Nei giorni scorsi presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati è stato presentato il risultato del monitoraggio sullo stato dello spazio civico in Italia nel 2025, alla luce del recente declassamento dell’Italia a “spazio civico ostruito” del Civicus Monitor 2025 (https://monitor.civicus.org/globalfindings_2025/)  e per illustrare le iniziative avviate dalla società civile a tutela delle libertà democratiche.

Il rating di Civicus colloca l’Italia allo stesso livello di Paesi come l’Ungheria di Viktor Orbán e conferma un deterioramento strutturale delle libertà di espressione, manifestazione e associazione, aggravato dall’approvazione del Decreto Sicurezza, dalla criminalizzazione del dissenso e dai casi di sorveglianza illegale ai danni di giornalisti e attivisti. “Tra il 2024 e il 2025, si legge nell’Introduzione del Civic Pace Report 2025 Italy (ultimo aggiornamento novembre 2025), redatto da Erasmo Palazzotto e Greta Veresani, l’Italia ha registrato una preoccupante escalation di eventi che segnalano una crescente restrizione dello spazio civico e una vera e propria regressione democratica. Attiviste e attivisti impegnati nella difesa dei diritti umani, dell’ambiente, dei diritti LGBTQIA+, del diritto alla casa o della giustizia climatica sono stati oggetto di criminalizzazione, misure preventive e procedimenti giudiziari, in un clima politico sempre più repressivo. Parallelamente, nuovi provvedimenti normativi – come il cosiddetto Decreto Sicurezza – hanno ampliato gli strumenti a disposizione delle autorità per limitare la libertà di manifestare e reprimere il dissenso. A ciò si aggiunge l’uso crescente di tecnologie invasive, attività di sorveglianza e infiltrazioni, che hanno colpito in particolare giornalisti, attivisti e organizzazioni della società civile, aggravando ulteriormente il quadro”: https://www.arci.it/app/uploads/2024/10/Rapporto-2024_2025-Spazio-Civico_dic25_compressed.pdf.

Anche il Report 2024-2025 di Amnesty International segnala per il nostro Paese nuovi episodi di tortura per mano del personale penitenziario, la violenza contro le donne, che resta a un livello pericolosamente alto e le tante persone che hanno continuato a essere vittime di razzismo e discriminazione, anche a opera di ufficiali statali. Il Rapporto sottolinea come l’Italia abbia tentato di inviare in Albania richiedenti asilo salvati in mare, per far esaminare la loro richiesta fuori dal Paese e denuncia come in più occasioni la polizia abbia fatto ricorso a un uso eccessivo e non necessario della forza contro manifestanti e abbia limitato il diritto alla libertà di riunione pacifica. Amnesty sottolinea come circa il 10 % della popolazione viva in povertà assoluta e lancia l’allarme sui perduranti ostacoli all’aborto. Da ultimo, ricorda che a luglio, il cambiamento climatico indotto dalle attività umane ha causato un’ondata di calore estremo.

Il Rapporto segnala, in particolare: le migliaia di detenuti che hanno sopportato condizioni di vita al di sotto degli standard in celle sovraffollate e fatiscenti e il crescente numero di suicidi tra i detenuti, che al 20 dicembre erano arrivati a 83 (ad aprile, alcune procuratrici hanno rivelato che 13 agenti penitenziari erano stati arrestati e otto sospesi per accuse di tortura e altre violazioni contro ragazzi trattenuti nel carcere minorile di Milano. Anche due ex direttrici del carcere sono state indagate per non aver impedito e denunciato gli abusi, che duravano da anni); le condizioni nei centri di rimpatrio per migranti che non hanno rispettato gli standard internazionali, con persone tenute in gabbie spoglie con mobili in cemento, strutture igieniche inadeguate e mancanza di attività significative; le novantacinque donne che sono state uccise in episodi di violenza domestica, 59 delle quali per mano di partner attuali o precedenti (a febbraio, il Comitato Cedaw ha espresso preoccupazione per l’“elevata diffusione della violenza di genere contro le donne” e la scarsa percentuale di denunce. Ha anche evidenziato il fatto che la definizione giuridica di stupro non fosse basata sul consenso); le circa 1.700 persone che sono morte in mare lungo la rotta del Mediterraneo centrale nel tentativo di raggiungere l’Europa. La maggior parte era partita dalla Libia e dalla Tunisia.

“L’attuale panoramica delle misure e dei provvedimenti adottati dal governo Meloni, si legge nelle conclusioni del Rapporto, negli ambiti da noi monitorati, a tre anni dal suo insediamento, restituisce la fotografia di un governo che ha scelto la costante e progressiva adozione di leggi, politiche e misure tese a restringere lo spazio civico, erodere le libertà di espressione e associazione, prendere di mira organizzazioni solidali e identità marginalizzate. Un governo che ha polarizzato il dibattito pubblico sui temi relativi alla sicurezza pubblica, alla migrazione e alla crisi in Medio Oriente, che invece necessitano di spazi di dialogo e di confronto non solo con tutto lo spettro delle forze politiche rappresentate in Parlamento, ma anche con organizzazioni e associazioni della società civile. (… ) Nel campo delle misure in tema di pubblica sicurezza, con particolare riferimento al cosiddetto “decreto sicurezza”, il governo Meloni si è mostrato incurante dei rilievi presentati dall’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’Osce, dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e dai diversi relatori speciali delle Nazioni Unite; ma anche delle mobilitazioni di massa nelle piazze e dell’opposizione in Parlamento, dove il dibattito è stato troncato con un anomalo ricorso alla decretazione d’urgenza. Con una manovra che non si può che definire autoritaria, sono state inasprite le pene per diversi reati e sono state introdotte quattordici nuove fattispecie di illeciti”.

Qui il Report “Il governo Meloni al giro di boa: lo stato di salute dei diritti umani  in Italia a tre anni dall’inizio della XIX legislatura”: https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2025/12/Amnesty-International-Italia-Il-Governo-Meloni-al-giro-di-boa.pdf.