A guardare le vicende del nostro paese sembra che i flussi migratori verso l’Europa riguardino esclusivamente l’Italia e l’arrivo dei barconi provenienti dalle coste libiche. Questa visione è stata sostenuta, a partire dal 2016, dalla chiusura della rotta balcanica che ha ridotto considerevolmente gli arrivi via terra. Eppure, negli ultimi mesi, una delle frontiere sudorientali dell’Europa, quella tra Croazia e Bosnia-Erzegovina, è stata teatro non solo di continui arrivi, ma soprattutto di gravi violazioni dei diritti umani da parte della polizia croata.

“The game”

La costruzione di una recinzione tra l’Ungheria e la Serbia nel 2015 e l’accordo raggiunto l’anno successivo tra Unione Europea e Turchia sulla gestione dei flussi migratori provenienti dal Medio Oriente avevano ottenuto il risultato di bloccare quasi del tutto l’arrivo dei migranti attraverso i Balcani.

A partire dal 2018 si è però assistito alla nascita di un percorso alternativo soprannominato dagli stessi migranti, in maniera tristemente ironica, “The Game”. Il “gioco” consiste nel cercare di trovare un varco nella frontiera croata senza farsi beccare, pena il respingimento e i soprusi da parte della polizia croata.

Secondo quanto riportato dalla Croce Rossa nei primi 6 mesi del 2019 i migranti giunti in Bosnia sono stati 11 mila, mentre quelli registrati nei cinque campi ufficiali sono poco meno di 17 mila. La maggior parte di essi si trova nelle città di Velika Kladusa e Bihac – a ridosso del confine croato – dove si conta siano ospitati più 8 mila migranti.

Le inchieste

Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le inchieste sulle pessime condizioni dei campi, spesso improvvisati e mancanti dei più basilari servizi e sul comportamento della polizia croata nei confronti di coloro che riescono a superare il confine, come documentato dagli oltre 500 report stilati dall’organizzazione Border Violence Monitoring (BVM).

La pratica attuata dalla polizia di Zagabria consiste nel “push-back”, il respingimento coatto dei migranti senza aver esaminato le loro richieste di asilo. A questo va aggiunto un comportamento tutt’altro che in linea con il rispetto dei diritti umani, caratterizzato da violenze, maltrattamenti e abusi.

Il difensore civico Lora Vidovic, sulla base di una denuncia da parte di un poliziotto coinvolto nelle operazioni di respingimento, ha rivolto un reclamo pubblico contro l’inerzia delle istituzioni nel contrastare le violenze attuate dalla polizia. Nella lettera vengono riportati gli ordini impartiti agli agenti, sollecitati a respingere i migranti a gruppi di 20-50 persone e a togliere loro soldi e cellulari “in modo da non lasciare tracce”.

Un’inchiesta di Barbara Matejcic sull’ultimo numero de L’Espresso riporta una serie di denunce da parte di agenti di polizia e persino del sindaco di Bihac, che riconoscono il comportamento delle autorità in violazione del diritto dei rifugiati e della Convenzione europea per i diritti dell’uomo.

Le ammissioni e le smentite

In un’intervista per la televisione svizzera SRF dello scorso 9 luglio, la presidente croata Kolinda Grabar-Kitarovic è stata costretta ad ammettere i respingimenti violenti verso la Bosnia, sottolineando però “che non c’è stato un uso eccessivo della forza […] Certamente, un po’ di forza è necessaria quando si effettuano i push-back”.

Appena una settimana dopo, il 16 luglio, la presidente è tornata sul tema negando quanto sostenuto precedentemente e condannando “fermamente il tentativo di reinterpretare le mie affermazioni riguardanti la difesa delle frontiere croate dai migranti illegali. […] la polizia croata, nello svolgere l’attività di sorveglianza della frontiera nazionale, che è anche la frontiera dell’UE, per impedire l’immigrazione illegale, agisce in modo legale, professionale e umano, mentre nei confronti di chi infrange la legge viene impiegata la forza minima”.

Tutto questo avviene mentre il primo ministro Plenkovic continua a ribadire l’ambizione di ottenere un parere positivo per l’adesione del paese all’area Schengen “entro la fine del mandato europeo”, previsto per il mese di ottobre. Il governo croato sembra quindi voler riconoscere il diritto alla libertà di circolazione, ma solo ai propri cittadini, mentre continua ad impedire in maniera illegale e contraria ai diritti umani l’accesso dei migranti nel territorio UE.

 

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