Dopo circa un mese d’attesa al confine turco-greco ieri, 27 marzo, gli immigrati sono stati obbligati a lasciare il presidio. I video diffusi da diversi giornali online dimostrano il fatto che la tendopoli improvvisata sia stata incendiata.

Nei giorni precedenti il Ministro degli Interni Suleyman Soylu aveva specificato in un programma televisivo che il numero dei migranti presenti sul posto era salito a 4600. La zona che è stata presa di mira è in prossimità della dogana Pazarkule della città di Edirne.

Secondo i giornali Sozcu, Birgun e i portali di notizie online come BoldMedya e Sendika.org, l’obiettivo della retata è quello di mettere in quarantena per 14 giorni tutte le persone presenti sul posto per via della pandemia coronavirus.

Sendika.org ha parlato con alcuni rifugiati che raccontano come siano stati i soldati turchi a bruciare la tendopoli, rifugiati che sono in viaggio per la città di Malatya per essere sistemati in un centro di accoglienza.

Anche il quotidiano nazionale Birgun è riuscito a mettersi in contatto con alcuni migranti presenti sul posto. Secondo le testimonianze che ha raccolto la redazione, i migranti non sono stati informati su ciò che sta succedendo e sono stati malmenati dalla polizia e poi caricati su circa 60 bus diretti in diverse città della Turchia.

Le notizie sono state confermate anche da alcuni media greci come Greek City Times.

Nelle prime ore di oggi, 28 marzo, l’agenzia di stato, Anadolu Ajansi, ha pubblicato le comunicazioni ufficiali del Ministro degli Interni che confermano la situazione e mantengono quel famoso tono di minaccia che Ankara ha sempre assunto quando ha voluto usare i migranti come un elemento di ricatto: “Stiamo distribuendo i migranti in 9 diverse città. Abbiamo spostato dal confine circa 5800 persone. E’ un’azione di precauzione. Ma sia chiaro che una volta finita la pandemia noi non fermeremo nessuno che vuole attraversare il confine. Quindi nessuno si senta al sicuro”.