Ieri mi è arrivato un pacchetto a casa: conteneva “Dinknesh, una storia etiope”, un libro scritto da Carlo Presciuttini, un carissimo amico che per le nostre storie personali considero come un fratello maggiore. Carlo infatti ha 70 anni ed è nato nel 1955, esattamente 10 anni più di me e come me ha fatto il servizio civile e l’insegnante. Certo quando lui fece obiezione di coscienza al servizio militare non erano molti a fare questa scelta. Bisognava sottoporsi al giudizio di una commissione esaminatrice, che aveva il compito di verificare l’autenticità della propria dichiarazione di contrarietà all’uso individuale e collettivo delle armi, ovviamente partendo dal presupposto che essere invece favorevoli all’uso delle armi sia la normalità che non ha bisogno di essere indagata e sottoposta a giudizio. Inoltre, con una forma punitiva abrogata molti anni più tardi dalla Corte Costituzionale, vi era l’obbligo di prestare un Servizio Civile alternativo a quello militare di 20 mesi invece di 12.
Carlo svolse quindi il suo servizio civile a Roma, tra la fine del 1977 e la metà del 1979, con il Movimento Internazionale per la Riconciliazione e aderì alla Lega Obiettori di Coscienza. Si occupò in particolare della produzione e del commercio delle armi, che già allora l’Italia forniva con disinvoltura a feroci dittature e a Paesi in guerra, talvolta, con una buona dose di cinismo, addirittura ad entrambe le parti contrapposte (all’Iran e all’Iraq giusto per fare un esempio). Carlo si occupava soprattutto allo studio di progetti di fattibilità finalizzati alla riconversione della produzione industriale, dal settore bellico a quello civile, collaborando con la Federazione Lavoratori Metalmeccanici, potente organizzazione sindacale che allora univa gli operai e gli impiegati metallurgici di Cgil, Cisl e Uil.
Il principale interlocutore era il sindacalista Alberto Tridente, che in seguito sarebbe diventato europarlamentare per Democrazia Proletaria, partito della nuova sinistra rosso-verde affine alle opinioni politiche di Carlo e alle mie.
Tra la fine del 1979 fino al termine del 1980, Carlo venne assunto come responsabile del Centro di Formazione di Trappeto da Danilo Dolci, uno dei maestri del pensiero nonviolento, che fondò e fu per molti anni responsabile del Centro Studi e Iniziative di Partinico; le due località si trovano a pochi chilometri di distanza in provincia di Palermo.
I principali interlocutori di Carlo furono la Chiesa Valdese, le scuole elementari e medie del territorio e le realtà politiche e sindacali più sensibili ai temi del disarmo e della difesa dell’ambiente. Carlo seguì inoltre con interesse l’avviarsi dell’esperienza della scuola comunitaria di Mirto, fortemente voluta da Danilo Dolci.
Rientrato a Roma fu tra i promotori di Archivio Disarmo, esperienza nata nel 1982 su sollecitazione del senatore Anderlini della Sinistra indipendente (composta da intellettuali eletti come indipendenti nelle liste del Partito Comunista Italiano).
I primi anni Ottanta del secolo scorso (nonostante il crescente riflusso politico successivo al lungo Sessantotto italiano, che percorre tutti gli anni Settanta, fino alla sconfitta degli operai della Fiat di Torino del 1980) furono gli anni di un vasto movimento pacifista italiano ed europeo contro l’istallazione dei missili dotati di testate nucleari Pershing e Cruise da parte della Nato e SS20 da parte dell’Unione Sovietica.
Il dispiegamento degli euromissili, in un periodo di forte tensione tra la Nato ed il Patto di Varsavia, aumentava esponenzialmente i rischi di una guerra atomica combattuta sul teatro europeo. Soltanto l’avvento di Michail Gorbaciov come Segretario Generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica portò a una politica di distensione e di disarmo, purtroppo abbandonata in questi ultimi anni, riesumando toni bellicisti finalizzati a far accettare le politiche di riarmo europeo a scapito della difesa delle conquiste dello stato sociale.
Nel 1983 anche Carlo partecipò alle lotte per tentare di fermare la conversione dell’Aeroporto “Magliocco” di Comiso in una base militare statunitense dove posizionare i missili Cruise, che peraltro erano montati su veicoli in grado di disperderli nel territorio siciliano, come infatti accadeva durante le esercitazioni. In questa occasione tuttavia possiamo registrare un vittoria postuma del movimento pacifista poiché l’Aeroporto di Comiso è ora civile e la base militare statunitense è stata smantellata.
A quel tempo io e Carlo non ci conoscevamo, ma in qualche modo le nostre vite si intrecciarono: nel 1982 a Varese, mentre frequentavo l’istituto magistrale, ascoltai Danilo Dolci raccontare la storia delle lotte nonviolente in Sicilia, anch’io partecipai a Comiso al movimento pacifista e feci il Servizio Civile tra il 1984 e il 1985 per Pax Christi a Napoli, nel quartiere popolare Ina Casa di Secondigliano. Infine collaborai a Roma con il Centro Interconfessionale per la Pace, diretto allora da Padre Gianni Novelli, che negli anni Settanta era stato giornalista della rivista COM/Nuovi Tempi (edita dalle Comunità Cristiane di Base e dai Valdesi).
Successivamente, nel 1984, Carlo vinse il concorso come insegnante di Italiano, Storia, Geografia ed Educazione Civica di Scuola Media, diventò quindi Preside nel 1993 e, dopo un incarico presso il Ministero degli Affari Esteri alla Farnesina, andò a lavorare, a partire dal 2002, ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia come Direttore della Scuola Italiana.
La Scuola Italiana di Addis Abeba è tuttora una delle numerose istituzioni scolastiche statali che operano all’estero per i dipendenti delle ambasciate e per i figli degli italiani che vogliono mantenere un più stretto contatto con la madrepatria.
La Scuola Elementare e la Scuola Media di Addis Abeba avevano tuttavia la caratteristica di essere frequentate da un buon numero di bambine e bambini etiopi. Durante questa sua esperienza Carlo fece il possibile e l’impossibile per favorire l’inserimento di questi alunni etiopi e soprattutto per impedirne l’allontanamento per cause economiche, arrivando a pagare di tasca propria la retta alle famiglie più povere, con le quali strinse rapporti di sincera ed intensa amicizia.
Rientrato quindi a Roma nel 2010, sempre come Dirigente Scolastico, negli ultimi tre anni del suo lavoro approdò alla mia scuola di allora, la Lola di Stefano, dell’Istituto Comprensivo Crivelli a Monteverde Nuovo. Io ero stato eletto come RSU della FLC CGIL, condividevamo principi di massima trasparenza ed equità nell’assegnazione del Fondo di Istituto (spesso invece utilizzato con grande disinvoltura a beneficio della ristretta corte di zelanti e fedeli collaboratori di Dirigenti Scolastici autoritari).
Soprattutto ricordo l’impegno di Carlo (mio e di alcune altre insegnanti) per favorire l’inserimento nella nostra scuola delle bambine e dei bambini rom di origine rumena e bosniaca del Campo di Via Candoni, peraltro assai distante dalla nostra scuola, come atto di solidarietà nei confronti delle scuole più limitrofe (come quella in cui insegno attualmente al Trullo) che non potevano assumersi da sole questo compito gravoso ma fondamentale.
Ricordo una visita che facemmo io e Carlo al campo di via Candoni per incontrare le famiglie di alcuni nostri alunni: non è facile trovare dirigenti scolastici così aperti e disponibili.
Dopo essere andato in pensione nel 2016, Carlo è tornato per un anno nella sua amata Etiopia. Da anni divorziato e padre di tre figli ormai grandi (curiosamente due dei suoi quattro figli hanno lo stesso nome di due dei miei quattro figli: Irene e Francesco), si sposò con Alem, una donna etiope, anzi più precisamente tigrina, ma per ragioni di salute della moglie che necessita di cure specialistiche, è rientrato in Italia e vive ora a Terni, con la moglie e la sua quarta figlia Betty (a questo punto, per non farle un torto scrivo che l’altra figlia si chiama Chiara). Betty frequenta l’Università di Terni, dove ha ritrovato due studentesse etiopi della Scuola Italia, e dove collabora in particolare, come sempre con paziente spirito unitario, con i giovani di Potere al Popolo.
Nel suo libro, con grande affetto Carlo mi ringrazia di averlo spinto a scrivere la sua straordinaria storia di educatore, militante nonviolento e dirigente di un’istituzione scolastica della Repubblica Italiana fedele ai valori della Costituzione più che ai desiderata dei vari governi. Una persona estremamente gentile e pacata nei modi, capace di dialogo, ma al tempo stesso di idee radicali. Un uomo sensibile e capace di empatia, di ascolto e di condivisione con le famiglie povere ed emarginate della capitale etiope per aiutarle a dare un futuro alle loro bambine ed ai loro bambini. .

Dal fiume al villaggio, portatrici d’acqua, Foto Carlo Presciuttini
Il suo libro è sicuramente uno strumento utilissimo per avvicinarsi alla cultura e alla vita quotidiana di un popolo, quello etiope, verso il quale peraltro l’Italia ha un debito storico per gli efferati crimini contro l’umanità commessi durante l’occupazione fascista.
Soprattutto ci aiuta a capire perché molte donne e uomini rischiano di essere imprigionate, torturate e violentate e sfidano la morte attraversando il deserto ed il Mar Mediterraneo per sfuggire alla guerra e alla fame, pur restando intimamente legate alla propria terra e alla propria cultura.
Buona lettura dunque.
Dalla prefazione: Una giovane donna etiope racconta la propria vita e quella della sua famiglia a un amico italiano, dando voce a chi solitamente è costretto al silenzio. Emergono scene di un’infanzia difficile, lotte quotidiane per sopravvivere, speranze riposte nel futuro dei figli. E’ un racconto di precarietà endemica, ma anche di coraggio, solidarietà familiare e dignità. E’ il ritratto di un popolo che resiste e sogna, che non teme di guardarsi in uno specchio ove anche noi, lettori d’Occidente, possiamo osservarci, accorgendoci dell’indifferenza e superficialità che dimostriamo nel giudicare chi vive ai margini senza conoscerne la storia.
“Laddove è sofferenza, non voltiamoci dall’altra parte: ciascuno di noi ha momenti difficili da affrontare e necessita del conforto di una persona amica.” Carlo Presciuttini

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