Ho conosciuto Giuseppe Santangelo, in arte Pepp, qualche anno fa in occasione di eventi dedicati al sociale e alla contestazione avvenuta nelle scuole a causa degli “allontanamenti” dall’insegnamento a cui si dedicava con passione.

Persona giovane, gioviale e vivace. Le sue origini siciliane quasi lo impongono, intraprendente e soprattutto musicale, suona il sassofono tenore ed è compositore jazz.

Santangelo ha conseguito il diploma di laurea a Palermo con la tesi “Jazz: forme, struttura, linguaggio” in cui esplicita in modo tecnico e analitico la musica che pratica. Si trasferisce a Milano per continuare ad approfondire i suoi studi, si perfeziona alla Civica Jazz ed entra a far parte dell’Orchestra Civica come primo tenore in sezione.

Incontra altri suoi colleghi artisti jazz e suona con Enrico Rava, Fabrizio Bosso, Jimmy Heath, Percy Heath, massimo Nunzi e Paolo Silvesti.

Nel 2010 alla Civica Jazz Di Milano consegue il diploma in sax e partecipa a diversi Festival in giro per l’Italia. Alla fine trova il suo punto di riferimento stabile a Varano Borghi (Varese), dove inizia la sua produzione di compositore attratto dalla filosofia e dalla ricerca dell’Essere, inteso come ricerca del “Sé” e si dedica all’insegnamento del Sax in scuole private e dell’Educazione Musicale nelle scuole pubbliche di secondo grado.

L’interesse compositivo lo porta ad approfondire diverse tematiche studiando la filosofia di Pitagora e Platone, la fenomenologia con Roman Ingarden, l’energia e le vibrazioni della musica nella spiritualità con Alessio di Benedetto, ma anche Carl Gustav Jung e James Hilmann, Castaneda, Osho, Krishnamurti, per citarne alcuni.

Nascono album come Darshan con gli “Apramada Project” e “My Name Is” con il Peppe Santangelo Quartet.

Guardando la copertina del suo ultimo album, uscito in luglio, mi sono incuriosito per due motivi: il personaggio esce dalla Borsa Valori di Milano un po’ infagottato nel suo abito ma con camicia e cravatta (in verità l’abito sembra più una costrizione); alla fine della scalinata ci sono diverse frecce che non indicano le strade di qualche città, ma strade di impegno civile, tra cui risulta anche Julian Assange.

L’album si intitola “The Seller of Ideas” ovvero “Il venditore di idee”. Mentre scrivevo questa recensione mi è giunta la notizia che Santangelo aveva aderito su mia sollecitazione alla 24 ore dedicata ad Assange che si svolgerà il 15 ottobre ed era disposto a parteciparvi.

Dopo vari tentativi sono riuscito a contattarlo, cosa non facile, dato che è sempre in affanno con i suoi impegni di padre, di imprenditore e di musicista. Alla fine ci sono riuscito e gli ho posto qualche domanda relativa a questo suo album.

Abbiamo fatto un percorso sociale insieme, ma non abbiamo mai avuto l’occasione di parlare della tua musica. Mi pare che siano collegati, o sbaglio?

Sono assolutamente interconnessi. Ho sempre reputato fondamentale per un artista che voglia fregiarsi di tale nome rimanere vigile sulla realtà che ti circonda e in quale sei immerso. In fondo cos’altro è un artista se non una” sentinella” della sensibilità che fa da collante tra il mondo reale e quello irreale? L’artista unisce i due mondi, li piega al proprio linguaggio, cerca di gettare un ponte verso una nuova sintesi e comprensione, rischiando tutto Se stesso. Alla luce di quanto ho detto, ritengo che oggi ci siano troppo pochi artisti e tantissimi professionisti. Nella confusione culturale che viviamo, le due categorie vengono spesso confuse.

Quali sono i tuoi impegni attuali? So che sei stato costretto lasciare l’insegnamento. Perché?

Oltre a dedicarmi alla musica e alla scrittura e a cercare di portare in giro le mie opere, mi occupo di un negozietto che abbiamo aperto con mia moglie all’indomani del ricatto scolastico del Green Pass. E’ stato un ricominciare da capo. Ho lasciato perché vedo traditi in questa scuola, in questa istituzione, in tutta la categoria, i principi fondamentali della nostra missione di insegnanti, che non è quella di portare a casa lo stipendio a ogni costo. Vedi, se dopo un bagliore immenso in una stanza che mette in evidenza tutti i particolari celati dalla penombra fai finta di non averli mai visti e continui a vivere come se quella penombra fosse reale, il problema non è la luce, è la cecità!  Io non posso, non ci riesco, il “far finta che…” non fa parte del mio essere.

Conosco il tuo album “Darshan” e devo dire che ho avuto un trasporto verso le mie conoscenze ascetiche. Puoi darmi qualche riferimento in più su cosa ti ha portato a questa composizione?

La consapevolezza del cammino e di dove voglio andare. Infatti è stato il primo disco. Apramada Project vuol dire progetto del Pensiero Cosciente. Ogni buon viaggio comincia con la consapevolezza di volerlo fare. Ero pronto. È stato come dire: “Ciao a tutti, io non so se sono bravo, ma sono sicuro di volerlo fare. Vi farò sapere alla fine com’è andata”.

“Apramada” è pensiero cosciente. Come lo intendi? E’ come arrivare allo Shahasrara, il chakra della liberazione? Osho Rajneesh spiegava che se raggiungi lo Shahasrara non sei più un uomo, ovvero non appartieni più a questa terra perché sei diventato divino. C’è qualche nesso?

Sì, ma io lo intendo come primo passo. In ogni fase della vita, in ogni attimo, in ogni scelta, cambia la sostanza della scelta e quindi del suo risultato, se nel momento in cui scegli hai la consapevolezza di aver scelto. Che poi la scelta può voler dire tante cose –  rischio, impegno, sacrificio, tutto quel che vuoi. Rimane un processo umano, terreno, ma sicuramente influisce ed è capace di scardinare il corso degli eventi se sei stato Tu, e solo Tu a scegliere. Cambia in un attimo, il Presente, il Passato e il Futuro. Ancora non c’è la sorpresa esterrefatta del Divino, ma il Divino si manifesta in te quanto ti sei diretto verso di esso perché ne hai acquisito consapevolezza. Questa è la mia interpretazione.

Che influenza hanno avuto sulle tue composizioni gli studi di filosofia e la ricerca dell’Essere? Cosa intendi trasmettere attraverso il jazz e come?

Lo faccio attraverso il suono! È l’unica vibrazione congenita al nostro Universo capace di racchiudere la sostanza di quello che sei e farlo arrivare agli altri, il pubblico, in grado di avere i mezzi per decodificarla.

Arriviamo alla filosofia di denuncia del tuo nuovo album “The Sellers of Ideas”. Cosa ti ha portato a questa composizione? Vuoi dirci qualcosa della copertina, dove vengono rappresentate la Borsa Valori di Milano e le indicazioni di vie da seguire nell’impegno sociale?

L’album nasce da questi due anni in cui vedevo gli artisti parlare poco, nascondersi dietro falsi messaggi di cambiamento per barattare qualche concerto in più, tradendo così quello che è il compito dell’artista nei confronti del potere. Forse non se ne sono accorti, dai grandi nomi a quelli meno conosciuti, ma hanno barattato la loro identità con un atteggiamento da cortigiani rinascimentali. Non è il mio modo. Ho pensato quindi a questa suite, dove parlo dei Venditori di Idee e del loro modus operandi. Infatti nei titoli sono rappresentati delle categorie reali che sono propaggini utili al Potere. The Scientist, The Doctor, The Religious, The Intellecttual, The Journalist sono utili strumenti per The Billionarie, brano finale del disco, che tutti li muove e tutti li utilizza, cercando di rimanere celato e in disparte a curare i suoi affari, mentre loro vendono all’opinione pubblica la sua merce, che è fatta di idee, prima che di cose. Ho pensato al palazzo della Borsa perché oggi questo è il loro luogo di incontro.

La copertina è un mix tra Dante e Orwell. Dante immaginava gli Ipocriti nella sesta bolgia dell’ottavo girone dell’Inferno ricoperti da una cappa dorata. Sul palazzo invece potete vedere le famose frasi ipocrite del Grande Fratello Orwelliano. E cos’è il potere se non ipocrita? Lo evidenziano le indicazioni stradali dove ho sintetizzato quelle che secondo me sono le più grandi ipocrisie del potere odierno, tra cui non poteva mancare Assange.

Mi fa piacere la tua adesione alla 24 ore dedicata alla liberazione di Julian Assange. Mi pare che questa composizione faccia riferimento proprio a casi come il suo, ovvero che se sei disposto a dire la verità vai incontro a seri problemi.  Puoi raccontarmi come ti è nata l’idea di questo progetto musicale?

Dovremmo stare tutti vicino alla verità. Assange e tanti uomini e donne nel mondo rinunciano a tutto per starvi vicino e noi dobbiamo tanto a loro. Questo disco è il mio modo di stare vicino alla verità. E badate bene, io non possiedo la verità, proprio per questo lotto per viverci vicino, in prossimità, perché è sempre meglio che farsi avvolgere e sedurre dalla menzogna.

The Sellers of Ideas si può scaricare qui in versione integrale.