“L’Europa ha subito una sconfitta senza precedenti la settimana scorsa”.  E’ quanto ha affermato l’ex ministro dell’Economia della Grecia Yanis Voroufakis.

Dopo settimane di impasse e tentennamenti, la riunione dei ministri delle finanze dell’eurogruppo tra tutti i Paesi che hanno in comune l’euro si è chiusa di fatto con una “non decisione”.

E’ un “chiarissimo segno di una divisione senza precedenti” quella evidenziata nell’Eurogruppo la settimana scorsa, che secondo l’ex ministro greco ha inferto “un colpo decisivo alle fondamenta dell’Unione Europea, purtroppo con grande gioia delle destre sovraniste dell’Europa”, ha aggiunto.

La maggior parte dell’Europa continentale che utilizza l’euro, in pratica da giovedì scorso è rimasta bloccata e i vari Stati sul fronte emergenza economica oltre che sanitaria da Coronavirus procedono ora in ordine sparso, senza una strategia e tanto meno un piano comune. 

“All’onda d’urto economica causata dal blocco non importa quale valuta si utilizzi, – ha spiegato Varoufakis, –  che ci si trovi a far fronte all’emergenza con valute indipendenti come nel Regno Unito con le sterline, negli Stati Uniti col dollaro, o nel Giappone con lo yen, ben poco importa. Ciò che è importante è che i cali drastici dei redditi privati ​​debbano essere immediatamente controbilanciati da aumenti sostanziali e investimenti nella spesa pubblica”, dal gettito pubblico insomma, che in questi casi deve per forza operare per compensare lo shock.

“Se i governi falliscono in questo, –  ovvero compensare la somma della spesa pubblica e privata (che equivale al reddito aggregato),  –  la situazione economica precipiterà ancora più velocemente, ha proseguito Varoufakis,  i fallimenti aumenteranno e le entrate fiscali del governo crolleranno ulteriormente nel medio periodo.”

Come dar torto all’ex ministro greco; la sfida che devono affrontare i 19 paesi della zona euro è unica e senza precedenti. Che senso ha in un contesto tale insistere ancora sui parametri di bilancio e di stabilità economica, attraverso i quali si sono dettate le regole fino adesso. Sarebbe come trovarsi in una barca all’interno di una tempesta perfetta ed imbarcare acqua, e per attenersi ai parametri di bilancio, impedire di svuotare le riserve della stiva, ovvero preferire che affondi la barca piuttosto che liberare risorse fondamentali e ora assolutamente necessarie per la sopravvivenza della barca stessa.

L’enorme aumento del debito pubblico che è ora è per forza necessario viene ostacolato dal singolare accordo di condivisione di una banca centrale che, da un lato, non ha un tesoro comune a cui appoggiarsi e, dall’altro, è vietato sostenere direttamente, e dove i 19 ministeri del Tesoro hanno l’obbligo di prendere un prestito in euro di soldi che hanno già versato (e così aumentare ancora il loro debito pubblico) per combattere la crisi. Solo a spiegarlo viene da chiedersi se le persone che hanno partorito tale Meccanismo di stabilità rappresentato dal MES fossero ancora nel pieno delle loro facoltà mentali.

La crisi dell’euro parte da lontano: è iniziata nel 2008, si è conclamata nel 2010 e ha portato l’attuale architettura monetaria europea ai suoi odierni limiti, un’architettura che sta paurosamente scricchiolando da tutte le parti, ma che si continua imperterriti a voler mantenere a tutti i costi rigida e inamovibile.  La recessione che sta imprimendo repentinamente l’emergenza sanitaria legata al coronavirus ci sta spingendo oltre i limiti di questa architettura economica, ma ciononostante un pugno di grigi eurobrurocrati, non si capisce bene in nome di quale interesse e bene superiore, la sta portando al naufragio per mantenere fermi alcune sterili regole. Come ha ripetuto anche il primo Ministro Conte, forse “potevano essere comprese 10 anni fa”,  ma il forse lascia ampissimi spazi al dubitativo.  Per questo ancora c’è da augurarsi che Conte e tutto il governo insieme agli altri governi che hanno aderito alla proposta della creazione degli Eurobond insistano su questa strada, che non cedano indebitandosi ulteriormente con il MES.

Tornando invece alle recenti dichiarazioni di Varoufakis, l’ex ministro ha sostenuto che:

“Con i paesi più colpiti dal Covid-19, come ad esempio l’Italia o la Spagna, che sono i più indebitati e quindi meno in grado di sostenere il nuovo debito necessario, emerge un enigma impossibile: il nuovo debito necessario per rilanciare il settore privato spingerà lo stato al default , distruggendo così le banche il cui capitale è fatto principalmente di debito pubblico e in breve tempo trascinerà dietro di sé il resto del settore privato.”  Varoufakis prosegue spiegando una possibile via d’uscita. “L’unica via d’uscita da questa trappola è che il nuovo debito non cada esclusivamente sulle spalle dei paesi più indebitati della zona euro, ma sia condiviso in tutta la zona euro. Solo che questa condivisione del debito è vietata dai trattati che l’hanno creata, su insistenza dei paesi del nord Europa che gestiscono un surplus commerciale rispetto agli altri paesi.”

È sotto il segno di questo paradosso che l’Eurogruppo giovedì sera della settimana scorsa si è letteralmente arenato.

“Così per contrastare l’imminente tsunami di fallimenti hanno dovuto emulare i programmi di rilancio britannici, americani e giapponese, decidendo di incanalare circa l’8% del reddito totale della zona euro in nuove spese pubbliche, riservando allo stesso tempo un’altra somma per un fondo di investimento a potenziare il recupero post-Covid-19.   Di fatto hanno dovuto trovare un modo per evitare di eludere il divieto “biblico” di condivisione del debito senza il quale una spesa pubblica aggiuntiva e assolutamente necessaria in questo momento avrebbe schiantato membri come Italia, Spagna e Grecia, Slovenia,Portogallo e persino la Francia, che sul fronte debito pubblico non è messa certo meglio.”

Proseguendo Varoufakis ha spiegato che:

“Prima che l’Eurogruppo si incontrasse, c’era la speranza che l’Europa avrebbe finalmente cambiato le sue regole per salvare la sua più grande creazione: l’Unione Europea.  A differenza del 2015, quando ero solo nell’Eurogruppo a chiedere uno strumento comune per la ristrutturazione del debito pubblico, nelle ultime settimane i governi di otto altri Stati dell’Europa meridionale oltre alla Francia hanno chiesto un ripensamento sulla condivisione del debito, senza la quale l’eurozona rimarrà un gabbia di ferro di austerità per la maggior parte degli stati e fonte di stagnazione economica per tutti. Tardivamente, ma correttamente, hanno richiesto un cosiddetto “eurobond” : uno strumento di debito comune che consente di ridurre il debito a lungo termine trasferendo una parte di esso dagli Stati membri, che hanno molti debiti, nella zona euro, che non ne ha nessuno.”

“Il dibattito – almeno secondo Varoufakis – purtroppo è ormai morto sul nascere, annullato dalla decisione dell’Eurogruppo di affidarsi quasi interamente a nuovi debiti che ricadano esattamente sulle spalle indebolite degli Stati membri. L’unica concessione ai nove governi che suggeriscono la condivisione del debito è stata che i nuovi prestiti ESM non avranno vincoli. Questo purtroppo – spiega ancora Varoufakis – è solo uno specchietto per le allodole, poiché le condizioni di debito arriveranno più tardi e una volta passata la situazione d’emergenza le regole fiscali della zona euro morderanno di nuovo.”

Sul comunicato stampa emesso al termine dell’ultimo consiglio dell’Eurogruppo Varoufakis ha sottolineato:

“Se si guarda al comunicato dell’Eurogruppo, alle dichiarazioni di Olaf Scholz [il Ministro delle finanze tedesco, ndt], le loro politiche sembrano piuttosto consistenti – con somme ingenti, come 500 miliardi di euro solo alla Germania. Ma se si osserva nel dettaglio ciò che propongono, sia in Germania che nell’Eurogruppo per l’Unione Europea nel suo insieme, si trova esattamente la stessa categoria di errore – propongono grandi somme sotto forma di linee di credito, prestiti, o differimenti di imposte. Anche in questo caso, trattano quella che è fondamentalmente una sequenza di fallimenti come una mancanza di liquidità, come qualcosa che può essere affrontato con i prestiti. Stanno facendo esattamente la stessa cosa. Quindi, no, non hanno imparato. Sono determinati a continuare con lo stesso errore. Ma non facciamo gli ingenui. Questo non è un fallimento dovuto alle loro capacità, non è un fallimento della razionalità. L’Eurogruppo e l’Unione Europea sono stati cablati per non poter mai prendere decisioni che utilizzino la finanza pubblica a favore della maggioranza dei cittadini. L’obiettivo della creazione dell’eurozona è stato quello di cancellare la possibilità di una politica fiscale. E perché? Perché una particolare configurazione del capitale europeo ha deciso che il modo migliore per massimizzare l’accumulazione di capitale in Europa fosse quello di fissare la politica monetaria e non dare mai ai parlamenti la possibilità di rimediare alle crisi capitalistiche con stimoli fiscali. Sono assolutamente determinati in questo. Preferirebbero piuttosto vedere affondare metà del continente europeo che rinunciare a questo principio, che dal loro punto di vista è un principio di conflitto di classe. Lo abbiamo visto nel 2010, e lo rivediamo oggi con il Coronavirus”.

Varoufakis ha concluso il suo intervento in merito alla situazione economica attuale lanciando un messaggio principalmente agli italiani, agli spagnoli, ai greci, ai portoghesi, agli irlandesi e in parte anche ai francesi:  “Ognuno dei vostri governi può prendere in prestito ingenti somme dal fondo di salvataggio europeo, che i tedeschi si sono affrettati a dire “Senza condizioni”.  Potranno anche ricevere aiuto per pagare le indennità di disoccupazione da paesi in cui l’occupazione è migliore. Ma entro un anno o forse due, mentre le economie si riprenderanno dallo shock dell’emergenza coronavirus, saranno via via richieste enormi nuove misure di austerità per riportare in linea le finanze del governo che si sia ulteriormente indebitato per far fronte all’emergenza, incluso il rimborso delle somme spese per le indennità di disoccupazione. Ciò equivale ad aiutare i caduti ad alzarsi, ma a colpirli sulla testa appena iniziano a risollevarsi.”

Insomma, l’Ex ministro delle Finanze greco sembra indicarci chiaramente che solo con la condivisione del debito fra i paesi europei si potrà far fronte alla crisi economica che colpirà il mondo bloccato dalle misure di contenimento del coronavirus.

La UE un tempo era stata pensata dai suoi padri fondatori per rappresentare molto di più di un’area monetaria. Era un progetto di pace, un regno di cultura condivisa, una casa comune, una fonte di identità e un’opportunità per arginare il montante nazionalismo tossico che ci aveva portato a due guerre mondiali consecutive, lasciando in mano alle generazioni che ci avevano preceduto montagne di macerie fumanti e milioni di morti da seppellire. Tuttavia, se verrà manutenuta questa rigidità, la politica di austerità lacrime e sangue pagata sempre dai più deboli, le sue fondamenta anche quelle economiche che già scricchiolano in modo evidente, si piegheranno sotto potenti forze centrifughe del nazionalismo, del sovranismo delle destre alla Orban maniera, dell’interesse particolare e privato ad ogni costo. Queste forze sono lì pronte a banchettare del disgregarsi dell’Unione Europea, le stesse forze che nel secolo scorso sotto la spinta dell’allora gridato nelle piazze di Berlino “Prima la Germania” o in quelle di Roma al grido di “Italiani!”  ci portarono al ben noto disastro, da cui con immensa fatica e a carissimo prezzo, pagato principalmente delle classi subalterne, ci eravamo risollevati.  Anche allora prima delle due guerre mondiali, l’Europa e il mondo intero erano attraversati da fortissime crisi economiche, e di pari passo da paura, da incertezza, da rivalse nazionaliste, dalla voglia di autoritarismo e dell’uomo forte che accentra in sé tutti i poteri come soluzione a tutti i problemi, dalla corsa agli armamenti; sappiamo bene come andò a finire.  La storia qualcosa deve pur insegnare per non ricadere sempre negli stessi tragici errori.