Il Garante Nazionale per le Persone Private della Libertà ha pubblicato il rapporto 2021 in occasione dell’audizione in Parlamento.

In questo rapporto ci sono le mappe dei dati che riguardano le persone che sono state trattenute in stato di detenzione nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) e quelle che sono state rimpatriate, dati suddivisi per nazionalità.

Ci sono due aspetti che saltano immediatamente agli occhi il primo è che: in Arabia Saudita, Bahamas, Bulgaria, Camerun, Capo Verde, Ciad, Cuba, Eritrea, Etiopia, Francia, Giamaica, Guinea, Guinea Bissau, Lituania, Moldavia, Niger, Polonia, Portogallo, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Romania, Ruanda, Sierra Leone, Siria, Sudan, Thailandia, non sono stati effettuati rimpatri.

Anche escludendo dall’elenco gli Stati dell’Unione Europea appare chiaro che molti Paesi non sono intenzionati a riaccogliere persone emigrate dal proprio territorio.

La percentuale di persone che hanno fatto richiesta di protezione internazionale all’interno dei CPR e bassissima, 1,28%, il che conferma il basso numero di rimpatri, 51% su 4.387 persone che sono state tenute in regime di detenzione, tra l’altro a fronte di prevedibili notevoli costi per la collettività, visti anche gli ultimi tagli di risorse destinati ai CPR, al punto che Gepsa s.a., che gestisce il CPR di Torino, ha dichiarato di lavorare in perdita e di non concorrere più per il prossimo appalto.

Va da sé che se Gepsa s.a. concorrerà ancora sarà perché beneficerà di un’incremento di assegnazione di risorse che peserà ulteriormente sul bilancio dello Stato, già fortemente provato dei problemi relativi alla pandemia.

Inoltre: per quanto tempo le persone sono rimaste in regime di detenzione dopo la richiesta di asilo, per di più a spese dello Stato? Dichiarazioni che ha raccolto la nostra redazione di Torino denunciano che la detenzione nel CPR Brunelleschi possa venire prorogata anche laddove ci sia in essere una richiesta di asilo formalizzata nel CPR.

Il secondo dato significativo nel rapporto: in Argentina, Australia, Albania, Brasile, Georgia, Kenya, Messico, Mongolia, Paraguay, Peru, Repubblica di Serbia, Seychelles, Sud Africa, Ucraina, Taiwan, il numero di rimpatri è superiore al numero di persone detenute nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), il che significa che è possibile rimpatriare anche senza la detenzione, ricordiamo in assenza di reato penale, nei CPR.

C’è anche un altro tragico dato: nel 2020 ci sono stati 3 morti, tre eventi tragici occorsi in strutture ove le persone vengono private della libertà semplicemente perché hanno varcato un confine.

Quest’anno, Moussa Balde si è tolto la vita nel CPR di Torino, vittima come sappiamo di un feroce pestaggio, considerato non vittima ma un mero clandestino.

Sussistono accordi bilaterali per i rimpatri tra l’Italia e alcuni Stati, secondo notizie di cui disponiamo, peraltro confermate da pubblicazioni sul web, sono i seguenti :

  • Albania 03/12/2008 (Implementazione di accordi europei)
  • Algeria 22/07/2009 (Accordi di polizia)
  • Libia 02/02/2017 (Memorandum d’intesa)
  • Marocco 27/07/1998 (Accordo)
  • Tunisia 09/02/2017 (Accordo quadro)
  • Egitto Accordo di polizia firmato il 18/06/2000 ed entrato in vigore 09/01/2007
  • Turchia 09/02/2001 (Accordi di polizia)
  • Ghana 08/02/2010 (Memorandum d’intesa)
  • Niger 09/02/2010 (Memorandum d’intesa)
  • Nigeria 12/06/2011 (Memorandum d’intesa)
  • Senegal 28/07/2010 (Memorandum d’intesa)
  • Sudan 03/08/2016 (Memorandum d’intesa)
  • Gambia 29/07/2010 (Accordi tra polizie)
  • India 21/01/2000 (Accordi tra polizie)
  • Pakistan 03/2000 (Accordo)
  • Filippine 28/02/2004 (Accordo)

Come si può vedere dall’elenco, sono pochissimi gli accordi realmente in essere, alcuni sono meri memorandum d’intesa altri, e questo salta agli occhi, sono “Accordi di Polizia”.

Cosa sono gli “Accordi tra Polizie”? Lo possiamo vedere nel sito della Farnesina. Si tratta di accordi che presuppongono la sussistenza di reati, com’è logico che sia, finalizzati spesso al problema della criminalità organizzata. Molto poco quindi hanno a che fare con la questione generale dei rimpatri delle persone migranti, sappiamo che circa per l’80% dei casi le persone che entrano in detenzione nei CPR “provengono dalla libertà”, e quindi non hanno commesso alcun reato.

La questione è stata affrontata anche da ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione).

Lo ribadiamo: l’anno scorso, in piena pandemia, sono transitate – ovvero private della libertà – nei centri di permanenza per i rimpatri 4.387 persone, di cui solo il 50,1% sono state rimpatriate.

Ci sono evidentemente persone che sono state private della libertà senza una reale e concreta possibilità di rimpatrio.

Su che basi le Questure avanzano istanza di privazione della libertà, a fini di espulsione, per persone per le quali di fatto non sussistano le possibilità per effettuarne l’espulsione?  Gli uffici stranieri (delle Questure), ovviamente, non possono non disporre di questi dati, sono certamente loro che forniscono le statistiche al Viminale. Ricordiamo, tra l’altro, che l’anno scorso a causa della pandemia molte rotte aeree erano inoperative, il che rendeva impossibili i rimpatri.

La D.ssa de Robert (membro dell’Ufficio del Garante Nazionale per le Persone Private della Libertà) ha ricordato – la cosa grave è che occorra nel 2021 in Italia ricordarlo – che la libertà è il bene più prezioso per la Persona.

Su quali basi i giudici di pace, a questo punto osano, convalidare e prorogare la privazione di libertà nei centri di rimpatrio per persone che concretamente non sono rimpatriabili perché non sussistono le possibilità di farlo?

Quindi chiediamo al Governo, al Senato, alla Camera, con tutta l’autorevolezza che ci è data dal diritto/dovere d’informazione ai cittadini: qual è, esattamente, la ratio della privazione di libertà alle persone migranti?

Nel 2020 nessuna persona di origine guineiana è stata rimpatriata, sempre la D.ssa de Robert ha dichiarato in conferenza stampa alla Camera, che da anni nessun guineiano viene rimpatriato.

E quindi chiediamo anche alla Procura di Torino: in base a quale criterio Moussa Balde, guineiano, nei fatti inespellibile, è stato privato della libertà in un centro per rimpatri? Qual è la catena delle responsabilità?