Vista del bacino amazzonico a nord di Manaus, Brasile. Foto scattata dalla cima di una torretta per osservazioni meteorologiche alta 50 metri; l’altezza a cui la chioma della vegetazione arriva è in genere di 35 metri. La foto è stata scattata nei primi 30 minuti dopo una precipitazione e qualche ‘nuvola’ bianca sopra le chiome indica la rapida evaporazione dalle foglie bagnate dopo la pioggia.

La foresta pluviale amazzonica è determinante per il supporto vitale dell’ecosistema. Senza la sua meravigliosa forza ed energia nel generare sistemi idrologici nel cielo (su a nord fino allo Iowa), nell’assorbire e conservare anidride carbonica (CO2) e il suo miracoloso e vitale rifornimento di ossigeno, la civiltà cesserebbe di esistere al di fuori di qualche tribù sparsa qua e là.

Triste da dire, una recente analisi scientifica sulla foresta pluviale amazzonica ha dimostrato che la sua condizione è decisamente fosca. I due scienziati più specializzati al mondo sull’Amazzonia, Thomas Lovejoy (George Mason University) e Carlo Nobre (University of Sao Paulo) hanno scritto di recente: “Oggi ci troviamo in un momento critico: il punto di non ritorno è arrivato, è ora.” (Fonte: Amazon Tipping Point: Last Chance for Action, Science Advances, Vol. 5, no. 12, December 20, 2019).

Questa è una delle notizie più devastanti in tutta la storia dell’umanità. Ergo, il constante grattacapo del cambiamento climatico si è trasformato in un’emicrania di dimensioni mostruose, tale da far scoppiare la testa.

É patetico che i governi mondiali non prendano sul serio l’evidente e potenziale morte di ecosistemi primari. Questa notizia dovrebbe spaventare i leader mondiali, ma apparentemente nessuno ne è turbato, a parte gli scienziati che hanno condotto le ricerche.

I momenti critici in natura sono atti finali, punti di non ritorno per ecosistemi, la cui funzionalità si guasta. Riguardo la vastità della foresta pluviale amazzonica, la sua funzionalità è così importante a livello mondiale che la sua perdita è incomprensibile e probabilmente segnerebbe un atto definitivo per la vita sul pianeta,  civilizzata o no. La possente Amazzonia è una fonte primaria di ossigeno e l’elemento chiave nel sistema idrologico emisferico (i fiumi nel cielo), che ha un impatto sull’andamento delle precipitazioni talmente vasto da arrivare fino ai campi di granturco dell’Iowa.

L’Amazzonia al punto di non ritorno equivale a dire: nessuno lo sa per certo perché non è mai successo prima, ma non ci sono elementi positivi.

Per questo è inimmaginabile, va letteralmente oltre alla comprensione. Eppure, è iniziato proprio davanti agli occhi di una comunità mondiale che non vuole vedere. E questo è interamente il risultato di stupidi umani che fanno cose davvero stupide, come eliminare “le più imponenti foreste pluviali mai esistite” in cambio di “effimeri bisogni umani”. Seriamente, è così!

Secondo gli scienziati, gli andamenti attuali minacciano (1) la trasformazione di parti delle foreste pluviali in savana, (2) la devastazione della fauna selvatica, e (3) il rilascio di tonnellate di carbonio nell’atmosfera. E mentre questo inizia ad accadere, l’Amazzonia sta diventando “un’emittente di anidride carbonica”, come gli stabilimenti che vanno a carbone.

Lovejoy e Nobre hanno deciso di rendere pubblica la notizia: “Si sta assistendo all’accelerazione di tendenze pericolose. La combinazione di (1) temperature in aumento, (2) incendi incontrollati e (3) continuo disboscamento per fare spazio ad allevamenti di bestiame e coltivazioni ha prolungato le stagioni secche, uccidendo la vegetazione idro-sensibile e ha creato condizioni favorevoli agli incendi”.

Non solo, il riscaldamento globale produce periodi di siccità che colpiscono fortemente e ripetutamente l’Amazzonia, indebolendo il suo forte nucleo. Tre siccità di 100 anni l’hanno colpita in soli 10 anni! Secondo la NASA, i gravi episodi di siccità del 2005, 2010 e 2015 hanno letteralmente “cambiato l’Amazzonia”, facendole perdere la reputazione speciale di “deposito di carbonio”. Questo è il riscaldamento globale al lavoro.

“Secondo un vecchio paradigma, l’Amazzonia contribuiva ad assorbire gran parte dell’anidride carbonica che finiva in emissioni create dall’uomo.” (Fonte: Sassan Saatchi of NASA Jet Propulsion Lab, NASA Finds Amazon Drought Leaves Long Legacy of Damage, NASA Earth Science News Team, August 9, 2018)

Oggi invece “l’ecosistema è diventato così vulnerabile a riscaldamenti e regolari eventi di siccità che può cambiare da deposito a fonte… Questo è il nostro nuovo paradigma.” (NASA).

Lo sgretolamento post-siccità viene ulteriormente aggravato e gli intervalli tra le siccità impediscono una rapida ricrescita. La reazione non è più quella di una volta. La foresta pluviale non ha il tempo tra una siccità e l’altra di rigenerarsi e ricrescere. E’ la prima volta che succede nella storia dell’umanità e le implicazioni sono assolutamente spaventose.

Non è esagerato dire che l’analisi precedente è quanto di peggio possa esserci prima dell’insorgere di evidenti collassi dell’ecosistema, accompagnati da pesanti ripercussioni per tutta la società. È allora che la gente comincerà finalmente a fare pressione sui leader perché “facciano qualcosa” per alleviare i pericoli e i disastri e fermare il flusso massiccio di orde di eco-immigrati che attraverseranno le campagne alla ricerca di sostentamento.

Nel frattempo, i terreni agricoli rari e produttivi diventano il bene più prezioso di tutti i tempi.

Poscritto: “A partire dall’anno di siccità del 2005 e fino al 2008 … il bacino amazzonico ha perso una media di 0,27 petagrammi di carbonio (270 milioni di tonnellate metriche) all’anno, senza alcun segno di recupero della sua funzione di serbatoio di carbonio”. (NASA, August 2018)

Traduzione dall’inglese di Asia Butti