Ahmed Samir Abdelhay Ali, 29 anni, è uno studente di origine egiziana del Master in Sociologia e Antropologia Sociale presso la CEU (Central European University) di Vienna.  Il suo lavoro accademico si concentra principalmente sui diritti delle donne in Egitto, con particolare attenzione alla storia dei diritti riproduttivi e l’accesso a trattamenti legali e sicuri.

Il suo caso mostra un’inquietante somiglianza con quello di Patrick Zaki, come emerge dalla ricostruzione degli eventi riportata di seguito.

Il 15 dicembre 2020 Ahmed è tornato in Egitto durante le vacanze per visitare la sua famiglia. È arrivato all’aeroporto internazionale del Cairo Sharm Elsheikh, dove è stato interrogato brevemente e gli è stato permesso di andare a casa.

Il 23 gennaio 2021 alle 2 del mattino, funzionari pesantemente armati e mascherati delle forze di sicurezza centrali sono entrati nella casa di Ahmed al Cairo senza un mandato, hanno condotto una perquisizione illegale e sequestrato le riprese delle telecamere a circuito chiuso.

Il 1° febbraio 2021 Ahmed è stato arrestato dalle Forze di Sicurezza Egiziane dopo essere stato convocato nel commissariato di polizia del quinto distretto.

E’ stato trattenuto per cinque giorni senza avere accesso all’assistenza legale e senza poter comunicare con la famiglia. La polizia ha ufficialmente negato che Ahmed fosse in sua custodia e non ha consentito alcun contatto.

Il 6 febbraio 2021 il Procuratore di Sicurezza dello Stato ha formalmente accusato Ahmed di adesione a un’organizzazione terroristica e diffusione deliberata di notizie e dati falsi attraverso il suo account privato su Internet.

Il 23 febbraio 2021 è stato convocato presso la SSSP (Procura Suprema Egiziana per la Sicurezza dello Stato) per “continuare le indagini”; la Procura lo ha accusato anche di “finanziare un’organizzazione terroristica” e lo ha rinviato in custodia cautelare, estesa una volta senza alcun supporto legale. Tutte le accuse avanzate nei suoi confronti sono completamente infondate.

Ahmed ha testimoniato di essere stato schiaffeggiato e picchiato su diverse parti del corpo durante gli interrogatori della polizia e di essere stato tenuto in isolamento dal momento del suo trasferimento alla prigione di Liman Torah, il 6 febbraio, in una cella gelida e senza la possibilità di avere vestiti invernali e di comunicare con la sua famiglia.

Il 2 marzo la sua detenzione preventiva è stata rinnovata. Ahmed non si trova più in isolamento.

L’8 marzo gli è stata concessa una visita di 20 minuti con la madre, ma a oggi non ha ancora avuto accesso a una rappresentanza legale.

La detenzione arbitraria e illegale di Ahmed ha suscitato reazioni in diversi paesi:

Amnesty Austria ha lanciato una petizione per richiedere il suo rilascio immediato. Ad oggi, numerose dichiarazioni riprendono questa richiesta, come quella di Amnesty International, che lo ritiene un “prigioniero di coscienza”, condivisa da varie organizzazioni egiziane per i diritti umani e quella del Presidente e Rettore della Central European University.

Si sono espressi con forza per la sua liberazione anche:

Su Facebook si è creato il gruppo FreeAhmedSamir, che promuove iniziative per la sua liberazione. Il 19 febbraio Amnesty Austria ha protestato insieme a studenti e membri della CEU di fronte alla ambasciata egiziana di Vienna.

Il 20 marzo si è tenuta una manifestazione analoga a Berlino e ad aprile sono previste nuove azioni di protesta e solidarietà.