Di Marco Palombo
L’ONU ha rinviato la ripresa dei colloqui sulla Siria previsti per il 25 febbraio, fino a venerdì mattina la data rimaneva confermata anche se la tregua concordata giovedì 11 febbraio è ancora incerta e ormai non inizierà più, come era stato previsto, sette giorni dopo l’ intesa di Ginevra. Ma Staffan de Mistura ha dichiarato il 19 febbraio che, prima di riprendere le trattative, Russia e USA devono trovare una intesa più solida.
Domenica 14, dopo un fine settimana che aveva visto uno scambio di dichiarazioni molto polemiche tra la Russia e i paesi occidentali, Vladimir Putin e Barak Obama avevano comunque concordato in un colloquio telefonico di intensificare la cooperazione tra le rispettive agenzie per implementare l’ accordo per il cessate il fuoco definito a Ginevra. La tregua non comprenderà le iniziative militari di Russia e Coalizione antiDaesh contro l’Isis e gli altri gruppi terroristi. Ma russi e statunitensi sono ancora lontani dall’ aver definito un elenco condiviso dei gruppi armati considerati terroristi e la coalizione antiDaesh continua ad accusare Mosca di colpire i cosiddetti “ribelli” moderati e non i combattenti dello Stato Islamico. Tuttavia negli ultimi giorni si sarebbero incontrati vertici militari russi e statunitensi per definire i dettagli del cessate il fuoco, a conferma che questa intenzione non è stata ancora accantonata.
Intanto in settimana l’ incaricato per la guerra siriana, l’ italiano Staffan De Mistura, ha incontrato a Damasco il ministro degli esteri siriano Walid el Muallem ed ha avuto il via libera per il passaggio degli aiuti in sette zone sotto assedio, che saranno trasportati da un centinaio tra camion ed altri mezzi pesanti della Mezzaluna Rossa siriana e del Comitato Internazionale della Croce Rossa, CRIC.
Le località interessate sono: Madaya, Fu’a, Kefraya, Zabadani, Deir Ezzon, Kafr Batane e Moadamiyeh. Secondo le Nazioni Unite sono attualmente sotto assedio circa 500.000 siriani, le zone dov’è previsto l’ arrivo immediato dei soccorsi hanno attorno a 300.000 abitanti. Ma alcune delle località interessate sono controllate da gruppi armati dell’ opposizione e non è scontato che tutte le singole milizie antiAssad toccate dall’ iniziativa umanitaria collaborino con essa.
La Turchia è la mina principale sulla quale rischia di saltare la fragile intesa di Ginevra, il paese nelle ultime settimane è al centro di troppe questioni rilevanti di difficile soluzione. Entrambi gli episodi che nell’ ultima settimana hanno scosso violentemente la costruzione di una tregua hanno visto Ankara coinvolta. Il presunto bombardamento russo sull’ ospedale di MsF è avvenuto a pochi chilometri dal confine turco, in una città e in una zona che vedono l’ offensiva dei curdi siriani contro formazioni jihadiste, una avanzata decisamente osteggiata da Ankara, anche con bombardamenti. Mentre sono sempre da capire le conseguenze dell’ attentato che è costato la vita a quasi trenta militari turchi, ma l’ episodio sicuramente sarà usato da Erdogan per andare nella direzione contraria ai tentativi di negoziato.
Ma per l’ Europa è assolutamente necessaria una trattativa sulla guerra siriana, perché è l’unica strada che potrebbe arginare l’attuale emergenza europea che riguarda i migranti.
Se il fenomeno migratorio è un processo molto complesso che interessa l’ intero pianeta, l’attuale emergenza europea del 2015 è dovuta in modo quasi esclusivo alla guerra in Siria. Su un milione di migranti entrati in Europa nell’ anno passato, la metà sono siriani, ed anche gli arrivi dagli altri paesi sono stati facilitati dall’ atteggiamento turco che ha favorito il fenomeno per avere dall’ Unione Europea contropartite economiche e politiche. Contropartite che vedono la guerra siriana in una posizione centrale.
L’ attenzione dell’ opinione pubblica è stata indirizzata dai media e dalla politica al fuorviante dibattito tra chi si dichiara favorevole all’ accoglienza dei profughi e chi vorrebbe costruire muri, ma nella realtà l’ emergenza attuale non avrà soluzione senza fermare il conflitto siriano e senza attenuare le violenze in tutto il Medio Oriente, anzi, se la guerra continuerà, la situazione si aggraverà ulteriormente diventando ingovernabile.