Nell’aprile del 1973 il sole splendeva forte a Rio. Non posso dimenticare il caldo sul treno, l’odore della vecchia valigetta di cuoio che mio nonno sfregava sulle gambe dei passeggeri, quasi all’altezza dei miei occhi. È il mio primo ricordo in cui associo la musica a un paesaggio. Alla radiolina di un nero alto, sulla porta del treno sporco e con i finestrini rotti, risuonava una voce infantile “We’ve been together for such a long time now …Music, music and me”- siamo stati insieme tanto tempo, io e questa musica – che ha scandito i miei momenti, gli incontri e gli addii.
Non sapevo chi cantava in quella radiolina, ma mi ricordai subito che avevo sentito quella musica in una telenovela la sera prima. “Carinhoso”, una produzione in bianco e nero, in cui sui titoli di testa sfilavano foto contemporanee di un’intima New York. Per chi non ha vissuto quegli anni bisogna che spieghi che la telenovela di Lauro César Muniz è stata il grande successo degli inizi degli anni 70, in Brasile. La storia racconta il dramma quasi messicano della giovane Cecília (Regina Duarte), che per cercare di dimenticare le sue delusioni con Eduardo (Marcos Paulo), decide di diventare hostess di volo e di vivere negli Stati Uniti. Il giovane Eduardo era il tipico playboy carioca, figlio dei superiori di Cecília. Dopo tre anni, Cecília torna a Rio de Janeiro, decisa a riconquistare il suo grande amore, nonostante l’opposizione della famiglia del ragazzo – soprattutto del fratello maggiore di Eduardo, innamorato di lei.
“Music and Me” era la canzone di questo amore. Nonostante la sceneggiatura lacrimosa della vecchia telenovela sudamericana in cui la figlia dei domestici si innamora del figlio dei padroni, la storia era ben fatta ed era basata sul film americano “Sabrina”, commedia romantica del 1954 diretta da Billy Wilder, con protagonista Audrey Hepburn. Non posso più camminare per Manhattan senza pensare a quella storia e a tante altre che ho visto ambientate qui. E questa poi, segnata dalla musica.
“Music and me” mi è rimasta in testa per tanti anni, così come la dolce immagine dell'”Innamoratina del Brasile”, Regina Duarte che annunciava il suo ingresso nella mia vecchia televisione, segnata dalla musica de Pixinguinha “Carinhoso” e varie immagini di Manhattan. Regina ha segnato ancora la mia generazione come immagine amorosa nella telenovela “Selva de Pedra”, cullata da “Rock and Roll Lullaby” con la voce dolce di B.J.Thomas.
Subito dopo, sempre nel ’73 quella stessa voce dolce e infantile è tornata nella mia radio con “Ben”, coccolandoci con storie d’amore e trapuntata di tenerezza. La canzone, soggetto di un film dallo stesso titolo, era stata registrata da un adolescente Michael Jackson per la casa discografica Motown di Detroit, nel 1972.
Un altro ricordo che Michael Jackson ha lasciato nella mia generazione è la spettacolare apertura del programma “Som na caixa”, con musiche che venivano usate nei balli e nei gruppi sonori, presentato da un nano fuori di testa chiamato Monsieur Lima (o Messié Limà), su TV Corcovado, canale 9 di Rio… È stato pioniere nel presentare una novità chiamata videoclip. Era l’ipod della mia infanzia, con funk e soul.
Senza Spotify, abbiamo imparato ad attendere i programmi della TV per ascoltare e imparare le canzoni – o “i melô” (musica facile da ricordare NdT) dell’epoca. Visto che non sapevamo l’inglese inventavamo i nomi secondo i suoni che assomigliavano a quelli del portoghese. Cambiavamo il titolo delle canzoni in base a un ritornello o a un modo di cantare dell’interprete. Indimenticabili i melô del robot con la voce metallica di Dee D. Jackson in “Automatic lover” e della sbruffona “Sugarhill Gang” di Rapper’s Delight. Non potevo smettere di ballare il melô del karate con la voce di Carl Douglas “Kung Fu fighting”.
Credo che per questo siamo rimasti così legati a certe canzoni, che ci riportano ai temi romantici delle telenovelas e delle storie d’amore. Tutta la mia generazione immagina una musica legata a un amore.
Per noi, ragazzi poveri della periferia carioca, che vivevamo con la radiolina FM incollata all’orecchio, aspettando le nuove canzoni nei programmi di Radio Cidade, la musica e il ballo nei fine settimana erano il legame che avevamo con i giovani, anche loro poveri, neri e di periferia di Chicago, Los Angeles e Detroit. Quando Travolta interpretò il giovane lavoratore di Brooklyn, il cui unico momento eroico e felice era camminare sulla pista colorata ne “La febbre del sabato sera”, io condividevo lo stesso sentimento mentre camminavo sulle piste da ballo di periferia, in cerca di affetto e dell’unico posto in cui eravamo importanti. I vestiti, il luccichio del gel nei capelli, i pantaloni e le camicie scintillanti, gli zoccoli, tutto quello che mettevamo suonava come garanzia che non eravamo solo office-boys e ragazzi che vivevano lontano dalla zona sud (quella più nota e turistica NdT).
Molti successi hanno segnato i nostri primi passi nell’adolescenza, sulle piste da ballo di Marã a Marechal Hermes, del Clube dos Sargentos a Cascadura: “Lookin’ Through the Windows” del 1972, “Get It Together” del 1973 e “Dancing Machine” del 1974. Eravamo Soul e anima in pantaloni a zampa di elefante, i re della pista.
L’eredità che lasciamo alle generazioni future non è basata solo su case, terre, nome di famiglia e soldi in banca. Lasciamo un’eredità sentimentale di musica, moda e cultura. Le nostre canzoni, una stretta al cuore ad ascoltare alla radio la nostra musica preferita, le canzoni dei nostri primi amori, dei baci nascosti e rubati, i giri di parole di radio Fm sintonizzate e isteriche. Abbiamo lasciato il segno della nostra gioventù nei vinili graffiati, CD, VHS e scarabocchi sulle agende e nei quaderni di scuola.
La mia generazione sarà ricordata per persone come Michael Jackson, Cazuza e tanti altri giovani ribelli – confusi e tormentati, come tutti quegli anni 70 e 80, segnati da dittature e rivoluzioni, da Ney Matogrosso che si scatena allo stadio Maracanãzinho, come un verme che passeggia sulla luna piena, Renato Russo che sfida i generali, Fafá de Belém che canta l’inno nazionale di Tancredo Neves, Lula alla Candelaria.
Come tutta quella generazione precedente che ha immortalato la lotta contro la guerra in Vietnam, che ha ballato a Woodstock, che ha imbastito e distrutto la guerra fredda, anche noi saremo ricordati per la musica, i vestiti, canzoni e ritmi. I giovani della periferia del Bronx che hanno risposto all’abbandono e alla violenza della polizia con Hip Hop e graffiti, i dimenticati della periferia di Berlino che hanno buttato giù il muro, i carioca che hanno sfilato come mendicanti nella Beija Flor e si scatenavano nei balli con i capelli Black Power, scivolando sulla pista come James Brown e Tim Maia. Io sono venuto fuori dai pomeriggi caldi d’estate a Rio de Janeiro, “Menina veneno”, “Você não soube me amar”. Una generazione che ha portato un operaio al potere, ha vinto la dittatura, ha sfidato la censura e i censori.
Là fuori c’erano Jimmy Hendrix, Jackson, Amy Winehouse, Jim Morrison, Mamonas Assassinas, tra gli altri. Si sono presi un pezzo di questo rebus degli anni 70 e 80, ricordi dei nostri passi, modo di vestire, di ballare e di amare. E quello che è rimasto di noi finalmente si sta disfacendo, come è successo con le generazioni precedenti, frammentandosi, diventando ricordi e video su youtube. E come un flash – sono scomparse le radioline sulle spalle e sui treni, sostituite dall’egoismo silenzioso degli auricolari e del cellulare che determinano migliaia di nuove possibilità. Non sappiamo più cosa sta ascoltando l’altro, siamo stati riassunti in “playlist” di celebrità.
Triste, inevitabile, misterioso come la vita, anch’io sono invecchiato. Il mio rapporto con la musica è cambiato, non ho più canzoni legate ad amori e neanche per gli addii. Non ho più nient’altro che la memoria – di quei tempi in cui le canzoni e i ritmi decidevano i miei vestiti e colori, il mio umore o la mia tristezza. A volte metto anch’io gli auricolari e cammino, isolato, in mezzo alla gente. Scrivo per riscattare l’idea che possiamo ancora avere canzoni nel cuore, dedicate a un nuovo amore. Ci proverò la prossima estate.
“We’re as close as two friends can be” – come solo due amici possono essere, io e la musica, tutta la musica che esiste in me, continuerà a vivere.

Traduzione dal portoghese di Raffaella Piazza. Revisione: Silvia Nocera