Dunque si è trattato di “un antipatico incidente”, cose che “possono capitare”, per usare le parole del Segretario della Nato Stoltenberg. Peccato che “l’antipatico incidente” abbia tenuto per ore il mondo con il fiato sospeso perché si è temuto che potesse diventare l’occasione per un’escalation incontrollata, cioè dare vita allo scenario paventato da molti in questi mesi,  dall’inizio della guerra provocata come è noto dall’aggressione russa. Inoltre peccato che ”l’antipatico incidente” sia costato la vita a due persone, che si vanno ad aggiungere alle decine di migliaia di vittime, tra civili e militari, che si sono registrati dal 24 febbraio. A questo proposito c’è da rilevare come questo conflitto, che a molti ha ricordato, pur con le debite proporzioni e contesto temporale, le dinamiche imperialiste della prima guerra mondiale, che provocarono la macelleria di milioni di morti, iniziando a invertire il rapporto tra il numero di morti in divisa e i civili, abbia riequilibrato la macabra contabilità. Secondo recenti stime, sono stati duecentomila i morti tra le file dei due eserciti, mentre si ignora il numero di chi ha dovuto subire i bombardamenti e le violenze delle truppe di Putin e, in numero evidentemente più limitato i “cosiddetti effetti collaterali”, cioè il “fuoco amico”.

Ma tornando alle tensioni e agli sviluppi potenzialmente imprevedibili di ieri sera, è l’ennesima dimostrazione di come si stia scherzando (si fa per dire) con il fuoco. Siamo sul filo del rasoio, anzi sulle montagne russe, è il caso di dirlo, e sulle “montagne della Nato”. Cioè basta un nulla perché si possa precipitare nel baratro. Proprio ieri mattina mi chiedevo come avrei reagito se fossi stato Putin di fronte all’esito dell’incontro Biden Xi Jimping, tutto sommato abbastanza positivo. Si sta parlando dei due giganti che da tempo si stanno affrontando sullo scenario mondiale a vari livelli, con la possibilità che in futuro il “confronto” possa pericolosamente spostarsi dal piano economico, e non solo, anche sul terreno militare. E quando ho appreso ciò che era accaduto in Polonia mi sono detto, ecco…

Ma il mio quesito era parziale perché anche chi è stato vittima dell’aggressione e in questi mesi ha dovuto subirne tremende conseguenze, ha evidentemente storto il naso, esaltato dai presunti successi militari di queste settimane. E le dichiarazioni di fuoco di ieri sera di Zelenski ne erano la testimonianza.

Dichiarazioni che cozzavano con quelle piuttosto equilibrate e responsabili, le uniche in quel momento,  di Biden;  gliene va dato atto, anche perché ormai è dimostrato come gli Usa stiano imboccando, sperando di non essere smentiti, una via diversa da quella della precipitazione dello scontro. In questo hanno trovato probabilmente una sintonia con i cinesi. Non sono un esperto, ma a me sembra evidente.

Dunque aggressore e aggredito, pur nella diversità di posizione, potrebbero avere interesse paradossalmente a favorire un contesto in cui il conflitto ora circoscritto deflagri. Il primo per mettere in difficoltà l’alleato cinese, o presunto tale, l’altro per costringere il sempre più riluttante amico americano a rivedere le posizioni ormai indirizzate verso una possibile soluzione diplomatica. Ma al di là delle ipotesi o delle dietrologie rimane la conferma di come in contesti simili “l’antipatico incidente” sia all’ordine del giorno e come la necessità di un tavolo negoziale che riparta dagli accordi di Minsk non sia più procrastinabile.

Altrimenti potremmo poi dire: “Ah, se solo l’avessimo saputo!”, come affermò il cancellerie tedesco dopo l’immane catastrofe del primo conflitto mondiale.