Parliamo di un piccolo libro, bello, un piccolo gioiello di grafica e di contenuto. Il titolo fa pensare a qualcosa di delicato e leggero, di colorato e felice. Ma non è esattamente così.

Un lavoro a più mani, con testo sia in italiano che in arabo affinché possa essere letto anche dalle famiglie e dai bambini di cui il libro parla e per i quali è stato ideato. I bellissimi disegni che lo arricchiscono sono realizzati prevalentemente dal vignettista Fogliazza, del quale sono anche i disegni in schede separate, da colorare, per i lettori più piccoli.

La “Storia di una bambina farfalla di Gaza” è ideato da Gianna Pasini, un’infermiera di Brescia ora in pensione, ma non a riposo, la quale, circa 8 anni fa, in un viaggio nella Striscia di Gaza scopre che ci sono bambini colpiti da epidermolisi bollosa, o EB, una dolorosissima malattia genetica che rende la pelle fragile come ali di farfalla. Da qui il nome dato ai bimbi affetti da questa malattia rara.

Qualcuno ne soffre in forma leggera e fa una vita quasi normale, per quanto possa essere normale vivere a Gaza, dove curarsi le vesciche provocate dall’EB è come affrontare una ripida salita con una gamba sola.

Quando Gianna ha scoperto i bambini farfalla, si è resa conto che la malattia è inguaribile, però è possibile alleviarne i dolori e anche regalare a questi piccoli malati qualche momento di felicità. E da allora Gianna va periodicamente a Gaza portando qualche regalino insieme ai medicinali per curare le piaghe. Quando non può andare si affida a Isshaq, perfettamente istruito sul da farsi. Isshaq è un ragazzo di circa 25 anni affetto in forma leggera da questa malattia.

Tutto è raccontato in brevi storie in questo libretto concepito come un puzzle di cui la prima tessera è una filastrocca dedicata a questi bambini tristemente speciali. La seconda è la testimonianza di Martina, una bimba farfalla di Brescia. Sì, di Brescia, perché l’EB è una malattia rara, ma esiste anche in Italia dove, per fortuna, è più facile curarla e quindi le aspettative di sopravvivenza e la qualità della vita sono ben diverse rispetto a Gaza.

 

Dopo la testimonianza di Martina e della mamma, il volumetto si riempie della storia della bambina farfalla di Gaza, una bimba di 9 anni di cui non si dice il nome perché il suo racconto rappresenta le voci di tutti i bambini malati come lei all’interno della Striscia. La sua storia è introdotta da un disegno di Fogliazza, così tenero che nasconde la malinconia dietro ai colori e porta addirittura uno schizzo di allegria.

La piccola butterfly racconta la sua vita di “bimba con le bolle” che quando scoppiano lasciano la carne nuda e fanno tanto male, una vita tra l’embargo, l’acqua inquinata, le bombe che spesso arrivano di notte, gli amici italiani che vengono a curarla, Isshaq che la fa ridere, i pescatori colpiti dai proiettili israeliani, il sostegno del PCRF (una onlus di soccorso medico) per farla andare a scuola, e poi il gioco del calcio, amatissimo a Gaza, e il tifo della sua famiglia per il Real Madrid e il suo personale per il campione gazawo Mahmud Sarsak imprigionato da Israele. E in poche righe scopriamo tutto il bello e tutto il tragico di Gaza sotto assedio.

Poi la penna passa a Gianna, che racconta dei suoi primi viaggi a Gaza e di quando, nel 2013, incontra Daniela e Paolo che seguono i butterfly children. Comincia così il suo impegno per questi bambini. Comincia quando i suoi amici la portano a conoscere Fahed, un bimbo di 8 anni molto segnato dalla malattia, e poi Reema, sua coetanea altrettanto segnata, ma che è fiera di mostrare che sa scrivere il suo nome, nonostante le sue dita siano tutte attaccate, perché glielo ha insegnato Daniela.

Gianna resta colpita dalle storie di queste povere vite e decide che non appena andrà in pensione questa sarà la sua mission a tempo pieno: dedicarsi ai bambini farfalla di Gaza. Gianna è una donna spaventosamente testarda, come sa chi la conosce. Non è facile liberarsi di lei se ha un progetto in testa che coinvolge chi le sta davanti. Così, con la testardaggine che la caratterizza, decide di dover trovare un sostegno non periodico ma continuativo per questi bambini. E allora, cercando tra le varie organizzazioni, scopre che la onlus guidata dal dottor Vincenzo Luisi (il PCRF) svolge regolari missioni sanitarie nella Striscia. Entra in contatto con la coordinatrice della onlus e riesce ad ottenere che anche i butterfly children possano rientrare nelle loro cure.

Gianna lo racconta nelle pagine in cui non dimentica di citare nessuno e in cui spiega come lavora con i “suoi” bambini fino a confessare il “compenso” ottenuto da questo lavoro. Lo rivela raccontando del piccolo Wesam che un giorno, dopo le dolorose medicazioni, le si era affidato sfinito, addormentandosi tra le sue braccia e riempiendola di una tenerezza così struggente da farle dire che doveva accettare “quell’amore così puro che sanava antiche ferite.” Un “compenso” che non ha prezzo!

Poi arrivano le pagine di Daniela Riva, l’iniziatrice del progetto. È commovente leggere del suo incontro quasi casuale col piccolo Hazem, che sembrava un bambino bruciato dalla testa ai piedi. Non si sapeva che male avesse e allora Daniela indaga e scopre che anche altri bambini hanno quella terribile malattia che è l’EB. Si mette in contatto con la onlus DEBRA di Milano che se ne occupa e scopre che qualcosa si può fare per ridurre le sofferenze di questi bambini. Nelle sue pagine racconta di come, grazie alla fondazione Vittorio Arrigoni, realizzerà un progetto capace di cambiare completamente la vita, anche se breve, di quelle creature le cui famiglie, credendo non ci fosse nulla da fare, erano rassegnate a vederle spegnere man mano che la malattia avanzava.

L’arrivo di medici dall’Italia e le tecniche di medicazione, la possibilità di camminare e addirittura di andare a scuola sembravano un miracolo. Mettere insieme le famiglie, organizzare feste per e con questi bimbi è stata per Daniela una gioia talmente grande che anche lei, come Gianna, confessa il suo “compenso”: curare le ferite di quei bambini era stata anche una cura per le sue proprie ferite e lo dichiara pubblicamente, ringraziandoli per averle aperto un mondo di resistenza e di reciproco amore.

Martina Luisi, coordinatrice del PCRF Italia, nelle sue pagine conferma tutto e scrive che “partecipare agli sforzi di Daniela e Gianna è un sincero motivo di orgoglio per il PCRF”. E non ne dubitiamo.

Questo piccolo libro a più mani, fatto di tante storie e tanti splendidi disegni, si chiude poi con la post-fazione del suo editore, il prof. Wasim Dahmash il quale, coinvolto dal vulcano Gianna, ha accettato di pubblicarlo mettendoci competenza e cura e concludendolo con pagine di storia che ricordano i crimini subiti dalla Striscia di Gaza. Qui, in seguito alla Nakba, avevano trovato rifugio un gran numero di profughi cui Israele aveva rubato le terre e le case. Uno degli episodi più strazianti raccontati dal prof. Dahmash risale al gennaio del “49, quando la Croce Rossa aveva radunato centinaia di profughi nella piazza centrale di Deir El Balah per distribuire loro del cibo; a quel punto l’aviazione israeliana aveva sganciato decine di bombe su quella folla inerme e affamata, uccidendo e ferendo centinaia di persone e distruggendo il cibo loro destinato. Restava a terra la farina mischiata al sangue, ai cadaveri e ai corpi smembrati dall’odio di piloti del nascente Stato ebraico, simili a piloti di altre aviazioni e di altri cieli di soli sei o sette anni prima. E i gazawi sanno che oggi come allora dal cielo arriva periodicamente la morte.

Eppure Gaza seguita incredibilmente a sopravvivere a tutto, compreso l’assedio, la mancanza d’acqua e di elettricità, i bombardamenti di routine, la disoccupazione, le malattie.  E i bambini farfalla, come ripetono nelle loro pagine Gianna e Daniela, nonostante il dolore delle loro vesciche, insegnano a volare.

Il ricavato del libro, ordinabile direttamente in libreria o richiedendolo a Edizioni Q (www.edizioniq.eu) è interamente destinato alla cura dei bambini farfalla di Gaza affinché la loro vita, seppur breve, possa essere almeno un pochino più felice.