Riflessioni di Ferragosto.

Sono passati ormai diversi mesi dal momento più difficile della pandemia in Italia, e diverso tempo comunque rispetto a tutto ciò che è successo, e che continua a succedere, ancora e forse più drammaticamente, in tutto il mondo. Un tempo che permette comunque la formulazione meditata di alcune riflessioni, un ragionamento sopra questioni accumulate, sopra emozioni che hanno attraversato chi vi scrive, che chiaramente è in relazione più o meno aperta e più o meno dinamica con ciò e con chi lo circonda, anche a migliaia di km di distanza, grazie all’avanzamento nelle comunicazioni a distanza e nel rilevamento delle informazioni.

Voglio sopratutto rilevare alcuni aspetti che a parer mio sono stati poco considerati, o inquadrati in maniera a volte superficiale, o relegati a secondarietà rispetto ad altri fenomeni ed altre posture che al momento sono predominanti nel dibattito pubblico e di rimando nel sentito popolare, anche se proprio questo sentire è quello che più sfugge nel dettaglio e nella sua globalità e poco si è fatto e si fa per comprendere a fondo gli animi delle persone, sferzati da una tempesta di stimoli dopo esserne stati deprivati di colpo di quelli, sempre molti, abituali, e costretti spesso a reggerne l’urto nell’angustia della propria individualità repressa al confronto e all’ascolto dell’altro, anche per cause dettate dal lock-down e dal distanziamento sociale prima, e poi da una patina di “normalità” che si cerca a forza di stringere intorno alla maglia di emozioni fuori dall’ordinario che abbiamo vissuto, anche se spesso nemmeno adeguatamente elaborate.

L’aspetto di tutto il fenomeno che mi preme sottoporvi è quello dei diritti umani, i diritti umani che devono ancora aspettare nel futuro, che sembrano soffrire un rinvio della loro piena realizzazione, così almeno sembra paventare la situazione (anche se proprio lo shock sociale di questi mesi sembra aprire alcune porte che prima neanche apparivano), in rapporto ad una società sempre più controllata da varie corporazioni, da tecnici, da esperti, da dati e da algoritmi alla maggior parte della gente incomprensibili. I diritti umani sanciti nella dichiarazione dell’Onu del 1948, quei diritti di cui “il disconoscimento e il disprezzo”, recita il preambolo della stessa dichiarazione, “hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo”.

Quello che voglio dimostrarvi trattando il fenomeno da questo punto di vista è sottolinearvi come questi tragici eventi portano con se una grande opportunità. Anche se non sono in assoluto i primi in questo senso, questi sono stati quelli più percepiti come «universali», come riguardanti tutti, me e l’altro in ogni parte del mondo, in ogni condizione psichica e materiale. Sarà che si tratta di eventi che potenzialmente minacciano ciò che è più basilare nell’esistenza umana, l’esistenza stessa, la vita biologicamente parlando, fatto sta che la rapida simultaneità ed estensione del fenomeno, in un mondo “globalizzato”, ha scatenato una contiguità con tutti gli angoli del pianeta mai avvertita prima.  In questa universalità dunque gli eventi risuonano con il grido di speranza formalizzato in una dichiarazione dell’ONU di 72 anni fa, primo vagito di una “coscienza planetaria” in formazione, che sembra agitarsi ed esprimersi solo se sferzata da minacce alla sopravvivenza su larga scala del genere umano.

In attesa di una maturazione nella coscienza collettiva, atta a produrre un «avanzamento di versione» di una dichiarazione che risale, nell’accelerazione del tempo storico, ad un’ era precedente, questa dichiarazione rimane tutt’ora il faro più alto, più riconosciuto e riconoscibile dal mondo intero e a questo proviamo a far illuminare la situazione per poter meglio «vedere» ciò che è stato fatto e ciò che c’è da fare per il futuro.

Cominciamo dal primo articolo:”Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire in uno spirito di fraternità vicendevole.”

Non so quanto avvertiamo di nascere liberi e uguali (anche perché questo è vero per ora più in un senso “filosofico”, visto che nella pratica le differenze sono ancora molte tra nascita e nascita), ma sicuramente la necessità di agire in uno spirito di fraternità vicendevole avanza con la consapevolezza che una uscita dal tunnel si avrà solo con la cooperazione mutua, un pò come nei film catastrofisti dove ad un certo punto si abbattono le differenze e le inimicizie contro un poderoso nemico comune. Questa «esternalizzazione» del nemico facilita il riconoscimento dell’uguaglianza tra esseri umani. Nella pratica sociale e politica l’inerzia porta ancora ad affermare il diritto di alcune nazioni sulle altre, di istituzioni economiche sopra i cittadini, di alcune persone sulle altre.

Passiamo al secondo articolo:”Ognuno può valersi di tutti i diritti e di tutte le libertà proclamate nella presente dichiarazione, senza alcuna distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, d’opinione politica e di qualsiasi altra opinione, d’origine nazionale o sociale, che derivi da fortuna, nascita o da qualsiasi altra situazione. Inoltre non si farà alcuna distinzione basata sullo statuto politico, amministrativo o internazionale del paese o del territorio a cui una persona appartiene, sia detto territorio indipendente, sotto tutela o non autonomo, o subisca qualunque altra limitazione di sovranità.”

Qui un aspetto salta lampante, una macroquestione sulle altre, la questione dei migranti, dei rifugiati, dei reclusi in campi di “accoglienza”, separati dal resto del tessuto sociale, che in questo periodo patiscono ancora più degli altri l’esclusione, l’insicurezza e la paura di morire. Qui il pericolo che politici e una parte della popolazione speri in una estinzione tipo “campi di sterminio”, come garanzia di salvezza per i “giusti”. Qui si apre una ferita profonda nel tessuto umano che grida ai cieli. Grazie ad alcune organizzazioni di volontariato l’abisso viene in parte colmato e questo a volte serve per calmare le coscienze collettive, ma anche avvertiamo che non possiamo nascondere ciò che reputiamo immondizia negli armadi. Nella pratica sociale e politica è sempre più chiaro l’abisso che corre tra il lussuosissimo e iperesclusivo attico della società umana, che pesa molto di più su tutta la struttura che non lo scantinato pieno di schiavi e derelitti, che anzi sono schiacciati da questa struttura mostruosa, e ci ricordano forse sempre più da vicino ciò che noi “cittadini comuni” (sorriso amaro) rischiamo, per mantenere e giustificare una struttura, di venir schiacciati in basso anche noi (e già le problematiche del lavoro e delle prospettive in tutti gli ambiti si sono fatte più oscure). Da notare in questo campo una apparente maggiore attenzione della politica alle istanze sociali, ma anche si avverte che se si rimane nell’angusto ambito della propria “stanza”, ciò non risolverà un bel niente se non ci si adopererà per tutta la casa, tutto l’edificio e tutto il quartiere, continuando con la metafora “condominiale”.

E che dire dunque del laconico articolo 3? “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della sua persona.”

Diciamo che c’è un passato, un presente e soprattutto c’è un futuro che risucchia tutto il nostro interesse, verso cui dobbiamo guardare per non dover stendere un velo pietoso sulla situazione pregressa ed attuale ed invece reagire nel modo più evolutivo possibile per l’affermazione della vita umana in tutti i suoi aspetti. Che ne è stato del diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza quando l’uragano Covid si è abbattuto sulla società umana? Non vi sembra che la situazione appaia come in quei filmati dei TG dove si vedono gli effetti di uno tsunami dove la gente vive perlopiù nel disagio, nella povertà e nella precarietà dei diritti, in assenza di protezioni efficaci? Non vi sembra vergognoso che nel 2020 la società umana può vantarsi di poter usufruire di intrattenimenti online super-sofisticati e relativamente a basso prezzo, di poter mandare sonde verso remoti angoli dell’universo, di poter mostrare la potenza di armi supertecnologiche in grande quantità, mentre un virus può farsi beffe dell’intero apparato sanitario mondiale? Come mai sempre ci mettiamo sempre la classica pezza, anche quando le risorse abbondano? Lasciamo per ora la questione in sospeso, ci ritorneremo, intanto riflettete se volete sulle mie domande…

Passando a volo d’uccello sull’articolo 6, come promemoria di quanto detto a commento dell’articolo 2:Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica (Ecco quindi che in una situazione  di allarme socio-sanitario, è imprescindibile a garanzia di tutti che questo articolo sia convertito urgentemente nei fatti), arriviamo a prendere in esame l’articolo 9, in una interpretazione che è volutamente la più provocatoria dell’intero articolo:Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato, la provocazione sta nel guardare a questo articolo sotto una lente diversa da ciò che immaginavano nel redigere la dichiarazione, per ciò che le persone hanno subito  e subiscono in vari paesi, come il confinamento nelle case, la coercizione rispetto a spostamenti e al lavoro, la quarantena generalizzata e il divieto di espatrio o rientro in patria, nonché la “minaccia” di farne ricorso nel futuro. Questioni che urteranno la sensibilità di un gran numero di persone, anche amiche, visto che in qualche modo le misure di lockdown sono potute venir attuate grazie al tacito o esplicito accordo della stragrande maggioranza delle popolazioni, sopratutto nei paesi ricchi e medio ricchi, che hanno visto in queste, sotto lo spauracchio pandemico, l’estrema ratio per una protezione e una tutela della loro vita e di quella dei loro cari. Non voglio qui contestare in blocco i procedimenti attuati più o meno da quasi tutte le nazioni ma, rimandando a quanto scritto a commento dell’articolo 3, credo che ci sfugga la mostruosità del contesto generale su cui si è innestata questa eclatante novità, cosi come ci è sfuggita ai più la mostruosità del sistema globale finanziario che ha costretto progressivamente la società a ingurgitare ricette economiche indigeste, fatte di privatizzazioni selvagge, licenziamenti, vendita del patrimonio sociale, dettate da politici “premurosi” di salvare interi Paesi dal collasso economico generalizzato minacciato prima di ogni finanziaria. Non nego anche fattori di inevitabilità (in una società incapace di riflettere su se stessa, disarticolata e frammentata, in preda al delirio del profitto ecc.), positivi o addirittura evolutivi (lo scatto di coscienza, magari tardivo, di auto-protezione globale di fronte ad una minaccia che non si sa gestire) nella reazione della politica e del tessuto sociale, ma sempre va ricordato in quale terreno sentiamo muovere i nostri piedi: se chiaramente ci sembra o ci fanno sembrare di stare in bilico su uno strettissimo ponticello di legno steso sullo strapiombo di una gola profondissima battuta dai venti, chiaramente accetterò situazioni che promettono di togliermi da quella situazione, situazioni che se fossi tranquillo in una giornata di sole nel patio di un giardino fiorito stenterei a concepire. Sto estremizzando l’allegoria, ma quando parlo della situazione non faccio riferimento solo a quella materiale, ma anche a quella, a volte molto più importante, che afferisce alla sfera della condizione psichica delle popolazioni, a cui è stata negata progressivamente negli anni, giustificata dalle ristrettezze economiche (quando mai come ora il nostro mondo produce ricchezza), la sicurezza sociale e psicologica, financo il diritto alla felicità, che si enuncia in questa dichiarazione. Ed ora, in questi mesi, per salvare addirittura la pelle, deve rimanere rinserrata in casa, con la prospettiva di una vita limitata e incerta, perché il sistema, ingrassato dal lavoro e dalla fiducia della gente, ha dilapidato il patrimonio comune, si è distratto (forse) e ha scoperto il fianco al dilagare di un virus.

Se adesso voliamo direttamente all’articolo 22 è perché fino a questo si ribadiscono i diritti di cittadinanza, giuridico-legali, di libera opinione (anche qui si potrebbe dire qualcosa ma tralasciamo), mentre qui si dice qualcosa relativamente ai diritti rispetto alla nazione e alla comunità internazionale, ma anche si lascia qualcosa di incompiuto che rischia di minare i diritti stessi fino a qui elencati; diciamo che un informatico lo definirebbe un “bug del programma: “Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità”.

In rapporto alla situazione venutasi a creare con la pandemia, tutta la questione dell’accesso alle cure, della prevenzione, della protezione sociale, del lavoro, del recupero delle relazioni sociali e culturali, ecco che in questo articolo verrà subordinata (ovvero messa in rapporto, quindi proporzionata) all’organizzazione e alle risorse di un dato Stato. Dunque il godimento di questi diritti varierà molto tra Austria e Botswana, per esempio, e quindi niente per ora ci fa supporre che cosi non sarà per la questione vaccini, per la questione dei servizi sanitari e delle misure preventive, dei fondi per la ripresa delle attività, della scuola ecc, se anche la dichiarazione dei diritti dell’uomo, già poco seguita, in questo articolo mostra  un diluizione e una debolezza rispetto alle priorità economiche, alle risorse, che sono sempre meno controllate dalle popolazioni.

Cito di seguito solo dei piccoli brani di alcuni articoli, collegandoli ad alcune questioni che voglio sottoporvi: a) la questione della sussistenza garantita e del godimento del tempo libero (art. 24 Ogni individio ha diritto al riposo e allo svago; art. 25.1 Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benesserealimentazione, vestiario, abitazione, cure mediche e servizi sociali necessari; art. 25.2 la maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza);  b) la questione relativa alla istruzione e allo sviluppo della personalità (art. 26.1 ogni individuo ha diritto all’istruzione; art.26.2 (…) deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali); c) la questione della piena partecipazione alla vita culturale e al progresso scientifico (art.27 prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici).

Quello che mi sembra importante rilevare di quanto riportato nel paragrafo, rispetto al punto  a): come appare essere sempre più evidente, il problema della sussistenza e dello sviluppo armonico delle personalità non può essere collegato alle incerte variabili economiche e alle contingenze decise da pochi, e quindi sempre più fortemente si ode l’eco di chi sta proponendo da anni, trovando sempre più vasti consensi o avendo sempre più ascolto da vari livelli della società, di scollegare ciò dall’avere o non avere un salario, dalla quantità di questo, e di poter godere di un diritto ben preciso e più specifico, quello ad un “Reddito di Base Universale”,  accreditato alla persona in quanto tale. Questo è un avanzamento, una necessità che forse verrà ascoltata dal mondo politico, è un cambio di paradigma che rispecchia più da vicino i valori della dichiarazione del 1948; è qualcosa che va appoggiato dai settori progressisti della società, da tutti questi settori che si vogliono liberare dell’asfissia e dal ricatto generato dal sistema economico-finanziario e da chi lo dirige. Il reddito di base si appoggia al grande progresso scientifico e tecnologico che deve essere convertito per la piena e consapevole (in senso ambientale e umano) produttività, al fine di liberare le persone dal lavoro come ricatto per la sopravvivenza, e convertirlo in strumento di apporto volontario al bene comune e alla espressione dei propri talenti.

Riguardo invece ai punti b) e c), nominati precedentemente, voglio rilevare la situazione paradossale in cui viviamo, in cui anche una persona indigente ha in mano uno smartphone, e in cui siamo tutti dentro una rete informatica, di tecnologia e di dati senza uguali nella storia, ma mancano strumenti di comprensione dei fenomeni, strumenti per la messa in relazione, per la discussione critica a tutti i livelli. Voglio sottolineare la trasformazione delle maggioranze in fruitori di tecnologia, fruitori di dati di tutti i tipi che ci arrivano simultaneamente alla velocità di un click, fruitori acritici o sballottati da una parte e dall’altra a secondo delle manipolazioi dei dati a cui è sottoposto un fenomeno. Non è importante la riflessione sul dato pensato, a quanto pare, ma il dato porta con se solo una interpretazione, quella dell’esperto, che sia il tecnocrate finanziario, il formatore culturale o quello del mondo scientifico, o semplicemente è importante quella interpretazione che porta profitto. L’istruzione e lo sviluppo pieno della personalità, la partecipazione piena alla vita culturale e scientifica, non solo come fruitori del prodotto ultimo, è una grande sfida che già 72 anni fa i padri della dichiarazione videro avvicinarsi a larghi passi. Dalla “nostra” abbiamo la stessa arma che viene usata “contro” di noi: la rete. Già nel lockdown è stato un fiorire di connessioni, di dibattiti, di polemiche, ma anche di fantasia ed autorganizzazione, proprio attraverso i canali telematici, di molte iniziative culturali, politiche e scientifiche auto-prodotte e pensate collettivamente. Da sola la rete non basta, e qui ribadiamo la priorità dell’Educazione (non semplicemente dell’istruzione) come investimento di popoli che si possono definire civili e che guardano lontano.

Come avrete notato a questo punto, dall’inizo dell’articolo alcune parole o brevi frasi all’interno degli articoli della dichiarazione citati, sono state evidenziate in neretto, o se preferite in grassetto: “libertà dal timore e dal bisogno”,”diritto alla vita”, “sicurezza della sua persona”, “cure mediche e servizi sociali”(compreso il caso delle cure speciali verso maternità e infanzia), a cui si può aggiungere “Reddito di Base Universale”… voglio arrivare a ciò che può unire tutti questi puntini, a ciò che ne è la base primaria, su cui sviluppare tutto il resto su cui insiste la dichiarazione dei diritti umani: la Salute, ciò che non è mai citato direttamente ma che sta alla base, quasi come già data per scontata, per costruire il resto. Il tema della Salute, una questione già critica prima del Covid e ora esasperata al limite, sopratutto perché ha minacciato da vicino la sicurezza di paesi ricchi e medioricchi, le zone produttive, e ha minacciato da vicino anche la punta della piramide sociale; ma senza andare lontano nel tempo, nel 2018 sono morte 405.000 persone (la maggior parte bambini, ed è un numero in calo rispetto all’anno precedente, 416.000) di cui 380.000 solo in Africa. E’ solo un esempio, perché altre malattie debellate in molte parti del mondo generano ancora decine di migliaia di morti ogni anno. Abbiamo visto inoltre che il Covid può risultare mortale soprattutto in caso di patologie pregresse o in persone debilitate da altre malattie, quindi è imprescindibile riconsiderare il tutto da una prospettiva mondializzante, e ribadire ciò che una campagna di membri del Movimento Umanista ha voluto mettere in cima alle priorità del momento, dal nome Salute Diritto Universale. Questa e tante altre campagne del genere, anche e soprattutto quelle sorte dalla coscientizzazione crescente di larghi settori del personale medico, “spremuto a fondo” dalla situazione pandemica, puntano a restituire il valore centrale alla prevenzione e alla cura, e a costuire un modello di società che assicuri per tutti le migliori condizioni, proprio e anche perché abbiamo visto come si possono innescare in casi come quest’ultimo una reazione tipo caselle del domino a livello planetario. Finanziamenti massicci e condivisione mondiale dei saperi non solo per produrre dei (forse) utili vaccini, ma anche e soprattuto per aumentare strutture, formazione, capacità di diagnosi e prevenzione ecc. Se uniamo il tema del Reddito di Base Universale alle proposte più evolutive delle campagne sulla Salute già saltiamo in una casella del gioco che forse ci potrà, guardando indietro, ritornare alla tragedia di questi mesi con un sorriso di ringraziamento, come di chi ha approfittato al meglio dell’avvertimento che gli ha permesso di reagire e di rendersi conto appieno della situazione.

E così termino la disamina della crisi attuale posta sotto la lente di parte della Dichiarazione Universale dei dei Diritti Umani, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua terza sessione, il 10 dicembre 1948 a Parigi con la risoluzione 219077A. Crisi che apre scenari incerti, che possono portare ad una retrocessione quasi medievale della situazione (magari con una supercasta ipertecnologica, o una completa e caotica destrutturazione mondiale) fino a quella all’estremo opposto, fornedo nuovi paradigmi sociali evolutivi per la futura umanità. Concludo definitivamente affermando che se anche questa pandemia ci può aver preso tutti di sorpresa, ora entra in ballo ancora più fortemente l’intenzionalità umana, entra in ballo la direzione che vorranno dare i centri di potere a vari livelli, che magari pensano di avere in mano ora con il Covid un agile strumento di controllo e regolazione sociale e ancora di più entra in ballo la possibile e sperabile maturazione di una coscienza planetaria da parte delle popolazioni, sottoposte tutte insieme ad una situazione di surreale deprivazione, che però ha risuonato come un esperimento mondiale di allineamento delle sintonie delle varie coscienze, alla ricerca, nel vuoto di senso che si va aprendo come un abisso, di un ponte verso il futuro che dovrà essere costruito tutti insieme. Andiamo all’essenziale, liberandoci… saremo liberi.