È nella giornata del 3 febbraio, correva l’anno 1962, che l’allora amministrazione Kennedy emette il Proclama 3447, vale a dire l’atto con il quale si decreta il blocco commerciale, economico e finanziario contro Cuba, un blocco che assume le forme di una vera e propria guerra economica, finanziaria e commerciale contro l’isola, un provvedimento del tutto illegale e illegittimo, che perdura tutt’oggi. È un atto aggressivo e ritorsivo assunto dagli Stati Uniti contro Cuba che fa seguito alla sconfitta politica e alla sconfitta militare subita dagli USA.

Nel 1953, nella data ormai leggendaria del 26 luglio, fallisce il tentativo insurrezionale, con l’assalto alla caserma Moncada di Santiago di Cuba, che segna tuttavia, sotto il profilo storico e politico, l’atto d’inizio del processo rivoluzionario che avrebbe portato alla caduta del regime di Batista e all’instaurazione del governo rivoluzionario a Cuba; dal 1955 si riorganizza il movimento rivoluzionario sotto la guida di Fidel Castro; nel 1956 lo sbarco del Granma porta sull’isola, dal Messico, il gruppo che avrebbe sviluppato la «guerra di guerriglia» e impostata l’avanzata rivoluzionaria negli anni seguenti; nel 1958, alla fine dell’anno, si svolge la decisiva battaglia di Santa Clara, che ospita oggi il monumentale Mausoleo di Che Guevara; con la fuga del dittatore Batista, la notte di capodanno del 1959, Fidel entra a Santiago tra ali di folla e designa la città capitale provvisoria di Cuba; l’8 gennaio del 1959 Fidel e i rivoluzionari entrano nella capitale, L’Avana.

Instaurato il governo rivoluzionario, nel 1960 viene decretata la nazionalizzazione delle proprietà straniere, in particolare statunitensi, sull’isola; nel 1961 l’operazione militare degli Stati Uniti, pianificata dalla CIA, di rovesciamento del governo rivoluzionario con la tentata invasione di Playa Girón (comunemente nota come la Baia dei Porci), viene sconfitta e respinta; quello stesso 1961, con uno storico discorso, viene dichiarato il carattere socialista della rivoluzione cubana. Con le parole di Fidel, «ciò che gli imperialisti non possono perdonarci è che siamo qui, è la dignità, l’integrità, il coraggio, la fermezza ideologica, lo spirito di sacrificio e lo spirito rivoluzionario del popolo di Cuba. Questo è quello che non possono perdonarci… che siamo qui, sotto il loro naso, e che abbiamo fatto una rivoluzione socialista proprio sotto il naso degli Stati Uniti!».

Il bloqueo diventa la ritorsione violenta e criminale a questa nuova, imperdonabile per gli Stati Uniti, situazione. In base alla sezione 620 [a] della legge sull’assistenza all’estero, il governo statunitense stabilisce una sorta di “embargo” totale sul commercio con l’isola, formalizzando una serie di misure economiche e commerciali aggressive e unilaterali che erano state applicate contro Cuba sin dagli anni precedenti. La portata economica e politica del bloqueo è tale, riprendendo ancora le parole di Fidel, che «non è solo la proibizione da parte degli Stati Uniti di qualsiasi tipo di commercio con il nostro Paese, sia che si tratti di macchinari, sia che si tratti di qualcos’altro, di medicinali. Il blocco significa che a Cuba non si può vendere nemmeno un’aspirina per il mal di testa, o un farmaco antitumorale che può salvare una vita o alleviare le sofferenze di chi si trova alla fine della vita; nulla, assolutamente nulla, può essere venduto a Cuba!». Ogni anno, il report informativo del governo cubano aggiorna sul volume e sugli effetti del bloqueo criminale e questi dati sono importanti per avere un’idea dell’impatto che queste misure ritorsive e coercitive, illegittime e illegali, hanno sulla vita di un’isola di poco meno di 110 mila kmq e poco meno di 12 milioni di abitanti.

Il documento, aggiornato al 2022, esordisce ricordando che «il blocco è una massiccia, flagrante e sistematica violazione dei diritti umani di tutti i cubani. In uno spietato atto di crudeltà, gli Stati Uniti hanno applicato, durante questo periodo, con precisione chirurgica, misure volte a colpire tutti i settori più sensibili della società cubana e creare disperazione nella popolazione»; sono ancora in vigore, inoltre, anche le oltre 240 misure coercitive unilaterali applicate contro Cuba da Donald Trump. «A prezzi correnti, i danni accumulati nei sei decenni di applicazione del bloqueo ammontano a oltre 150 miliardi di dollari. Tenendo conto del deprezzamento del dollaro rispetto al valore dell’oro nel mercato internazionale, il blocco ha causato danni quantificabili in oltre 1326 miliardi di dollari»: per intenderci, quanto l’intero PIL (2022) del Messico. Per questo, «non può essere ignorato l’effetto cumulativo del blocco, e le sue conseguenze, che hanno generato una situazione di scarsità nel Paese. Scarsità e difficoltà nell’approvvigionamento di cibo, medicinali e presupposti per sviluppare processi economici e produttivi sono fenomeni che spesso non possono essere immediatamente quantificati, ma che hanno un impatto innegabile sulla vita quotidiana del popolo cubano».

Senza contare gli effetti della legge Helms-Burton (1996), che ha esteso e rafforzato la portata extra-territoriale del blocco, attraverso misure coercitive contro Paesi terzi, al fine di ostacolare e bloccare le loro relazioni commerciali, finanziarie e di investimento con Cuba. In termini di impatto sui singoli settori, continua il documento, nel settore sanitario «solo nei primi sette mesi del 2021, il bloqueo ha causato perdite per un valore di 113.498.300 dollari»; nel settore agro-alimentare «gli effetti del bloqueo sono notevoli, con una stima, tra gennaio e luglio 2021, di 369.589.550 dollari»; nel settore dell’istruzione, della cultura e dello sport, «tra gennaio e luglio 2021, i danni provocati dal blocco ammontano a ca. 30.032.550 dollari»; ancora, «i danni economici e le perdite … al settore delle comunicazioni e delle tecnologie dell’informazione, comprese le telecomunicazioni, nel periodo gennaio-luglio 2021, sono stimati in 37.520.578 dollari». Infine, «gli effetti causati dal blocco al commercio estero cubano nel periodo gennaio-luglio 2021 raggiungono la cifra di 923.829.755 dollari.Il blocco delle transazioni finanziarie cubane, accompagnato da una campagna di intimidazione senza precedenti contro le banche e gli istituti finanziari che operano con Cuba, ha inciso in modo significativo sull’attività economica internazionale del Paese».

La sfera della salute e quella dell’istruzione sono, senza dubbio, due tra gli ambiti più direttamente aggrediti dagli effetti del bloqueo e che più direttamente si traducono in fortissime limitazioni nella completa fruizione di diritti essenziali come quello alla salute e alla scuola. Dopo la fine (1991) dell’esperienza storica dell’URSS, principale partner commerciale di Cuba, l’isola ha subito una riduzione del PIL del 35% in tre anni, blackout e un calo dell’apporto calorico nell’alimentazione. Tuttavia, mentre pressoché tutti i Paesi cosiddetti “a capitalismo avanzato” andavano adottando misure di tagli, dismissioni e privatizzazioni, nel corso di tutti gli anni Novanta, la spesa pubblica cubana per la sanità è aumentata del 13% solo tra il 1990 e il 1994, nella fase più dura e problematica del «período especial», seguito alla fine dell’Unione Sovietica, e si attesta oggi ad una quota pari al 12% del PIL, con un numero di medici pari a 8 ogni mille abitanti (in Italia sono 4 ogni mille abitanti).

Oggi, Cuba non solo mantiene un sistema sanitario interamente pubblico, gratuito e universale, ma continua anche ad essere all’avanguardia nei progressi scientifici su scala internazionale, come hanno dimostrato le missioni mediche di Cuba a sostegno anche dei Paesi più avanzati, tra i quali, com’è noto, l’Italia (due brigate mediche nel 2020, a Crema, in Lombardia, e a Torino, in Piemonte, e una terza missione medica, tra il 2022 e il 2023, in Calabria, e lo sviluppo, con sole risorse interne, di ben cinque vaccini, tra cui Abdala e Soberana, nello specifico, vaccini a subunità proteica e non a m-RNA). In un suo recente report (2021), l’UNESCO ha riconosciuto il primato di Cuba nella regione nella produzione e sviluppo di vaccini contro il coronavirus.

Quanto all’istruzione, gli effetti principali del bloqueo riguardano il pagamento di costi elevati per il noleggio o l’acquisto di tecnologia, da mercati lontani, con intermediazione di Paesi terzi, la mancanza o carenza di determinate risorse, le difficoltà e limitazioni negli approvvigionamenti: non potendo utilizzare il dollaro USA nelle transazioni internazionali, Cuba è costretta a pagare in euro, perdendo somme ingenti solo nella conversione di valuta. L’impossibilità di fornire tutti i moduli multimediali didattici necessari, le limitazioni nell’acquisizione di libri, strumenti e materiali audiovisivi che integrino l’apprendimento, le carenze negli approvvigionamenti di tecnologia avanzata sono solo alcune delle conseguenze dirette del bloqueo.

All’impossibilità di accedere agli strumenti informatici si aggiungono le problematiche causate dalle limitazioni nell’ampiezza della banda di internet, che incide non solo nel processo educativo e nelle funzioni didattiche, ma anche sull’aggiornamento e la manutenzione dei sistemi informatici in generale e del sistema bibliotecario nazionale; perfino l’accesso a diversi siti web è bloccato se il punto di accesso corrisponde a un IP ospitato sull’isola. Ciononostante, Cuba continua a difendere, sviluppare e fare avanzare il proprio sistema di istruzione, interamente pubblico, universale e gratuito, e ad esso destina oltre il 16% della spesa pubblica (in Italia è l’8%), numeri che fanno di Cuba il Paese latino-americano con il più alto indice di sviluppo dell’istruzione secondo i dati UNESCO. Il sistema di istruzione, in vigenza del bloqueo, garantisce il 100% dei bambini e dei ragazzi.

La dimensione della violazione (delle violazioni) dei diritti umani e della giustizia internazionale che il bloqueo configura è abnorme al punto tale che (praticamente) tutto il mondo si è ripetutamente espresso contro il blocco e per la sua cancellazione. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha già condannato per trenta (trenta) volte il blocco statunitense nei confronti di Cuba; nell’ultima sessione (3 novembre 2022), il risultato della votazione è stato di 185 voti a favore della mozione di Cuba che chiedeva l’eliminazione del bloqueo, e solo 2 astensioni (il Brasile di Bolsonaro e l’Ucraina del regime di Kiev) e 2 contrari (Stati Uniti e Israele).

La prima volta che Cuba ha presentato un progetto di risoluzione alle Nazioni Unite per la cessazione del bloqueo è stata subito dopo la fine dell’Unione Sovietica, nel 1991; la prima volta che la risoluzione è stata messa ai voti è stata nel 1992; allora i favorevoli furono 59; 71 gli astenuti, solo 3 i contrari, Stati Uniti, Israele e Romania. USA e Israele si astennero nel 2016; per il resto sono gli unici al mondo a essere sistematicamente contrari alla fine del bloqueo; l’Ucraina, assente nel 2018, astenuta nel 2019 e nel 2021, ha votato contro nel 2022. Alla fine, la posizione nei confronti del bloqueo verso Cuba finisce per essere anche una sorta di «cartina di tornasole» della posizione degli Stati rispetto alle più elementari norme di giustizia e diritto internazionale.