Con il titolo A Day of Perspectives from Utopia, Pressenza New York ha celebrato il decimo anniversario dell’Agenzia con una Conferenza in cui sono state sviluppate tre tavole rotonde: una sulla ricchezza -in cui si è parlato di reddito di base universale e incondizionato -, una sulle donne e una sul disarmo.

Nella tavola sul reddito di base universale, abbiamo contestualizzato la nostra posizione come Agenzia e spiegato alcune delle possibili conseguenze dell’applicazione di un reddito di base e l’opportunità storica di implementarlo. Di seguito sono riportate le osservazioni presentate, che sono state la base per il dibattito successivo.

Perché Pressenza difende queste cause, come il reddito di base universale e incondizionato, il disarmo o i femminismi….. cause, tra l’altro, intrecciate tra loro?

Iniziamo dal fatto che il giornalismo è soggettivo e questo è inevitabile.  Partendo da questa affermazione e accettando la condizione che ci è stata imposta, abbiamo deciso di fare un giornalismo al servizio della vita e della liberazione dell’essere umano, un giornalismo dall’ottica della pace e della non violenza, un giornalismo umanista che fa la sua parte per eliminare il dolore e la sofferenza nelle popolazioni.

In questo contesto, tutto ciò che va nella direzione di garantire la sussistenza ci sembra fondamentale. E, da lì, è coerente difendere misure come l’introduzione di un reddito di base universale e incondizionato per tutte le persone.

Abbiamo visto il documentario RBUI, il nostro diritto di vivere del regista Álvaro Orús; Reto Thumiger ha raccontato l’esperienza analoga messa in moto in Germania e i benefici che ne derivano; James Felton Keith ha parlato del valore che tutti gli esseri umani hanno per il fatto di esserlo e il diritto che ci protegge dalle grandi aziende – come Facebook, Google, etc. – per farci rendere quello che ci devono – gran parte dei benefici che si intascano – e come queste aziende potrebbero distribuire un reddito di base di 1000 dollari a ogni persona, come un modo per pagare il debito che hanno con tutti i cittadini. Felton Keith ha difeso questa misura nel suo programma elettorale come candidato al Congresso.

Vorremmo ora approfondire alcune delle conseguenze individuali e collettive che potremmo sperimentare se si dovesse realizzare un reddito di base universale. Chiariamo che queste annotazioni sono state estratte dai commenti di persone che hanno beneficiato di questa misura e anche di persone con le quali abbiamo lavorato nei laboratori negli ultimi mesi e a cui abbiamo chiesto di immaginare come sarebbe la loro vita e quella dei loro cari se la loro sussistenza fosse assicurata.

Anche se è difficile capire la portata nel tempo di questa misura, tra le conseguenze individuali e sociali che abbiamo sentito, riportiamo quanto segue:
– Eliminazione della povertà e, di conseguenza, dell’aporofobia; eliminazione della stigmatizzazione e della criminalizzazione che accompagna coloro che non dispongono di risorse materiali sufficienti.
– L’emancipazione personale e sociale di un settore in crescita della popolazione. Ad esempio, le donne e tutti i settori che si riconoscono in un genere diverso da quelli tradizionali vedrebbero la loro situazione significativamente migliorata.
– Significativo declino delle malattie fisiche e mentali.
– Diminuzione dei suicidi, chiaramente legati alla mancanza di risorse.
– Eliminazione di tutte le paure associate al presente e al futuro quando non sono garantiti cibo, riparo, ecc.
Avere la sensazione di fare parte della comunità e che la comunità ci protegge. Questo rompe con il sentimento di solitudine e anche con l’individualismo che ci ha causato tanti danni.

Di conseguenza l’enorme energia che potrebbe essere rilasciata ci permetterebbe di:
– Avere più libertà di decidere della propria vita, a partire dalla capacità di negoziare i salari fino alla liberazione di tempo per dedicarsi a ciò di cui si ha bisogno.
– Aumentare la giustizia sociale come conseguenza della ridistribuzione della ricchezza.
– Avere la possibilità di soddisfare le aspirazioni più profonde e più care.
– Tirar fuori il meglio di ogni persona e metterlo al servizio della comunità.
– Avere più energia per vivere in pace e poter raggiungere più facilmente gli stati di ispirazione.
– Vedere l’altro come uguale, con tutto il diritto di sopravvivere per il fatto di essere una persona, con la possibilità di avere le stesse opportunità che rivendichiamo per noi stessi, sarebbe un enorme salto qualitativo verso una società più umana. Se siamo in grado di pensare, sentire e agire in quella direzione, stiamo facendo una rivoluzione interiore che – in un modo o nell’altro – si proietterà a livello sociale. Così facendo avvieremmo una rivoluzione non violenta.

Una misura come l’introduzione di un reddito di base universale, incondizionato, individuale e sufficiente, costituirebbe la base materiale per costruire una cultura della solidarietà e della nonviolenza, aiuterebbe a raggiungere la riconciliazione personale e sociale, porrebbe le basi per costruire una società più sveglia, più critica e autocritica, più intenzionale.

E quando parliamo di tutto questo, non ci riferiamo solo alle vittime, pensiamo anche ai responsabili, perché avrebbero la possibilità di riparare i danni che stanno infliggendo alla stragrande maggioranza della popolazione, riorientando le loro vite, conquistando così l’intera società.

Riassumendo ciò che abbiamo visto, possiamo dire che ci troviamo in un momento storico in cui i grandi progressi tecnologici generano ogni giorno maggiore ricchezza, causando al contempo una maggiore disoccupazione.

Questi grandi progressi che preoccupano tanto la gente, a noi umanisti sembrano una grande opportunità per liberarci dalla schiavitù del lavoro e quindi affermiamo “Lasciamo lavorare le macchine!”, come ha detto il pensatore Mario Luis Rodríguez Cobos (Silo). Il problema non è se c’è lavoro o meno, il problema è quello di garantire che tutta la popolazione sia coperta dalla sussistenza.

E oggi questo è possibile perché la ricchezza accumulata è sufficiente affinché tutta la popolazione mondiale possa vivere in condizioni di vita dignitose. Una ricchezza che è il frutto del lavoro di migliaia di generazioni e della popolazione che oggi abita l’intero pianeta (è facile capire un esempio: i telefoni che abbiamo tutti nelle nostre mani funzionano grazie al coltan che viene dall’Africa). La ricchezza non è di quei pochi, loro l’accumulano in un’ansia folle e loro devono restituirla, come ha commentato prima JFK.

Oggi è fattibile e, per farlo, dobbiamo continuare a diffondere questa proposta ovunque ci troviamo, perché abbiamo bisogno di popolazioni ben informate che scelgono politici coraggiosi e disposti a mettere in pratica questa proposta.

Ci aspettiamo che non solo difendano un reddito di base, ma anche che adottino le misure necessarie per renderlo una realtà.
Come molti riconoscono, stiamo affrontando una crisi di civiltà. Costruiamo quindi una nuova civiltà all’altezza dell’essere umano.