrate e per di più se l’erano anche cercata.

Naturalmente i “cattivi”, gli uomini che odiano le donne, sono gli islamici vero?

Così come naturalmente se Silvia malauguratamente fosse rimasta uccisa… allora sì che sempre gli stessi soggetti che sputano livore e odio, adesso si sarebbero potuti stracciare le vesti, da veri italiani, coprire la bara col tricolore, commuoversi e farsi venire la lacrimuccia durante i discorsi di commiato, maledire e odiare qualsiasi musulmano invasore, così come, e perché no…. poter anche augurare una bella bomba atomica a fare pulito di una regione intera, (anche questo si è letto diverse volte in alcuni commenti sui social) colpevole di aver dato i natali ai “terroristi”, ma non alle armi con cui essi uccidono (quasi sempre la loro stessa gente in scontri inter-etnici o religiosi), e sulle quali invece c’è spesso scritto, Made in Italy.

Per intanto però, in barba ai “ginofobici” spacciatori d’odio, godiamoci ancora una volta il bel sorriso di Silvia e di tutte le donne libere e liberate.