Riproduciamo questa importante riflessione di Peppe Sini sul disarmo nucleare contenuta in questa sua lettera al Presidente della Repubblica.

Al Presidente della Repubblica

Oggetto: preghiera di un impegno per il disarmo nucleare

Egregio Presidente della Repubblica,
il 7 luglio 2017 la conferenza ad hoc dell’Onu ha adottato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Il trattato non solo costituisce un importante progresso sulla via della pace, ma anche – ed ancor più – un impegno decisivo in difesa dell’esistenza stessa dell’umanità che gli armamenti atomici minacciano di distruzione.
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Ricorreva ieri l’anniversario del test di Alamogordo che diede avvio alla “età atomica” sulle cui terribili caratteristiche il grande filosofo Guenther Anders ha scritto parole definitive.
E tra poche settimane ricorrerà l’anniversario della bomba su Hiroshima, e poi quello della bomba su Nagasaki.
Come ogni anno il 6 e il 9 agosto l’umanità si raccoglierà in meditazione; ma tale meditazione deve dar luogo ad azioni concrete.
E l’azione concreta indispensabile è quella stabilita nel Trattato Onu per l’universale proibizione delle armi atomiche.

Nel 1981 l’indimenticabile padre Ernesto Balducci in un suo illuminante discorso ebbe a parlare delle “tre verità di Hiroshima”; mi consenta una testuale citazione di quelle parole.

Diceva padre Balducci: “La prima verità contenuta in quel messaggio è che il genere umano ha un destino unico di vita o di morte. Sul momento fu una verità intuitiva, di natura etica, ma poi, crollata l’immagine eurocentrica della storia, essa si è dispiegata in evidenze di tipo induttivo la cui esposizione più recente e più organica è quella del Rapporto Brandt. L’unità del genere umano è ormai una verità economica. Le interdipendenze che stringono il Nord e il Sud del pianeta, attentamente esaminate, svelano che non è il Sud a dipendere dal Nord ma è il Nord che dipende dal Sud. Innanzitutto per il fatto che la sua economia dello spreco è resa possibile dalla metodica rapina a cui il Sud è sottoposto e poi, più specificamente, perché esiste un nesso causale tra la politica degli armamenti e il persistere, anzi l’aggravarsi, della spaventosa piaga della fame. Pesano ancora nella nostra memoria i 50 milioni di morti dell’ultima guerra, ma cominciano anche a pesarci i morti che la fame sta facendo: 50 milioni, per l’appunto, nel solo anno 1979. E più comincia a pesare il fatto, sempre meglio conosciuto, che la morte per fame non è un prodotto fatale dell’avarizia della natura o dell’ignavia degli uomini, ma il prodotto della struttura economica internazionale che riversa un’immensa quota dei profitti nell’industria delle armi: 450 miliardi di dollari nel suddetto anno 1979 e cioé 10 volte di più del necessario per eliminare la fame nel mondo. Questo ora si sa. Adamo ed Eva ora sanno di essere nudi. Gli uomini e le donne che, fosse pure soltanto come elettori, tengono in piedi questa struttura di violenza, non hanno più la coscienza tranquilla.

La seconda verità di Hiroshima è che ormai l’imperativo morale della pace, ritenuta da sempre come un ideale necessario anche se irrealizzabile, è arrivato a coincidere con l’istinto di conservazione, il medesimo istinto che veniva indicato come radice inestirpabile dell’aggressività distruttiva. Fino ad oggi è stato un punto fermo che la sfera della morale e quella dell’istinto erano tra loro separate, conciliabili solo mediante un’ardua disciplina e solo entro certi limiti: fuori di quei limiti accadeva la guerra, che la coscienza morale si limitava a deprecare come un malum necessarium. Ma le prospettive attuali della guerra tecnologica sono tali che la voce dell’istinto di conservazione (di cui la paura è un sintomo non ignobile) e la voce della coscienza sono diventate una sola voce. Non era mai capitato. Anche per questi nuovi rapporti fra etica e biologia, la storia sta cambiando di qualità.

La terza verità di Hiroshima è che la guerra è uscita per sempre dalla sfera della razionalità. Non che la guerra sia mai stata considerata, salvo in rari casi di sadismo culturale, un fatto secondo ragione, ma sempre le culture dominanti l’hanno ritenuta quanto meno come una extrema ratio, e cioè come uno strumento limite della ragione. E difatti, nelle nostre ricostruzioni storiografiche, il progresso dei popoli si avvera attraverso le guerre. Per una specie di eterogenesi dei fini – per usare il linguaggio di Benedetto Croce – l’accadimento funesto generava l’avvenimento fausto. Ma ora, nell’ipotesi atomica, l’accadimento non genererebbe nessun avvenimento. O meglio, l’avvenimento morirebbe per olocausto nel grembo materno dell’accadimento”.

Ogni persona ragionevole condivide queste riflessioni, questo monito.

E del resto illustri personalità come lo scienziato Albert Einstein, il filosofo Bertrand Russell, e con loro altri scienziati e pensatori, fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso promossero l’appello per il disarmo nucleare che recava le preziose, profonde parole: “Non parliamo, in questa occasione, come appartenenti a questa o a quella nazione, continente o credo, bensì come esseri umani, membri del genere umano, la cui stessa sopravvivenza è ora in pericolo”. Ed ancora: “Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità”.
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Il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari è il frutto della crescente consapevolezza da parte dell’umanità intera della verità delle riflessioni sopra ricordate.
Come è noto, affinché il trattato divenga vincolante occorre che almeno 50 paesi vi aderiscano e lo ratifichino, ed il numero necessario non è ancora stato raggiunto.
L’Italia non lo ha ancora sottoscritto, e quindi neanche ratificato.
Eppure non vi è cittadino italiano – anzi: non vi è essere umano senziente e pensante – che non sia persuaso della necessità di evitare la distruzione dell’umanità, della necessità quindi di abolire le armi atomiche.
Cosa si aspetta allora ad aderire al trattato?
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Molte volte lei ha detto parole vere e sagge di esortazione all’impegno per la pace, la solidarietà, il rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani, la difesa dell’intero mondo vivente.
Voglia ancora una volta esprimersi contro la criminale follia degli armamenti atomici.
Nell’esercizio del suo ruolo, delle sue funzioni e delle sue competenze, voglia far sentire la voce dell’umanità che invoca la proibizione delle armi nucleari che l’intera umanità minacciano di distruzione.
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Ringraziandola per l’attenzione ed augurandole ogni bene, voglia gradire i più cordiali saluti

Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo