Murat Cinar è un giornalista e un attivista politico per la pace e la nonviolenza che da oltre 10 anni collabora con Pressenza assicurando in particolare una informazione indipendente e critica su ciò che succede in Turchia. E’ anche il fondatore e il coordinatore dell’edizione di Pressenza in turco.

Il suo ultimo libro riguarda 11 storie di persone fuggite dalla Turchia, per una serie di motivi; c’è una campagna di crowdfunding che è alle battute finali per far in modo che questo libro possa essere pubblicato: https://www.produzionidalbasso.com/project/11-storie-di-resistenza-11-anni-della-turchia/

Innanzi tutto come sta andando la campagna e quanto manca alla fine?

Sta andando meglio di quanto pensassi. Il mio obiettivo è alto ma sembra che ci arriverò entro la fine della campagna. Ho meno di un mese per terminarla, ma se sarà necessario farò una piccola estensione della scadenza.

Il libro tratta 11 storie, come le hai scelte e quali sono i loro tratti comuni?

Ho lavorato per due anni per contattare, approfondire i loro casi e intervistare circa 30 persone In alcuni casi sono andato a trovarle a Parigi e Atene per esempio. Consolidare la fiducia, studiare le loro storie e capire se sono pronti a parlare sono lavori difficili e lunghi da fare. La distanza fisica di sicuro non aiuta, tra l’altro. Alcuni si trovano in Svezia o in Irlanda. Inoltre essendo io un “nessuno”, perché dovrebbero fidarsi di me? I servizi segreti di Ankara sono presenti ovunque: Germania, Austria, Kosovo, Messico, Bosnia, Romania e arrestano gli oppositori. Quindi la paura di chi è andato via di casa è maggiore. Poi alcune persone pensano che prima o poi ritorneranno in Turchia per cui “non ne vogliono parlare male”. Infine ho notato che tra le persone obbligate a lasciare il loro paese è molto diffusa la depressione, in diversi gradi. Questo fa sì che non vogliano parlare del loro passato oppure abbiano deciso già di dimenticare tutto come se fosse un metodo di “cura”: insomma, un lavoro duro e lungo.

Ho scelto queste 11 storie perché sono di persone forti, determinate e che non hanno mollato. I regimi dittatoriali se non riescono a sbattervi in galera oppure ad ammazzarvi desiderano che voi stiate zitti e vi sentiate pentiti. Queste 11 persone invece anche se vivono all’estero sono ancora in piedi. Imparano la lingua del paese in cui vivono, creano nuove reti, trovano un lavoro, si reinventano, producono, scrivono, parlano e la cosa più importante è il fatto che non si siano lasciati andare nelle mani della vendetta. Sono arrabbiati con il regime in Turchia ma non pensano che questo regime meriti di più, quindi incanalano la loro rabbia in una forma di resistenza.

Tra di loro ci sono quelli che hanno visto la galera, addirittura l’isolamento per 3-4 anni. C’è anche chi è stato picchiato una volta durante una manifestazione, oppure degli accademici che hanno perso il lavoro. Tra queste persone ci sono anche quei cittadini che non hanno avuto a che fare con la legge in Turchia ma vogliono vivere in pace e serenità, e crescere i loro figli in un paese non fondamentalista.

Il libro è un lavoro in équipe con varie persone: ce le puoi descrivere e spiegarci il senso di questa azione collettiva?

Ci sono due cari amici, Chiara e Adriano, che hanno lavorato nella redazione del secondo libro che ho scritto con Deniz Yucel. poi da circa due anni lavoriamo insieme per il progetto OgZero. Abitano nella mia città, Torino conoscono i miei limiti giornalistici, linguistici, intellettuali e politici. Io li ammiro molto e imparo un sacco ogni giorno da loro, per cui è la scelta migliore quella di affidare a loro la redazione del lavoro; correzione linguistica, strutturazione dei capitoli, analisi concettuale di tutto il libro e l’impaginazione.

Poi c’è Bruno che è un caro amico e ex collega. Lavora nel campo del design e dell’illustrazione. E’ molto bravo a fare il suo lavoro e mi trovo bene, come amico, su diversi temi. A livello politico, culturale e intellettuale siamo allineati. Bruno è nato e cresciuto in Brasile, San Paolo, poi si è trasferito in Italia a Torino e dopo a Londra in Inghilterra. Sa cosa vuol dire vivere lontano da casa ed essere immigrato, anche per questo motivo è il grafico ideale per questo progetto. Bruno, oltre alla copertina, cura anche ogni singola illustrazione che aprirà i capitoli del libro. Il libro, grazie a Bruno, sarà anche una sorta di opera d’arte. Inoltre con Bruno ho già collaborato all’epoca per un piccolo opuscolo che ho curato sulla libertà di stampa in Turchia.

Qual è l’obbiettivo di questo libro?

Ci sono diversi obbiettivi. Prima di tutto vorrei far vedere al lettore italiano che in Turchia, fuori o dentro, c’è chi resiste e lotta per un’alternativa mettendo a rischio anche la sua vita. Poi si parla molto del regime in atto ma si parla poco dell’effetto e del danno che crea questo sui cittadini. Le persone devono lasciare il loro paese quindi vengono devastate diverse vite. Questo aspetto umano non va trascurato. In questo libro parlo anche di questo. Infine questa nuova diaspora sì ha trovato un rifugio in Europa, ma anche diverse difficoltà. Parlo dell’accoglienza a 360 gradi in diversi paesi. Le persone che intervisto sono forti e determinate ma hanno anche visto sia la faccia solidale sia quella razzista e opportunista dell’Europa. Quindi questo libro è anche sull”immigrazione e penso che per il lettore italiano sia utile capire quali esperienze provano gli stranieri in diversi paesi europei.

La Turchia è un luogo significativo del Mediterraneo eppure a volte ci pare così distante: tu che vivi in Italia da tanto tempo puoi aiutarci a capire e a costruire legami?

La storia antica ma anche quella contemporanea ci fanno capire che nelle acque del Mediterraneo dormono sì delle persone ma anche dei ricordi importanti. Queste acque hanno sempre collegato i popoli per svariati anni e motivi. Purtroppo con il passare del tempo l’UE è diventata una fortezza e la Turchia, rimasta fuori dalle mura, è stata lasciata al suo “destino”. Tuttavia con il passare del tempo il regime al potere in Turchia è anche diventato una cosa “normale” con la quale possiamo fare degli affari e degli accordi. Questa cultura perversa di consolidare i rapporti, secondo me, ha fatto sì che l’UE e la Turchia si allontanassero sempre di più tra di loro. Invece di collaborare per diffondere la cultura della democrazia e imparare reciprocamente purtroppo è stata instaurata una cultura di “convivenza” a base di reciproco ricatto e sfruttamento. Per carità, non è una novità per la storia dell’umanità, ma forse a volte sarebbe meglio non ripetere gli stessi errori. Anche perché a causa di queste scelte economiche, politiche e sociali sbagliate il futuro di milioni di persone viene scombussolato e l’Europa si trova sempre di più in una boccia per pesci.

Le storie che racconti parlano di una Turchia molto differente dall’attuale: quali sono gli ideali che uniscono i protagonisti e che configurano l’immagine di un paese futuro?

Ovviamente tutti vorrebbero che questo regime se ne andasse, che la Turchia tornasse a essere un paese democratico e laico. Ci sono e c’erano diversi problemi da sistemare in Turchia ma questi ultimi 20 anni sono stati un ulteriore danno per lo sviluppo del paese. Le persone che ho intervistato vorrebbero vivere liberamente in Turchia, abbracciare i loro cari e magari anche morire in pace in Turchia. Vorrebbero che immigrare all’estero fosse un diritto, non un obbligo. Alcune persone che ho intervistato hanno perso quasi tutto: lavoro, soldi, case, familiari, etc. Ovviamente per i loro casi le richieste sono tante.