Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, sono due operatori indipendenti, impegnati da tempo in un progetto (Meltingpot Europa)  di aiuto alle tante persone, ai rifugiati in difficolta. Riportano testimonianze di ciò che tutti i giorni sta accadendo sulle vie che conducono all’Europa.

Rifugiati che dovrebbero godere almeno del diritto di una minima assistenza, e invece oltre ad essere lasciati soli e alla mercè di piccole e grandi organizzazioni criminali che lucrano sulla disperazione di queste persone, subiscono spesso vere e proprie violenze, torture, pestaggi, proprio da quelle figure istituzionali, rappresentanti dell’ordine costituito di paesi UE o comunque di stati dell’area Europea aderenti a trattati internazionali,  i quali dovrebbero perlomeno assicurare l’incolumità fisica dei rifugiati e dei richiedenti asilo, invece di sottoporli a continue violenze, a volte detenerli in gabbie umane, altre volte lasciarli morire malati e senza cure mediche.

Sono testimonianze di ciò che accade via terra dove quotidianamente si svolgono drammi dello stesso tenore delle odissee affrontate dalle migliaia di persone che tentano di mettersi in salvo dalla disperazione via mare.

Accade sempre più spesso che ai confini dei vari paesi UE, queste persone vengano respinte come fossero appestate; eppure sono profughi, rifugiati da zone di guerra, arrivano alle porte d’Europa attraverso lunghissimi cammini e dopo aver attraversato orrori di tutti i tipi; sono persone che hanno perso tutto, una casa, un posto dove poter stare, molte volte sono donne con bambini a volte minori soli scappati attraverso violenze e sofferenze indicibili, molti di loro sempre più spesso sono in vero e proprio pericolo di vita.

Lorena e Gian Andrea si impegnano da anni in prima persona mettendo in gioco il loro tempo, le loro vite per cercare di portare una forma di aiuto pratico a queste persone e al tempo stesso per raccoglierne le testimonianze.

Questa che pubblichiamo è una fra le tante, racconta di un respingimento avvenuto proprio in questi giorni, il 31 luglio nella zona di Divača (Slovenia) a pochi km dall’Italia. La storia di un gruppo di persone, tra cui siriani, palestinesi, curdi irakeni con 8 bambini.

Tutto questo mentre 6,8 milioni di Euro provenienti dall’Unione Europea sono stati investiti dal ministero MUP della Croazia, per dei nuovi elicotteri AW138, 23 nuovi veicoli di servizio, con a bordo telecamere a infrarossi FLIR in grado di rilevare i battiti cardiaci umani a 10 chilometri di distanza, telecamere termiche iSS e una stazione mobile con tecnologia in grado di rilevare i battiti cardiaci nei veicoli…


“Eravamo con 8 bambini in viaggio piangendo e urlando.
Dopo aver camminato circa 8 giorni, 20 ore al giorno, superato 4 fiumi, sfiniti e con molte ferite, eravamo arrivati a 5 Km dall’Italia. La polizia di Slovenia ci ha catturati, ci hanno messo le pistole in testa e hanno detto di mettere le mani dietro la nuca. Quindi mi hanno colpito in faccia. Quindi la polizia della Slovenia ci ha portato con i vagoni della polizia al confine con la Croazia e ci ha consegnati alla polizia della Croazia.
Dopo ci hanno chiusi in una stanza molto piccola senza cibo e senza acqua con odore di putrefazione e le ferite sulle gambe. Siamo quasi morti soffocati per il caldo e l’aria puzzolente. Il giorno dopo eravamo così indeboliti che pensavamo di morire soffocati .

Rifugiati stipati a dormire dentro una stanza

Rifugiati stipati a dormire dentro una stanza

Abbiamo battuto la porta per ore ma nessuno ha aperto la porta. Alle 3 del pomeriggio hanno aperto la porta, ci hanno picchiato, poi ci hanno messo nel box della macchina della polizia e dopo 3 ore di viaggio ci hanno lasciato a 20 km dal confine con la Bosnia. Abbiamo dovuto camminare per 7 ore per raggiungere il centro. Mentre stavamo camminando verso il confine la polizia croata ci ha seguito nelle terre bosniache, che è proibito”

 

Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, operatori indipendenti