«No all’accordo Tsipras-Zaev, ai piani di Usa, Nato e Ue; no all’irredentismo e al nazionalismo» ma «“all’amicizia e alla solidarietà fra i popoli», questi gli slogan e le parole d’ordine dei manifestanti greci scesi in piazza venerdì 25 gennaio. La manifestazione, convocata dal Partito comunista di Grecia (KKE), ha voluto ribadire la propria contrarietà ai «piani imperialistici euro-atlantici»: in simbolo di protesta, infatti, una volta arrivati nei pressi dell’ambasciata statunitense ad Atene, capitale greca, sono state bruciate le bandiere americane e della Nato. Mobilitazioni analoghe si sono tenute anche a Larissa.

A margine del corteo sono intervenuti Dimistris Koutsoumpas, segretario generale del KKE, e Sotiris Zarianopoulos, europarlamentare della medesima organizzazione: entrambi hanno posto l’accento sulla propria contrarietà al governo Syriza-Anel che «si prepara a votare [in Parlamento] l’accordo di Prespa, progettato, attuato e firmato dal governo della Fyrom su richiesta della Nato, degli Usa e dell’Ue, nonché dai grandi capitali perché si possano fare maggiori affari nei balcani».
Nei giorni scorsi [il 24 gennaio 2019] il KKE ha esposto degli striscioni dall’Acropoli di Atene, come fece il 4 marzo 2010 con il celebre striscione Peoples of Europe rise up!, «inviando ai popoli d’Europa un messaggio di resistenza e contrattacco contro le misure anti-lavoratori adottate in Grecia e in altri paesi con il pretesto dell’uscita dalla crisi capitalista».

fonte: inter.kke.gr

L’accordo e il cambio di nome in «Repubblica della Macedonia del nord»
Per capire come si è arrivati a questo punto bisogna fare un piccolo passo indietro nel tempo: 1991, crollo della Jugoslavia. L’attuale ‘Repubblica di Macedonia del nord’ si dichiara indipendente con il nome di Repubblica di Macedonia, ovvero mantenendo la denominazione che aveva quando faceva parte della Jugoslavia. La Grecia contestò il nome dello Stato in quanto la Macedonia «è una regione ellenica», venne obiettato. In un lungo comunicato i promotori della manifestazione del 25 gennaio di cui abbiamo dato conto hanno scritto: «la pretesa territoriale implicita nel nome della nuova nazione, quando si dichiarò indipendente post-1991, era nel significato della Macedonia nella storia, nella cultura e nell’identità nazionale greca».
Nel 1993 il paese aveva aderito all’Onu con il nome provvisorio di «Ex Repubblica Jugoslavia della Macedonia», ridotto nell’acronimo inglese Fyrom, ma le tensioni con la Grecia non cessarono mai, tanto che nacque una feroce disputa a seguito dell’intitolazione ad Alessandro Magno dell’aeroporto di Skopje, a cui fece seguito la costruzione di una statua dell’altezza di 72 piedi.

Nel 1995 la disputa fra i due paesi approdò all’Aja (Corte internazionale di giustizia): nel 2011 venne ratificata una sentenza in cui si diede ragione alla Macedonia, qui in lingua inglese e francese il testo completo della risoluzione: http://www.pollitecon.com/html/treaties/International_Court_of_Justice_Judgement_Macedonia_Greece.pdf

L’insediamento del Primo Ministro Zaev, socialdemocratico, ha segnato una crescente distensione fra i due paesi e già nel corso del 2018 Atene e Skopje avevano raggiunto un accordo sul nome del piccolo stato balcanico, benché il socialdemocratico non ricoprisse più l’incarico: «abbiamo trovato un accordo di cui sono molto felice», aveva dichiarato il 12 giugno 2018 il Primo Ministro Greco Alexis Tsipras alla ‘Rte’.

Il trattato, firmato nei pressi del lago Prespa, che divide Macedonia, Grecia ed Albania, da cui prende il nome tale risoluzione, risolve le questioni della contesa e chiarisce che «il patrimonio e la storia ellenistica della Macedonia rimangono intatti ed indiscussi», senza minacce alla sua identità nazionale, alla sua cultura e ai suoi confini.
Il cambio del nome del Paese in «Repubblica di Macedonia del Nord» è stato sottoposto a referendum lo scorso anno ed è stato vinto da chi propugnava il mutamento di denominazione, tuttavia le critiche e le proteste a riguardo sono state feroci e reiterate nel tempo, tanto da destra quanto da sinistra, così come tra gli europeisti socialdemocratici macedoni.

Il trattato, tra le altre cose, «riconosce la lingua macedone nelle Nazioni Unite rilevando che essa compone le lingue slave del sud e che la cittadinanza del paese sarà chiamata ‘macedone’ o cittadino della Repubblica di Macedonia del Nord» e, soprattutto, prevede (all’articolo 7) che «entrambi i paesi riconoscono la rispettiva comprensione dei termini ‘Macedonia’ e ‘macedone’ che si riferiscono ad un diverso contesto storico e patrimonio culturale: quando si usa nel contesto greco indicano l’area e le persone della regione settentrionale ellenica; se usato nel contesto della Repubblica di Macedonia, indica il territorio, la lingua e la gente con propria storia e cultura».

A seguito della ratifica del Trattato, la Repubblica di Macedonia del Nord entrerà a far parte della Nato, motivo per cui il KKE è sceso in piazza contestando l’ingerenza dell’alleanza atlantica, statunitense e dell’Ue nei confronti dell’accordo.

A questo link, è disponibile (in lingua inglese) il trattato completo diffuso dal quotidiano greco ‘Kathimerini‘: http://s.kathimerini.gr/resources/article-files/symfwnia-aggliko-keimeno.pdf.