Sabato 28 aprile i rappresentanti di varie organizzazioni anti-nucleari e altri individui si sono riuniti a Ginevra per l’Assemblea Generale Annuale di Abolition 2000. In un incontro su Sfide e Opportunità, Tony Robinson, membro del Comitato di Coordinamento di Abolition 2000, redattore di Pressenza e attivista di Mondo senza Guerre e senza Violenza, è stato invitato a fare un intervento sul tema delle opportunità. Lo ri-pubblichiamo a beneficio dei nostri lettori.

Il comitato mi ha chiesto di fornire una visione generale delle attuali opportunità per il movimento di Abolition. Visto che la nostra rete è composta da diversi gruppi che lavorano in campi diversi e con priorità diverse, la visione di ogni persona sarà comunque diversa. In ogni caso l’intenzione non è quella di definire una posizione comune di Abolition 2000, ma semplicemente quella di mettere sul tavolo alcune idee, che potranno o no risultare utili per il successivo scambio di punti di vista e per le nostre riflessioni su come procedere da ora in poi. Dobbiamo ricordare che questo tema verrà ripreso anche nell’incontro sulla strategia che si terrà tra due settimane a New York.

Sembra che nell’ultimo anno il panorama sia cambiato in modo radicale, quando grazie agli sforzi di ICAN e di altri si è riusciti ad arrivare a un Trattato di Proibizione delle armi nucleari. In termini giuridici si tratta di uno strumento che colma il vuoto legale prima esistente e rappresenta un prezioso elemento per l’eliminazione delle armi nucleari. Già da ora e soprattutto quando entrerà in vigore, fornirà una base morale ancora più alta da cui lanciare le nostre campagne.

Nonostante questo trattato siamo ancora molto lontani dall’eliminazione delle armi nucleari. L’anno prossimo ICAN avrà molto da lavorare perché il trattato entri in vigore, ma il raggio d’azione di Abolition 2000 è più ampio. In termini di complementazione e collaborazione potremo avanzare in tutti gli 11 punti della nostra Dichiarazione.

Pensando alle opportunità, la prima cosa da dire è che i media stanno prestando sempre più attenzione al tema delle armi nucleari, così che la nostra causa sta guadagnando un maggiore spazio nella coscienza pubblica, soprattutto nei paesi occidentali. Questo è dovuto in gran parte al Trattato di Proibizione e al Premio Nobel per la Pace, che ha costretto perfino i media mainstream a prendere atto della situazione, ma ci sono anche altre ragioni dietro a questa accresciuta attenzione. Le tensioni crescenti in Corea per tutto il 2017, compresi i test nucleari, hanno portato i leader della Corea del Nord e del Sud a stringersi la mano al confine e a parlare per la prima volta da anni. L’accordo con l’Iran è sottoposto a minacce crescenti e in Medio Oriente ci sono potenze che hanno le risorse per armarsi e stanno cercando il modo di farlo. Girano già voci su un accordo di condivisione militare tra Pakistan e Arabia Saudita. Altri paesi della regione puntano ad avanzare nel campo del nucleare civile, che come sappiamo è il precursore ci quello militare.

Dunque la nostra opportunità consiste nel fatto che sempre più gente sia consapevole del problema, in modo che cominciare una conversazione diventi più facile.

Ma cosa possiamo fare con questa opportunità?

E’ una buona domanda e ognuno di noi, a partire dai nostri diversi campi di attivismo e dalla nostra collocazione geografica darà una risposta diversa.

Vorrei concentrare il mio intervento di oggi su quello che possiamo fare come movimento  anti-nucleare, perché almeno per me è chiaro che dobbiamo cominciare a pensare a noi stessi come un movimento e non come una rete di singole organizzazioni, molte delle quali sono costituite da un paio di impegnati attivisti. Come aneddoto, ricordo la mia prima Assemblea Generale Annuale di Abolition 2000 a New York nel 2009. Sono arrivato tutto eccitato all’idea di un’immensa sala con 2.000 people (almeno una per ogni organizzazione della rete, no?)  Potete immaginare la mia sorpresa e lieve delusione davanti a un incontro con “solo”100 persone! Questa non è una critica, ma la realtà: non si fanno soldi come attivisti anti-nucleari ed è difficile trovare volontari disposti a lavorare per anni portando avanti un compito ingrato, con l’unica ricompensa della soddisfazione spirituale che deriva dalla consapevolezza di fare la cosa giusta, non solo per se stessi, ma anche per tutta l’umanità.

Dunque in quali campi possiamo avanzare?

  1. Ambito geografico

La rappresentazione nella nostra rete è distribuita in modo troppo disuguale tra i paesi occidentali. Dove sono i pacifisti russi? E i coreani? Dove sono gli indiani e i pakistani? Dove sono gli africani, i sudamericani e gli asiatici, le cui regioni e popolazioni sarebbero devastate da una guerra nucleare limitata? L’opportunità di essere ancora più presenti come Abolition 2000 in queste regioni (perché non è vero che non abbiamo contatti in queste zone) diventa ancora più importante con la nuova sensibilità riguardo alle armi nucleari.

  1. Diversità di lingue

Troppo, se non quasi tutto quello che facciamo viene fatto in inglese. Deriva dalla condizione di origine e non è una critica, ma un limite. Non possiamo sperare di creare un movimento globale se non cerchiamo di comunicare con le popolazioni del mondo nella loro lingua. Nel corso dell’anno scorso abbiamo cercato di avanzare in questa direzione, con un nuovo sito in grado di sostenere diverse lingue. Abbiamo cominciato bene con il francese e lo spagnolo, ma poi la cosa si è un po’ fermata. In parte è colpa mia, ma in ogni caso tre lingue non bastano; dovremmo comunicare in tutte e sei le lingue ufficiali dell’ONU, oltre a quelle degli stati con armi nucleari e degli stati con una posizione ambigua.

  1. Universalità del Trattato di Non-proliferazione nucleare

Per decenni abbiano partecipato alle conferenze sul TNP e ascoltato le nazioni ripetere la solita tiritera sull’urgenza dell’universalità. Quando questa posizione viene espressa dalle potenze nucleari si tratta di cinismo e malafede. E’ una giustificazione per l’immobilismo.

Questo comunque è un problema grave e forse possiamo fare qualcosa per aiutare. Come Abolition 2000 possiamo appoggiare gli sforzi per la pace in Medio Oriente, tra India e Pakistan e in Corea? Non parliamo di questi temi perché non abbiamo rappresentanti di questi paesi, ma potremmo farlo? Sarebbe un grande risultato in se stesso. Sotto la guida di Sharon Dolev il movimento per il disarmo israeliano, da poco dissolto, sta promuovendo una Zona Libera da armi di distruzione di massa in Medio Oriente. Cosa possiamo fare per aiutare lei e altre iniziative simili?

  1. Creare consapevolezza

Tutto quanto detto finora riguarda la sensibilizzazione della popolazione. Ricordo il terrore provato quando a 15 anni ho visto il film “Threads”. Solo l’anno scorso ho saputo che più o meno nello stesso periodo Ronald Reagen è rimasto così scioccato dalla visione di  “The Day After” da iniziare un riavvicinamento con l’Unione Sovietica che con gli incontri di Reykjavik ha quasi portato a farla finita con le armi nucleari. Tocca a tutti noi continuare a sensibilizzare la gente sui pericoli di queste armi, diffondendo la massima informazione. Sono convinto che gli unici politici a votare per il mantenimento delle armi nucleari sono quelli che non hanno né visto né letto le presentazioni dell’IPPNW (International Physicians for the Prevention of Nuclear War, N.d.T.) sull’inverno nucleare e la possibilità che fino a 2 miliardi di esseri umani muoiano come risultato di una guerra limitata all’uso di 100 bombe.

  1. Espandere la nostra rete

Possiamo pensare che il nostro problema siano le armi nucleari, ma questo è solo un sintomo di un problema sistemico molto più grande. La radice del nostro problema con le armi nucleari è la stessa della discriminazione contro le donne, della distruzione dell’ambiente, della povertà globale, della violazione dei diritti umani, della violenza da armi da fuoco e di molti altri problemi.

Questo problema di fondo è il disprezzo per la vita umana. Se disponiamo in ordine d’importanza i valori della nostra società, vedremo che al di sopra della vita umana compaiono i valori del denaro, del potere, del sesso e del prestigio. E’ questa scala di valori che permette l’esistenza delle armi nucleari, che permette la distruzione dell’ambiente, la violenza contro le donne e tutte le altre forme di violenza del mondo attuale. La violenza fisica, economica e psicologica deriva da una scala di valori invertita, che è decisamente anti-umanista.

In questo contesto, parte del nostro lavoro come movimento anti-nucleare è riconoscere che condividiamo un proposito comune con altri movimenti. Dunque dovremmo costruire relazioni con loro, in modo da creare un’intelligenza comune tra tutti noi e una rete di mutuo soccorso.

Qualcuno dirà giustamene che già non abbiamo il tempo di fare quello che stiamo facendo, ma è ugualmente corretto dire che non elimineremo la violenza alla base delle condizioni per l’esistenza delle armi nucleari fino a quando non capiremo come quella violenza si manifesta e influisce su tutti noi, nei diversi campi dell’attivismo. E non elimineremo quella violenza fino a quando non capiremo che non possiamo farlo da soli.

Prima di concludere, vorrei lasciarvi con un pensiero finale: la violenza che esiste nella nostra società esiste anche dentro di noi. Quando trattiamo altri esseri umani come oggetti da usare per i nostri fini, quando trattiamo gli altri in modo molto diverso da come vorremmo essere trattati, riflettiamo nei nostri comportamenti personali la violenza che esiste nella nostra società e che ci viene trasmessa attraverso i modelli culturali ed educativi. In questo contesto, mentre lottiamo per eliminare le armi nucleari, non dovremmo dimenticare di lavorare su noi stessi, non dovremmo dimenticare la Regola d’Oro di trattare gli altri come vorremmo essere trattati. E’ solo con un processo simultaneo di cambiamento personale e sociale che potremo creare un mondo in cui ogni essere umano possa avere una vita piena e degna.

Spero che questi commenti siano stati utili e in caso contrario che non vi abbiano fatto perdere troppo tempo.

Traduzione dall’inglese di Anna Polo