La Commissione Elettorale ha deciso di annullare il voto amministrativo del 31 marzo nella città di Istanbul che si era concluso con la vittoria del candidato della coalizione delle opposizioni, Ekrem Imamoglu.

17 giorni dopo il voto, Imamoglu aveva ricevuto il suo incarico diventando così il nuovo sindaco della città. Dopo 25 anni di amministrazione dei partiti fondamentalisti ora la città sarebbe passata nelle mani di questo giovane del Partito Popolare della Repubblica, CHP. Tuttavia, la coalizione di governo aveva già presentato il suo ricorso che è stata accolto dalla Commissione Elettorale ed il voto del 31 marzo è stato definito non valido. Le prossime elezioni si svolgeranno il 23 giugno.

Le ragioni dell’annullamento

La coalizione di governo sostiene che durante le elezioni ci siano stati notevoli brogli. I ricorsi presentati da una parte riguardano più di 40 mila elettori definiti come “non ammissibili”. Secondo la coalizione di governo questi cittadini dovrebbero essere privati dal diritto al voto per via del loro status legale. Secondo l’analisi effettuata dal CHP il numero non supera i 700. Inoltre, questi cittadini erano stati registrati negli elenchi elettorali regolarmente dalla stessa Commissione Elettorale prima del 31 marzo. Il secondo ricorso riguarderebbe circa 20 mila persone impiegate nei seggi. Nel ricorso, queste persone sono state definite come “non ammissibili per svolgere un impiego pubblico”.

Pochi giorni dopo il ricorso, la procura ha avviato un’indagine, invitando questi cittadini a presentarsi in questura per l’interrogatorio. Il 4 maggio, mentre erano in atto le indagini,  l’agenzia di stato Anadolu Ajansi è uscita con la notizia che 41 di questi indagati hanno un conto presso la banca Asya e 2 di questi hanno l’app di messaggistica ByLock nei loro cellulari. La Bank Asya è conosciuta per i suoi legami con la comunità religiosa guidata da Fethullah Gulen, realtà accusata di aver pianificato e messo in atto il fallito tentativo golpe del 2016. Vale la stessa cosa anche per l’app ByLock, definito come un mezzo di comunicazione dei golpisti.

Tuttavia, nel mese di dicembre del 2018 il Ministero di Giustizia decise che l’app ByLock non era una prova sufficiente per incolpare un cittadino di essere golpista. Questa decisione si basa su una serie di prove che hanno dimostrato l’illecita installazione dell’app presso i cellulari di migliaia di cittadini innocenti.

D’altra parte, numerosi dirigenti della Bank Asya coprono tuttora incarichi importanti dentro il partito di governo, AKP anche se, in diversi processi, numerosi cittadini sono stati condannati a carcere per via di un conto corrente che avevano in questa banca. In numerosi casi si trattava di impiegati statali che sono stati obbligati ad avere un conto nella banca in questione per imposizione dei Ministeri o perché avevano un conto passivo.

Ovviamente, anche in questo caso va ricordato che le persone indagate sono state definite “ammissibili” dalla stessa Commissione Elettorale prima delle elezioni del 31 marzo. In diversi casi si vede che le stesse persone hanno lavorato per il referendum costituzionale del 2017 e per le elezioni presidenziali del 2018.

Reazioni dei cittadini

 In poche ore numerosi cittadini sono scesi in piazza nella città di Istanbul. All’inizio con piccoli presidi che sono diventati dei grandi cortei. Nonostante la pioggia e l’ora tarda nei quartieri di Besiktas, Kadikoy, Sisli, Goztepe, Umraniye, Alibeykoy, Tuzla, Okmeydani e Maltepe migliaia di persone hanno sfilato. Mentre alcuni battevano pentole e padelle con le posate per protestare, affacciandosi dalle finestre di casa loro, altri gridavano degli slogan per strada. Tra le frasi pronunciate si sentivano queste: “Tutti insieme contro il fascismo”, “Vinceremo resistendo”, “Questo è solo l’inizio si continua con la lotta”.

Comizio di Ekrem Imamoglu

Pochi minuti dopo la decisione della Commissione Elettorale, il sindaco di Istanbul ha fatto una diretta Periscope dalla casa di una famiglia dove era ospite per la cena di fine digiuno dato che il 6 maggio era il primo giorno del mese sacro Ramadan per i musulmani. Il primo messaggio di Imamoglu era positivo, calmo e pacato “Andrà tutto bene”.

Nelle ore successive in piazza, a Beylikduzu, Ekrem Imamoglu si è rivolto circa per mezz’ora ad una folla composta da migliaia di persone che erano lì da ore ad aspettarlo. La diretta sui social ha avuto una visualizzazione di circa 100 mila persone in diretta e successivamente la registrazione ufficiale è stata guardata da più di un milione di persone.

Il sindaco di Istanbul ha condannato la decisione della Commissione Elettorale definendola come un gesto politico effettuato grazie alla pressione arrivata dal governo. Tra le sue parole si sentiva anche una notevole critica nei confronti dell’agenzia di stato Anadolu Ajansi per via del lavoro di disinformazione svolto durante e dopo le elezioni del 31 marzo nei suoi confronti.

In tutto il suo intervento, come sempre, Ekrem Imamoglu ha mantenuto un tono solare, positivo, vivace, determinato e convinto. Ha evitato di usare i nomi dei vertici del governo e non ha offeso nessuno. Invitava i cittadini in piazza a ridere e non piangere, chiedeva a tutti di abbracciarsi ed avere speranza. Le parole di Imamoglu sono state interrotte diverse volte con gli slogan dei presenti in piazza; “Erdogan il ladro”, “YSK dimissioni”, “Vinceremo resistendo” e “Ekrem Presidente”.

Imamoglu ha sottolineato che il voto del 31 marzo era pulito e netto, il sindaco di Istanbul ha ricordato che ha ottenuto il consenso di numerosi cittadini appartenenti anche a diversi partiti. Secondo Imamoglu sia questo che la sua visione di trasparenza hanno dato fastidio al governo. Il sindaco di Istanbul ha pronunciato queste parole: “E’ finito il periodo di obbedire alle persone, alle associazioni, alle aziende, alle fondazioni oppure alle comunità religiose. Lavoreremo per tutti i cittadini”.

Ekrem Imamoglu ha finito il suo discorso chiedendo ai cittadini di non perdere la speranza. “Vi voglio bene, vinceremo noi, andrà tutto bene!”.

Perché l’AKP non vuole perdere Istanbul?

In un articolo di ricerca realizzato dalla DW Turchia, si sottolinea che il Comune di Istanbul, se fosse stato considerato come un’azienda privata, sarebbe stato la seconda realtà imprenditoriale più grande del Paese. L’emittente tedesca per fare questa considerazione si basa sui dati della Camera Industriale di Istanbul del 2017. Si tratta di una realtà che possiede in totale 28 aziende, che producono e offrono diversi beni e servizi, e riesce a fare un profitto circa 4 miliardi di euro all’anno.

Questi numeri sono diventati così grandi soprattutto grazie alle amministrazioni precedenti. Per circa 25 anni la città è stata governata dai partiti fondamentalisti. Il loro rapporto con le associazioni, fondazioni e comunità religiose ormai è molto presente e famoso. Questo rapporto ovviamente si traduce anche nelle relazioni economiche.

Chi mangia la torta?

Il portale di notizie dokuz8Haber ha riportato, in un suo articolo, i dati del Ministero del Tesoro del mese di aprile di quest’anno. Si nota un evidente presenza delle fondazioni religiose negli appalti legati ad una serie di servizi che il comune sarebbe obbligato a coprire. Alcuni nomi che saltano all’occhio sono Ensar Vakfı, İlim Yayma Cemiyeti e TÜRGEV. Solo nei primi 3 mesi di quest’anno sono stati erogati circa 400 milioni di euro nelle casse di queste tre fondazioni. Queste realtà offrono dei servizi di consulenza oppure di istruzione in diverse occasioni in città; scuole, enti pubblici, università, accoglienza dei rifugiati.

Particolarmente nella fondazione Turgev si vedono i nomi Bilal e Esra Erdogan (la figlia sposata con Berat Albayrak) che sono i figli del Presidente della Repubblica. Questi due giovani sono nel consiglio d’amministrazione della fondazione religiosa dal 2012. Nel caso dell’Ensar Vakfi invece il discorso è ancora più interessante. Questa fondazione religiosa, oltre a coprire alcuni servizi elencati sopra, gestisce anche una serie di dormitori per gli studenti. La fondazione è diventata famosa dopo lo scandalo del 2016 nella città di Karaman, quando è stato scoperto che 45 bambini sono stati, sistematicamente, violentati dai dirigenti locali della fondazione. Durante le udienze il prefetto della città di Karaman ha deciso di vietare ogni tipo di manifestazione di protesta. Successivamente, nel parlamento nazionale i membri del partito al governo hanno votato contro l’apertura di una commissione che si sarebbe impegnata per indagare sulle molestie nei confronti dei bambini. L’Ensar Vakfi è una realtà piena di persone che hanno diversi ruoli ed incarichi al governo, nelle amministrazioni locali gestite dal partito di governo oppure presso le aziende filo governative e vincono più appalti in tutto il Paese.

Lavori inutili

Oltre alle somme sproporzionate incanalate nelle casse delle realtà amiche, il Comune di Istanbul è famoso anche con un notevole spreco di denaro. Nel mese di aprile di quest’anno è stato scoperto che da circa 5 anni il costo dell’autista personale di Tariq al-Hashimi viene coperto dal Comune. Hashimi è l’ex Presidente della Repubblica di Iraq ed è stato condannato a morte dal Tribunale penale centrale dell’Iraq per via dei suoi legami con le organizzazioni terroristiche. Hashimi vive in Turchia dal 2012.

Un altro caso di spreco di denaro riguarda l’ex Ministro degli Affari Europei, Egemen Bagis. L’ex Ministro è stato coinvolto nelle maxinchieste anti corruzione del 2014. Grazie ai voti dei parlamentari del governo Bagis non è stato processato. Poche settimane fa è stato scoperto che per 13 anni il Comune di Istanbul ha pagato  l’autista privato dell’ex Ministro.

Facce conosciute

Secondo un lavoro di approfondimento realizzato dal portale EuroNews in Turchia ci sono 5 grandi aziende edili che fanno parte delle 10 realtà mondiali che vincono più appalti in tutto il mondo. Sono: Limak Holding, Cengiz Holding, Kolin, Kalyon e MNG Holding. I dati appartengono alla relazione della Banca Mondiale diffusa nel mese di dicembre del 2018. Infatti, la Turchia, è il quarto paese nel mondo per la spesa nel settore delle infrastrutture, dopo il Brasile, la Cina e l’India. La somma supera i 140 miliardi di euro.

Secondo un lavoro di ricerca realizzato dai professionisti associati al collettivo “Mülksüzleştirme”, queste famose 5 aziende lavorano direttamente oppure indirettamente con il Comune di Istanbul ed hanno un legame diretto con il partito al governo.

Oltre a realizzare una serie di lavori che danneggiano l’ambiente, l’ecosistema e le fonti di sussistenza dei cittadini, queste aziende contribuiscono da anni alla distruzione delle città ed alla creazione di una cultura urbanistica non sostenibile. Ponti, residence, gentrification, gasdotti, nuovi porti, centri commerciali e dighe sono soltanto alcune opere di queste 5 grandi aziende. Tra le opere più discusse ci sono: il progetto di de pedonalizzazione di Piazza Taksim a Istanbul, il terzo aeroporto di Istanbul, il terzo ponte sul Bosfoto di Istanbul, il ponte di Osmangazi, alcune linee della metropolitana di Istanbul, numerose residence in tutto il Paese, l’aeroporto di Rize, l’aeroporto di Afyon ed una serie di centrali idroelettriche.

Il 3 maggio di quest’anno, la rete dei giornalisti indipendenti BiaNet ha pubblicato l’esito di un lungo lavoro di ricerca sulle proprietà dei grandi media. A possedere i primi 10 media importanti del Paese si leggono i nomi di alcune di queste grandi aziende e di altre realtà imprenditoriali vicine al governo. Per esempio, i quotidiani nazionali filo governativi Sabah e Takvim ed i canali televisivi nazionali Atv e Ahaber, grandi fonti di manipolazione, sono del gruppo Kalyon. Un altro importante quotidiano nazionale Milliyet, i canali tv Cnn Turk e Kanal D e l’agenzia di notizie DHA sono di proprietà dell’imprenditore Demiroren che realizza una buona parte del gasdotto Tap-Tanap sul territorio nazionale. Yeni Safak, un altro importante giornale filo governativo, appartiene alla famiglia Albayrak ossia alla famiglia del Ministro del Tesoro (Berat Albayrak) che è il genero del Presidente della Repubblica.

Campagna di disinformazione

Pochi giorni dopo la sconfitta elettorale, i media filo governativi, di proprietà dalle grandi imprese che lavorano con il Comune di Istanbul, hanno avviato una campagna di calunnia e disinformazione.

Il caporedattore del quotidiano Yeni Safak definiva la vittoria elettorale delle opposizioni come “un colpo di stato”. Lo stesso quotidiano ha sostenuto ininterrottamente che Ekrem Imamoglu avesse vinto facendo dei brogli e che dietro di lui ci fosse la comunità di Gulen.

Il quotidiano nazionale Sabah, pochi giorni dopo le elezioni usciva in prima pagina con il titolo “Brogli organizzati nei seggi”.

Secondo il quotidiano Takvim, la dichiarazione della vittoria di Imamoglu aveva un solo obiettivo: quello di “creare caos nel Paese”.

Per il canale televisivo Ahaber invece il risultato elettorale a favore della coalizione delle opposizioni si spiegava con questo motivo: “Utilizzando la nanotecnologia hanno cambiato i risultati elettorali”.

Lo stesso canale aveva anche ospitato in diretta dagli USA un “esperto di elezioni” che raccontava come erano state rifatte le elezioni locali nel caso dei brogli. Tuttavia in pochi minuti è stato scoperto che la persona sentita, Kenan Demir, era semplicemente il proprietario di una serie di ristoranti in North Carolina.

Gli esempi sono tanti perché da 40 giorni i media main stream, sotto il controllo delle grandi aziende edili ed energetiche, in collaborazione con il potere politico stanno attaccando le opposizioni.

La città di Istanbul è una grande fonte di guadagno ed affari, quasi esclusivamente per la famiglia del Presidente della Repubblica e per coloro che sostengono il suo disegno politico ed economico. Se il Comune di Istanbul è la seconda azienda più grande della Turchia, per il governo il sindaco della città sarebbe il padrone dell’impresa. Per questo motivo la coalizione di governo cerca di fare tutto il possibile e con tutti i mezzi per non perdere e non finire nelle aule della Corte suprema.