Domenica 24 aprile, i Francesi e le Francesi sono chiamate alle urne per il secondo turno delle elezioni presidenziali. Sono tenuti a scegliere il “meno peggio” tra Emmanuel Macron, che al primo turno ha ottenuto 27,8% dei voti espressi e Marine Le Pen che ne ha ottenuti il 23,1%. Gli attori di questa tragedia sono gli stessi del 2017. Di entrambi ormai conosciamo programmi, aspirazioni e origini politiche e per molti l’esito è già scontato. Eppure il dibattito che infiamma la Francia non è lo stesso di cinque anni fa.

La differenza sta nel fatto che in questi ultimi 5 anni i Francesi hanno capito cosa significa il governo Macron, mentre di cosa significa il governo di Marine Le Pen, molti sono pronti a dirlo, a immaginarlo ma non possono testimoniarlo. Gli ultimi presidenti infatti sono stati eletti grazie all’appello al Fronte Repubblicano, ovvero quella convergenza di forze politiche repubblicane che dal 2002 supporta qualsiasi candidato si opponesse ai Le Pen, padre e figlia, simboli dell’estrema destra francese. Il voto bianco o l’astensione sono sinonimo di lasciare vincere Le Pen

In questi 5 anni Marine Le Pen ha ricostruito la sua immagine, sia con uno spostamento di parte del suo programma economico su un piano sociale, sia con il supporto dei media francesi che l’hanno de-demonizzata. L’arrivo sullo scenario mediatico di Eric Zemmour, polemista ancora più estremo nelle sue dichiarazioni razziste, ha permesso alla LePen di essere “normalizzata” (vedi meccanismo della Finestra di Overton).

L’atteggiamento dei media, in mano a gruppi finanziari, in parte facenti capo a Bolloré, è stato quello di creare il “nemico ideale” da far vincere al primo turno, per poi ridemonizzarlo alla vigilia del secondo.

L’elettorato Francese che non ha già votato per Macron o Le Pen al primo turno sa già a chi rivolgersi per il secondo. I partiti che nei precedenti ballottaggi presidenziali (Partito Socialista, i Repubblicani), hanno deciso di supportare Macron, insieme ai Verdi. Mentre la Le Pen sa già di poter contare sui sostenitori di Zemmour.

La fetta più importante di elettori che potrebbe intervenire a decidere le sorti di questo secondo turno è rappresentata da chi ha votato Mélenchon al primo turno (22% dei voti espressi) e gli astensionisti al 26% degli aventi diritto. Questi ultimi sono maggioritariamente presenti tra gli operai e i giovani, e tendono storicamente a crescere nel secondo turno. Nonostante l’annuncio di Mélenchon di “non dare nemmeno un voto a Madame Le Pen”, chi lo ha votato al primo turno non si dice certo di voler votare per Macron e partecipare al Fronte Repubblicano. Il brivido dell’incognito scorre lungo il corpo elettorale astensionista e di sinistra che potrebbe decidere di non votare Macron.

Cosa pesa su questa riflessione?

Anzitutto i 5 anni di regime neoliberale di Macron: aumento delle diseguaglianze sociali, soppressione di posti nella funzione pubblica, eliminazione della tassa sul patrimonio, regali fiscali alle imprese e ai più ricchi, violenze poliziesche contro i Gilets Gialli che, se fossero capitati in uno Stato definito antidemocratico, sarebbe intervenuta la NATO. Sul tema migranti Darmanin, attuale ministro dell’interno, ha accusato la LePen di essere troppo “soft”.

Con altri 5 anni di Macron la popolazione francese è certa di soffrire ulteriormente le misure di austerità già previste oltre all’aumento dell’età pensionabile in programma. Il tutto è ammantato da un’ideologia che propone i valori del successo, della concorrenza sfrenata e della start-up nation.

Cosa potrebbe accadere con cinque anni di Marine Le Pen è fortemente prevedibile, anche al netto della demonizzazione proveniente dai media francesi. Stando alle sue dichiarazioni e al suo programma Le Pen vuole la presunzione di innocenza per le violenze della polizia, vietare il velo in strada in quanto simbolo di islamismo, togliere la tassa sul patrimonio immobiliare, puntare tutto sull’energia nucleare, eliminando fotovoltaico ed eolico.

Quello che però attira una parte dell’elettorato anti-sistema e le classi popolari sono le proposte relative all’implementazione dei referendum popolari, al taglio dell’IVA per le energie e l’aumento dei salari (ma finanziato con l’esonero dai contributi pagati dai datori di lavoro), sostegno a famiglie e ai giovani. L’importante è che siano Francesi, beninteso.

L’elettorato di sinistra è diviso e la contestazione sociale rivolta a Macron è stata forte negli ultimi anni, tanto che molti vorrebbero un cambiamento, qualsiasi esso sia purché l’incubo appena vissuto non si ripeta. O forse è proprio la violenza del regime neoliberale di Macron a tentare il popolo Francese nel riconsiderare l’utilità del “Fronte repubblicano”. Questi dubbi permettono di capire la gravità della situazione: per alcuni lo spettro del fascismo non è più così allarmante rispetto ai danni provocati dalle politiche neoliberiste di Macron. Il fascismo è un fenomeno che è stato storicizzato e per questo motivo rigettato da chi è pronto a votare Macron “con il naso tappato”. Il neoliberismo invece è il sistema in cui siamo immersi e per questo più difficile da riconoscere come illiberale, reazionario e pericoloso.

Numerosi sono gli appelli per partecipare o meno al Fronte Repubblicano. Gli argomenti in ballo per ora sono diversi: dal tentativo di colpevolizzare chi non vuole contribuire ad altri cinque anni di “lacrime e sangue” perché contribuirebbe all’avvento del fascismo, all’idea che in fondo non possa andare peggio di così, e che ci si possa ritenere protetti dal “privilegio bianco” di non essere coinvolti dai possibili danni del programma razzista delle Le Pen che colpirebbe soprattutto le minoranze.

Il sistema presidenziale francese della Quinta Repubblica, non a caso disegnato da Charles de Gaulle durante la crisi algerina, si presta più di altri del mondo occidentale alla possibilità di derive autoritarie. Che domenica vinca il principe del neoliberismo Macron, o la razzista Le Pen, i Francesi avranno difficoltà sia ad esprimere un’opposizione in un Parlamento dai poteri molto limitati, sia una contestazione che, pur avendo espresso tutto il suo furore per le strade e le rotonde, ha incontrato la reazione violenta della polizia.

Il doppio turno francese impone una scelta binaria frustrante che impone argomentazioni più o meno valide, su quale sia il male minore da evitare. I Francesi saranno tenuti a scegliere, come dicono loro, tra la peste e il colera.