Gentile Presidente del Consiglio Conte,

le scrivo dopo aver assistito alla conferenza stampa di domenica scorsa. Innanzitutto non so se le domande vengano già “preparate” o se lei le senta lì per la prima volta e non so se lei abbia un monitor davanti agli occhi che l’aiuta, ma, nel caso, complimenti: riuscire a rispondere anche a tre domande senza chiedere mai di ripeterne una e senza scriversi un appunto è notevole.

Dalle sue parole mi è sembrato che lei sia una persona assai ragionevole, che chiede e che dà comprensione, che chiede di essere ascoltata perché ascolta, che si sforza, che ammette i suoi limiti. Nelle sue parole si è sentita molta umanità.

Lei ha ammesso che le persone che si sono ribellate nei giorni scorsi a Napoli come a Roma in sostanza “hanno tutto diritto di farlo e lei li capisce bene”, ha quasi quasi, detto: “Lo farei anche io, il fatto che sia di qua della barricata è un puro caso….” Ha detto anche: fate attenzione agli infiltrati, ai “professionisti delle rivolte”, o qualcosa di simile. Posto che la inviterei a rileggere la storia (non solo italiana) in cui chi di solito “infiltra” i movimenti è il potere stesso, e sono le infiltrazioni più pericolose, il fatto che lei ammetta la legittimità di ribellarsi è comunque notevole.

Le chiedo cosa ne pensa del diritto a ribellarsi di persone che, chiuse dentro ad un CPR per essere rimpatriate, semplicemente si ribellano. Anche noi, solo per caso, siamo nati di qua del Mediterraneo e, come tutte quelle persone, anche noi probabilmente faremmo il possibile per passare di qua.

Sono un insegnante di CPIA (Centri provinciali per l’istruzione degli adulti), quindi un dipendente statale, un “servitore dello Stato”, che quotidianamente ha a che fare con immigrati. Uno dei miei studenti o studentesse un giorno potrebbe finire in un CPR, perché, lei lo sa bene, non ci vuole molto a “tornare clandestino”.

Vado al sodo: per favore si informi meglio su cosa sono i CPR, lo chieda a chi ci ha avuto a che fare, ascolti le associazioni che sono fatte da o che lavorano con gli immigrati.

Lei ha studiato legge, io filosofia: sappia che chi è stato portato in questi luoghi in questi giorni nel nuovo CPR di Milano arrivava direttamente dalla Tunisia via Sicilia e non ha avuto nemmeno il tempo di chiedere asilo, come aveva diritto di fare.

Lei sa benissimo che il diritto dovrebbe difendere i più deboli, sennò non è diritto, è sopruso, è violenza, è arroganza.

Se non mi crede pensando che sia un “facinoroso antagonista”, ascolti le parole di don Virginio Colmegna, già presidente della Caritas Lombardia, il quale dice che quei centri di reclusione, semplici luoghi di paura e sofferenza, vanno chiusi immediatamente.

Vede Presidente, siamo praticamente coetanei, io sono nato e cresciuto a Milano, non ho mai fatto, forse come lei, di un partito politico, eppure faccio politica, sto nella polis, da quando avevo 16 anni. Sono orgoglioso della mia famiglia e del mio lavoro.

Domenica ci ha chiesto di ascoltarla e di avere fiducia. Le chiedo lo stesso. Aspetto una risposta, o addirittura (perché no?) un incontro.

Grazie

Andrea De Lotto

P. S. Uno dei nostri più cari rappresentanti è stato Sandro Pertini. Un anno, invitato come di consueto alla prima della Scala, ascoltando le proteste che arrivavano dalla piazza, presenti anche alla fine della rappresentazione, chiese chi fossero i manifestanti, andò da loro, si avvicinò e disse: “Andate a casa a riposare che è tardi, sarete stanchi! Ci vediamo domattina alle nove in prefettura” E così fece: alla mattina alle nove li ricevette e li ascoltò. Un grande.