Cristiana Mangani sul Messaggero di martedì 13 novembre scrive che la principale questione al centro della Conferenza di Palermo sulla Libia è il piano ONU per avere una sola Banca Centrale Libica che gestisca tutte le entrate petrolifere. Quelle che arrivano dai territori amministrati da Tripoli e quelle che arrivano dai territori amministrati da Tobrouk.

Gentiloni alcuni anni fa sosteneva che, nonostante la guerra in corso tra due governi libici diversi, le entrate del petrolio, gestite dalla Compagnia Nazionale Libica, spesso socia dell’ ENI, confluivano nella Banca Centrale Libica che le divideva poi tra i due governi nemici.

Non so quanto fosse vera la tesi sostenuta da Gentiloni, allora ministro degli Esteri del governo Renzi, ma sicuramente molte delle entrate prodotte da Eni con i soci libici andavano a finanziare la guerra fratricida, tanto che qualcuno anche sul Corriere della Sera proponeva che l’ ENI minacciasse l’ embargo ai governi guerrafondai nel tentativo di fermare la guerra civile.

Oggi però sicuramente è così. Le entrate che l’ Eni assicura alla Compagnia petrolifera libica vanno al governo che gestisce il territorio interessato, cioè in parte a Serraj e in parte ad Haftar, e certamente sostengono gli eserciti in guerra tra loro.

Speriamo che l’ ONU riesca ad arginare la guerra libica, è certo però che il disinteresse italiano per la guerra in Libia ha alimentato la sanguinosa guerra in atto dal 2011, sia quando i bombardieri della NATO partivano dalla Sicilia per bombardare le città controllate dalle truppe fedeli a Gheddafi sia quando in Libia, dall’ottobre 2011 ad oggi, si combattono le milizie armate che l’ Occidente ha sostenuto per sconfiggere Gheddafi.

Il nostro silenzio continua a uccidere e a creare invalidi e non ci sono segnali di un nostro cambio di atteggiamento.

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