Oltre 6 mila italiani chiedono a governo e parlamento di aprire il dibattito sul CETA, accordo commerciale Ue-Canada
Roma, 4 luglio 2016 – Alla vigilia della decisione Ue sul CETA, il trattato di libero scambio tra Ue e Canada, oltre seimila italiani chiedono a governo e parlamento di consentire una discussione democratica sugli accordi commerciali: http://www.progressi.org/stopceta
Oggi è avvenuta la consegna delle firme al Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, alla Presidente della Camera Laura Boldrini e al Presidente del Senato Pietro Grasso, oltre che ai parlamentari nazionali ed europei delle commissioni interessate.
Progressi in questi mesi ha raccolto e presentato le preoccupazioni dei cittadini nei confronti del trattato che rischia di favorire le multinazionali americane a discapito dei piccoli produttori e dei lavoratori italiani. Oltre alla nostra petizione sul CETA, stiamo portando avanti la raccolta firme contro il TTIP insieme alla Campagna StopTTIP Italia, a cui hanno aderito oltre 20 mila persone.
“Abbiamo lanciato la petizione sul CETA solo pochi giorni fa, quando abbiamo saputo che il governo italiano – a differenza di quelli tedesco, francese e austriaco – premeva per scavalcare i parlamenti europei e lasciare la competenza esclusiva alla Commissione”, spiega Vittorio Longhi, fondatore di Progressi.
Tra domani e mercoledì, infatti, il Consiglio Europeo e la Commissione prenderanno una decisione sulla competenza per la ratifica finale del CETA.
Per questo motivo Progressi sta facendo pressione anche sui parlamentari italiani e su quelli europei, a cui ha girato la raccolta di firme.
Venerdì scorso 36 deputati del Partito Democratico hanno rivolto un’interpellanza al ministro Calenda per chiedere di discutere TTIP e CETA in Parlamento.
“È la prima volta che si apre il dibattito su questi trattati all’interno del partito di maggioranza – spiega Longhi – Si tratta di un risultato significativo e dimostra che certe istituzioni sono permeabili alla spinta dal basso, alle domande legittime dei cittadini su quanto si decide a Bruxelles”.
Progressi.org