foto: A Sud

Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia, ha incontrato oggi una delegazione del Dipartimento Sostenibilita’ di Eni, in occasione della pubblicazione da parte dell’azienda del sito Internet Naoc Sustainability (http://www.eni.com/en_NG/home.html) in cui Naoc (Nigerian Agip Oil Company), la consociata di Eni in Nigeria, riporta informazioni relative ai progetti di riduzione delle torce di gas (gas flaring), alle fuoriuscite di petrolio, alle valutazioni di impatto ambientale e ai progetti per le comunita’ e il territorio.

Amnesty International Italia ha accolto positivamente la pubblicazione del sito Internet da parte di Eni/Naoc. “Si tratta di un passo importante verso una maggiore trasparenza dell’industria del petrolio in Nigeria” – ha dichiarato Gianni Rufini, sottolineando che dal 2009, ovvero dalla pubblicazione di un rapporto su petrolio, inquinamento e poverta’ nel delta del fiume Niger (http://www.amnesty.org/en/library/info/AFR44/017/2009/en), Amnesty International chiede alle aziende petrolifere che operano in Nigeria di rendere pubbliche le informazioni sull’impatto delle loro operazioni sull’ambiente e i diritti umani.
Da diversi anni, Amnesty International segnala come la mancanza di trasparenza sugli impatti ambientali dell’industria petrolifera – in particolare, sulle fuoriuscite di petrolio e le indagini condotte per accertarne le cause – mini i diritti umani delle popolazioni che vivono sul delta del fiume Niger.

La decisione di Eni/Naoc di mantenere l’impegno preso durante l’assemblea degli azionisti del 2013 dal suo amministratore delegato
(http://www.amnesty.it/amnesty-international-italia-interviene-assemblea-generale-azionistie-eni) a fornire informazioni sulle indagini sulle fuoriuscite di petrolio e’ quindi significativa.

Sebbene Eni/Naoc abbia intrapreso questo passo positivo, Amnesty International Italia ritiene necessario che siano poste in essere ulteriori forti misure per garantire che le informazioni fornite siano attendibili e possano essere verificate in maniera indipendente. L’anno scorso, ad  esempio, l’organizzazione per i diritti umani ha notato che i dati divulgati dalla Shell sulle fuoriuscite di petrolio, resi pubblici nel 2011, presentavano gravi manchevolezze. I dati sono stati rivisti da un esperto statunitense in materia di oleodotti, il quale ha concluso che in alcuni casi vi erano errori.

Indagare sulle fuoriuscite di petrolio nel delta del fiume Niger e’ un importante questione di diritti umani. Come sottolineato nel rapporto di Amnesty International del novembre 2013 sulla scarsa qualita’ delle informazioni sulle indagini relative alle fuoriuscite di petrolio in quella regione
(http://www.amnesty.org/en/library/info/AFR44/028/2013/en), se le fuoriuscite di petrolio vengono attribuite ad atti di sabotaggio o al furto di petrolio le comunita’ colpite non otterranno alcun risarcimento, nonostante l’impatto devastante che la fuoriuscita ha avuto su fonti di sostentamento, alloggi, cibo e acqua. Se invece la fuoriuscita e’ stata causata da errori della compagnia petrolifera, le comunita’ avranno diritto a un risarcimento. Nella maggior parte dei casi, e’ la stessa compagnia petrolifera a decidere quale sia stata la causa della fuoriuscita e cio’ rappresenta un evidente conflitto di interessi.

Con la pubblicazione su Internet delle informazioni relative alle indagini sulle fuoriuscite di petrolio, c’e’ maggiore possibilita’ di condurre una revisione indipendente dei dati pubblicati e di ridurre quindi la possibilita’ di cattive pratiche.

Amnesty International continuera’ a monitorare il sito Internet di Eni/Naoc, offrendo suggerimenti per sviluppare ulteriormente questo strumento.

Ulteriori informazioni
Dal maggio 2009 Amnesty International svolge un’azione per il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente nel delta del fiume Niger, in Nigeria. Il sostentamento di oltre il 60 per cento delle persone che vivono nella regione dipende dall’ambiente naturale. A causa delle fuoriuscite di petrolio, dello scarico di rifiuti e delle torce di gas prodotte dalle compagnie petrolifere – quali Shell, Total e la stessa Eni – che da anni operano sul territorio, gli abitanti sono costretti a usare acqua inquinata per bere, cucinare e lavarsi, a nutrirsi con pesce contaminato e a respirare agenti inquinanti. Su questi temi, Amnesty International Italia e’ impegnata in un dialogo con Eni, sviluppatosi nel corso di una serie di incontri a partire dal novembre 2009.