Sabato mattina, corro da un presidio all’altro: prima a San Donato. Mi perdo per arrivare, un labirinto di strade, tra autostrada MI-BO, tangenziali, via Emilia, palazzoni e viali. Arrivo finalmente nei pressi del pratone;  non l’avevo mai visto. Ricordate il bellissimo pratone? Quello che i cittadini della zona cercano tuttora di difendere. Nelle vicinanze c’è il Comune di San Donato Milanese e il presidio è ancora in corso. Sono soddisfatti: pur avendolo organizzato in tre giorni, ci sono decine di persone, tante bandiere, cartelli, striscioni.

A Berlino c’è “Unter der linden” cioè il viale dei tigli, il più famoso della città. Qui oggi sono arrabbiati: a San Donato hanno tagliato tre giorni fa 75 tigli, piante che avevano almeno 50 anni. I cittadini lo hanno scoperto a cose fatte; il sindaco, il giorno dopo, in un messaggio sulla rete, “si è scusato”. Qui invece gli insulti si trattengono a stento. Un frullato di rabbia e tristezza.

Incontro Fabrizio Cremonesi, uno degli attivisti, finalmente di persona, dopo tante telefonate e scambi di messaggi. Avremmo voglia di abbracciarci, ma ci tratteniamo. Come fossimo noi gli alberi che hanno tagliato. Mi dice: “Secondo me questo è terrorismo! Erano vite e sono state abbattute senza pietà, senza un senso. Queste generazioni di politici si riempiono la bocca di sostenibilità, green, partecipazione, ma la realtà è un’altra. Qui Eni la fa da padrona, la sensazione è che i sindaci che si sono susseguiti obbediscano al gigante dell’energia e ai suoi interessi.” Mi accompagna a vedere il viale dove è stato fatto lo scempio. Hanno già portato via “i corpi”. Gli alberi sono spariti e pare vogliano al più presto far sparire anche i ceppi rimasti a terra. Li tocchiamo, sembra siano ancora caldi. Viene da piangere.

Intorno spadroneggiano questi palazzi giganteschi dell’Eni, non a caso verdi, lucenti, con pianticelle che si vedono spuntare dalle terrazze in alto, come fosse quella la nuova vegetazione che fa ombra e dà ossigeno. Una burla. Fabrizio mi mostra i palazzoni, loro li conoscono bene: c’è il primo, il secondo, il terzo… fino al sesto, in costruzione. Enormi. Sembrano astronavi, architettura futurista. Alcuni sono inutilizzati, venduti ad immobiliari, pura speculazione che non si ferma. Eppure, questa era “Metanopoli”: la città giardino! Che tale doveva essere e rimanere.

Il taglio degli alberi sembra sia dovuto alla costruzione di un paio di rotonde, con slargo e parcheggio. E pare ci siano anche “oneri di urbanizzazione” per i quali i cittadini dovrebbero pure dire: “Grazie”. Vergogna.

Li saluto e corro al presidio che si svolge nei pressi del Parco del Ticinello. Anche qui decine di attivisti che in questo caso fanno controinformazione, con tantissimi cartelli, fotografie, piantine, progetti appesi ad una rete. Qui sembra che il possibile taglio di alberi sia stato scongiurato, ma rimangono molte questioni aperte e il Comitato difesa ambiente di zona 5 insiste, tallona consiglieri di zona e comunali. Chiedono che si piantumi di più e meglio, che non si badi solo alla quantità, ma anche alla qualità, al creare ambienti belli.

Pare che una zona di “attrazione” nella parte sud del Parco del Ticinello non verrà fatta, le pressioni sono servite, ma la sensazione è che non ci si possa mai distrarre. Il comitato è sempre vigile, basta poco e dal cilindro dell’amministrazione potrebbero rispuntare cemento, lampioni e calcestre. E poi la cascina Campazzino, sulla quale la partita è ancora aperta. Il comitato chiede che rimanga un bene pubblico e non venga privatizzata.

Si termina con vino e focaccia per tutti e tutte. Grazie a questi cittadini e cittadine che resistono e spendono tempo ed energie nella convinzione che il territorio sia un bene pubblico e solo la partecipazione condivisa e attenta possa determinare la sua salvaguardia.

Foto di Andrea De Lotto e Fabrizio Cremonesi