Una rivoluzione che non tocca solo il polmone verde del mondo. Una rivoluzione che è prima di tutto nel rapporto tra l’uomo e l’ambiente, ma anche della Chiesa stessa, che apre all’ordinazione sacerdotale di diaconi sposati e che si concentra sul ruolo delle donne e sul loro diaconato.

Questo è, in sostanza, il sunto di queste tre settimane del Sinodo dell’Amazzonia che si è svolto in Vaticano. Prima della fine dell’anno Papa Francesco ne scriverà l’esortazione post-sinodale, ma già dal documento finale emergono tratti di profondo cambiamento.

Modifiche che, sicuramente, saranno concretizzate anche dopo gli esiti della Commissione di studio che è stata creata nel 2016 dallo stesso pontefice proprio sul diaconato femminile. Con l’ordinazione dei diaconi, infatti, questo è stato uno dei temi più discussi.

I sacerdoti hanno difficoltà a raggiungere le diverse comunità locali che “hanno enormi difficoltà di accesso all’Eucarestia – dicono i vescovi – A volte ci vogliono non solo mesi, ma anche diversi anni prima che un sacerdote possa tornare in una comunità per celebrare l’Eucarestia, offrire il sacramento della Riconciliazione o ungere i malati nella comunità”.

L’idea proposta nel sinodo, si legge nelle conclusioni, è quella di ordinare “sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la Parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica”.

Se l’ordinazione sacerdotale per i diaconi sembra faccia parte di un percorso in discesa, quello del diaconato femminile potrebbe avere un cammino in salita. Su questo, infatti, il sinodo ha chiesto di attendere i risultati della ‘Commissione di studio sul diaconato permanente delle donne’, creato da Papa Francesco nel 2016. Sul rito amazzonico (cioè sul particolare rito per officiare le funzioni religiose solo per l’area amazzonica) la soluzione individuata è stata quella di aprire una commissione che possa elaborarlo, implementando “i riti ecclesiastici con il modo in cui questi popoli si prendono cura del loro territorio e si relazionano con le sue acque”.

In Amazzonia ci sono, ha ricordato lo stesso Papa Francesco nel suo intervento di conclusione, 23 Chiese con rito proprio di cui “almeno 18, se non 19, sono Chiese sui iuris, che hanno incominciato da piccolissime”. “Non bisogna avere paura di organizzazioni che custodiscono una vita speciale: sempre con l’aiuto della Santa Madre Chiesa che è Madre di tutti, che aiuta in questo cammino per non separarci”, ha detto il pontefice.Grazie al sinodo nascono i peccati ecologici che sono “un’azione o un’omissione contro Dio, contro il prossimo, la comunità e l’ambiente”. E’ stata proposta la creazione di “ministeri speciali per la cura della ‘casa comune’ e la promozione dell’ecologia integrale a livello parrocchiale e in ogni giurisdizione ecclesiastica, che abbiano tra le loro funzioni la cura del territorio e delle acque, nonché la promozione dell’enciclica Laudato si'”.

Proprio sul fronte ambientale, i vescovi hanno promosso il concetto di impronta ecologica, per “riparare il debito ecologico che i Paesi hanno con l’Amazzonia” con l’idea di creare un fondo mondiale per coprire parte dei bilanci delle comunità presenti nel polmone verde che promuovono il loro sviluppo integrale e autosostenibile e, quindi, anche per proteggerle dal desiderio predatorio di aziende nazionali e multinazionali di estrarre le loro risorse naturali”.

Il sinodo Panamazzonico è stato anche un’occasione per concentrare l’attenzione sul dialogo interreligioso. Lo stesso pontefice ha sottolineato come nel corso delle tre settimane di lavori si sia “reso omaggio a uno dei pionieri di questa coscienza della Chiesa, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli”. Citando poi Greta Thumberg e i giovani che “sono usciti portando un cartello che diceva ‘il futuro è nostro'”, ha parlato di una “consapevolezza del pericolo ecologico” che esiste non soltanto in Amazzonia.